Dall’indottrinamento al reclutament0. Gli ultimi dettami del Daesh emanati sul web, relativi alla prosecuzione della Jihad “ovunque vi trovate”, sembrano essere stati eseguiti a puntino dagli aderenti all’organizzazione terroristica delegati all’arruolamento di nuove leve. Nel desolante panorama offerto dalla miriade di moschee semi-clandestine, dove la parola Jihad viene pronunciata solo ed esclusivamente ad uso e consumo di pochi eletti, dalla metà degli anni ’90 ad oggi è stato un susseguirsi di presenze inquietanti, le cui figure, in molti casi, sono emerse alle cronache internazionali. E non certo per il loro spessore di filantropi.
Proprio nel pomeriggio successivo all’arresto dell’indottrinatore egiziano Mohy Eldin Mostafa Omer Abdel Rahman, fermato a Foggia dalla Digos, giunge la notizia della condanna all’ergastolo di un altro “cattivo maestro”. Si tratta, infatti, del 25enne Umar Haque, britannico di origini pakistane che, a seguito delle investigazioni condotte da Scotland Yard, era stato tratto in arresto per aver ideato il piano di un attentato da compiersi nel Regno Unito, da attuarsi con l’utilizzo di minorenni tra i dieci e i 14anni che avrebbero dovuto compiere azioni di martirio in contemporanea in diverse località della capitale londinese. I ragazzini venivano addestrati in una madrasa collegata alla Ripple Road Mosque, a est di Londra, gestita dal anglo-pakistano.
Tante le affinità rilevate tra i due loschi personaggi, ma le attività svolte portano alla medesima conclusione, ossia, il ruolo polivalente ricoperto da entrambi. Esperti di armi, esplosivi e guerriglia, ma anche eruditi in materia di esegesi coranica ad hoc.
Nel panorama dello jihadismo internazionale, si è quindi passati da un’azione mirata al reclutamento di volontari per la Jihad, da addestrare nei campi afghani, iracheni e libici, ad un’attività di “brain washing”, quindi, di indottrinamento mirato e finalizzato a creare dei soggetti che, in completa autonomia, possono auto-attivarsi in qualsiasi momento, come lupi solitari.
È ipotizzabile che gli strateghi della Guerra santa abbiano compreso che la strategia attuata fino a poco tempo fa, comprendesse troppi passaggi intermedi. Dal predicatore all’indottrinatore, dal reclutatore all’addestratore, troppi erano i soggetti coinvolti nell’attività finalizzata agli arruolamenti, rendendola quindi, troppo rischiosa dal punto di vista della sicurezza e dell’impermeabilità dell’organizzazione.
Proprio nella fase iniziale dell’indottrinamento di soggetti da avviare al vero e proprio reclutamento, un ruolo non indifferente è da sempre stato ricoperto dal movimento “Tabligh eddawa”, una sorta di confraternita internazionale di predicatori itineranti le cui figure di missionari di pace, impegnati prevalentemente nelle moschee europee durante il periodo del Ramadan, non sempre hanno rispecchiato la bontà dell’opera svolta.
Dunque, è preferibile delegare singoli soggetti ben consci del compito affidato, ovviamente preparati a svolgerlo in autonomia, e che possano sempre negare le evidenze investigative qualora scoperti. La taqyyia, l’arte della dissimulazione, è un’attività permessa da varie esegesi coraniche e dagli Hadith del Profeta e trova ampia attuazione proprio nell’attività di reclutamento di adepti per la Jihad, rendendo il soggetto attivo confortato nella sua azione di “copertura” poiché convinto che la sua opera sia devoluta a un bene supremo.
In questo ipotetico panorama trovano una spiegazione plausibile le figure dell’egiziano arrestato a Foggia e del pakistano-britannico condannato a Londra che ben si discostano da altre figure carismatiche tra i “predicatori della Jihad”, uno per tutti lo Sheikh yemenita Abdelmajid Az Zindani, che costituivano il primo step, quello della propaganda, di conseguenza al quale, constatata l’affidabilità dei soggetti interessati, si procedeva ai passaggi successivi che, in ogni caso, non avevano il dono dell’immediatezza.
Appare come un’ovvietà la supposizione secondo la quale se qualche soggetto viene individuato e perseguito, altre decine agiscono, per il momento, indisturbati e altri ancora sono pronti a sostituirsi a quelli perseguiti, ed è una problematica con la quale non potremo esimerci dal confrontarci ancora per diversi anni.