Dottor Alessandro Meluzzi, alla luce degli ultimi fatti verificatisi in Francia e in Germania, sembra che ormai si attribuisca con molta semplicità la pazzia a tutti coloro che stanno compiendo questi atti terroristici. Qual è la sua analisi sia come psichiatra che come criminologo?
“Buttare tutto in clinica psichiatrica è un offesa alla psichiatria, alla psicopatologia ed è anche un offesa, al fondamentalismo islamico. È fuori dubbio che il reclutamento di soggetti indirizzati a fare azioni terroristiche, persino quelli che sono andati a fare i guerrieri d’assalto, i foreign fighters a Mosul o Araque, muovono da qualche tratto specifico, di personalità tra il borderline, il dipendente, l’ossessivo compulsivo e il paranoide, ma pensare che si possa fissare un equazione per cui tutti coloro che hanno fatto un azione violenta, l’hanno fatta perchè in realtà sono dei malati di mente, è negare la storia e l’evidenza delle cose. Fa parte di un attività di depistaggio logico, che non giova alla verità e non consente nemmeno di mettere in atto delle misure adeguate per la prevenzione di questo fenomeno (che certamente non si fa con il prozac o con il largactil). Il fondamentalismo islamico o il terrorismo, non si curano con gli antidepressivi triciclici, nè con la psicoanalisi nè con delle misure, che possano essere condotte da generose assistenti sociali nelle banlieue metropolitane. La questione è immensamente più complessa e grave. Questo tragico incontro-scontro di civiltà, si è presentato più volte nel corso della storia, dai tempi degli omayyadi fino ad arrivare alla caduta di Costantinopoli e all’assedio del muro di Vienna. Negare che siamo di fronte a questa confrontazione, per il semplice fatto che siamo nell’era della globalizzazione è un immensa sciocchezza”.
Secondo lei è un modo per tutelarsi da parte della polizia, che ha fallito più volte, soprattutto in Francia?
“Non è facile prevenire un fenomeno che ha questa diffusione anche da parte della polizia. È da tener presente che una migrazione di 10.000 islamici al giorno in Europa o forse di più, crea una base di reclutamento di frustrati e di spostati sociali, praticamente illimitata. Ci troviamo di fronte ad un problema, che non so quale misura di polizia possa davvero prevenire efficacemente. Probabilmente ci stiamo avviando verso una specie di israelizzazione dell’Europa. In Israele sono abituati ormai a convivere da decenni con questa situazione che mette insieme vigilanza popolare, forte militarizzazione del territorio e controlli capillari, con una sicurezza che è sempre incerta. Questo purtroppo è il nostro futuro. Il nostro futuro è Israele”.
Può anche essere attribuito ad un problema di integrazione o loro semplicemente non vogliono integrarsi?
“Gli islamici semplicemente non hanno nessuna intenzione di integrarsi. Vorrebbero integrare noi, anche perchè la sharia prevede che se un islamico si assimila e si converte ad un altra religione e abiura all’islamismo, c’è una faglia di morti che non deve essere neanche emessa. È una cultura forte quella islamica, che non accetta di essere assimilata. Tuttalpiù accettano di parlare di convivenza, ma è una convivenza che funziona finchè si riesce. Quando non funziona, come succede in questa fase complessa dell’instabilità siriana, iraquena, libica ed egiziana, si va ad una saturazione che tracima in Europa. Come è avvenuto dopo il brillante risultato delle primavere arabe di Obama”.
È riduttivo dire che è una rivalsa di quanto queste popolazioni hanno subito durante la colonizzazione?
“Ci sono dei cicli storici, ci sono stati dei momenti in cui queste popolazioni sono state colonizzate dagli inglesi e dai francesi, poi ci sono state fasi cicliche-storiche. Però l’Islam è una realtà che ha 6500 anni di storia. Non dobbiamo pensare che questa sia una vicenda che si esaurisce con la logica del politically correct o con la psichiatria. La questione è molto più complessa. L’islam non è una religione come le altre, perchè è innanzitutto un grande sistema giuridico, in cui i reati sono peccati e i peccati sono reati. C’è un unica legge civile-religiosa, che è la legge islamica. Stiamo parlando di una realtà che ha a che vedere con un embrione di statualità. Non è il buddismo o l’induismo o il taoismo cinese. È una realtà di tipo giuridico”.
È plausibile che la religione sia un pretesto per plagiare queste persone e sfociare nel fanatismo al fine di ottenere il controllo?
“Questo non mi stupisce, che ci sia una rivalsa ed uno scontro per il potere, per il controllo e per la civiltà. Fa parte di questo confronto per la civiltà negato da quelli che vogliono psichiatrizzare il problema che invece è all’ordine del giorno. È chiaro che l’islam e la nostra civiltà giudaico cristiana, ha delle basi di funzionamento radicalmente diverse. Basti pensare a come noi trattiamo le donne e i problemi della vita, la morte, la libertà finanche il problema del cibo. Che questo poi diventi l’occasione per delle persone socialmente frustate, di vivere intensamente il loro desiderio di potere e il loro complesso di inferiorità, può anche darsi, ma è da tener presente che quelli che hanno fatto a pezzi i nostri connazionali a Dacca, facevano parte della società migliore e ricca della città. Quindi non c’è l’equazione povero- emarginato – terrorista. Questo fenomeno è iniziato dalle monarchie del golfo fatte da multimiliardari, quindi di cosa stiamo parlando?”
Quindi si gioca sul fanatismo religioso per il controllo economico?
“Le due cose vanno insieme, la religione è radicata nella storia. Lo è l’Islam, che non è una religione particolarmente misticheggiante, se non per certe sue frange minoritarie come il sufismo che sono considerate eretiche però nella stessa sunna, che invece, vuole instaurare la legge del corano che deve valere per tutti. Islamici e non, o si convertono o gli si taglia la testa”.