E’ stato catturato in Libia dalle forze del generale Haftar, in collaborazione con i servizi segreti egiziani, Merai Abdelfattah Khalil Zoghby, 58enne jihadista con trascorsi e condanne in Italia per attività terroristiche connesse al gruppo Ansar al Islam.
L’uomo, inserito dal gennaio 2006 nelle liste dell’Onu relative ai soggetti e alle attività legate all’Isis e ad al Qaeda, è stato bloccato a Derna, nel nord della Libia, insieme a un altro alto esponente dello jihadismo, Hisham al Ashmawy, ex ufficiale delle forze speciali egiziane espulso dall’esercito nel 2011, una sorta di contractor del terrorismo passato dalle fila del Daesh a quelle di Ansar bait al Maqdis, gruppo operante nel Sinai, per unirsi infine alle milizie di al Qaeda nel Maghreb islamico stanziate in Libia.
Zoghbi Khalil, alias Farag, in passato membro del Gruppo combattente islamico libico, nel 2001, raggiunse l’Afghanistan per ricevere addestramento e istruzioni dai vertici dell’organizzazione all’epoca guidata da Oussama bin Laden. Durante la sua successiva permanenza in Italia, era parte attiva di una cellula terroristica operante nell’ambito del reclutamento di volontari da inviare in Afghanistan e Iraq per combattere contro le truppe della coalizione a guida statunitense impegnate nell’operazione “Enduring freedom”.
La cellula di Ansar al Islam in Italia
Ma la filiale di Ansar al Islam in Italia operava anche nel supporto logistico per il trasferimento di “operativi”, nell’ambito europeo e nella distribuzione di materiale propagandistico rivolto all’indottrinamento di neofiti da avviare al reclutamento su base selettiva e all’invio ai campi di addestramento. Per finanziare le attività la cellula aveva avviato una fiorente attività di traffico di stupefacenti, smercio di denaro falso e contraffazione di documenti da destinare ai clandestini e, in parallelo, inviava i propri autoproclamati imam nelle varie moschee sul territorio nazionale allo scopo di propagandare il credo jihadista attraverso sermoni e la distribuzione di volantini e cd-rom.
Arrestato e processato nel 2006, la Corte di Assise di Milano inflisse a Zoghbi una condanna a sei anni di reclusione, sentenza confermata nel 2008 dalla Corte di Appello meneghina.
Libia: un terreno fertile per i jihadisti italiani
La presenza in territorio libico di soggetti con trascorsi italiani non coglie certo di sorpresa. Reduci dalle carceri del bel Paese, gli irriducibili della jihad hanno approfittato delle primavere arabe per infiltrarsi tra le frange islamiste che, nel frattempo, giovandosi della caduta dei vari leader al potere dalla Tunisia all’Egitto e dal conseguente vuoto politico creatosi, sono riuscite a ricompattarsi e ottenere nuova credibilità nel panorama jihadista grazie alla loro adesione ai network di al Qaeda e dello Stato islamico. Negli ultimi anni, in più di un caso, i nomi di Seifallah ben Hassine, Essid Sami ben Khemais, Fezzani Moez e Jarraya Khalil, tutti reduci dalla detenzione in Italia, sono ritornati alla ribalta proprio nelle zone costiere libiche e tunisine, associati a gruppi di miliziani impegnati a combattere le forze governative dei due paesi nordafricani e a favorire l’ingresso illegale in Italia di elementi jihadisti da impiegare in Europa.
Nel caso di Zoghbi Khalil, i suoi trascorsi di mujaheddin e la sua vicinanza con l’egiziano Hisham al Ashmawy, oltre che quella con i miliziani “italiani”, potrebbero rappresentare un indizio concreto dell’intenzione, più volte palesata da al Qaeda, e nell’ultimo discorso di al Baghdadi anche dall’Isis, di condurre attacchi in Europa utilizzando la Libia come testa di ponte.
Europa ancora nel mirino del terrorismo
Secondo alcune fonti, Abu Bakr al Baghdadi, avrebbe dato il suo assenso ad azioni in simultanea da condurre in diversi paesi europei, e la scoperta di una cellula operativa smantellata in Olanda alla fine del mese di settembre confermerebbe tale ipotesi. Il gruppo operante nei Paesi Bassi era guidato da un iracheno, che nelle intenzioni doveva condurre un attacco ad Amsterdam durante un non meglio specificato “evento affollato”, sulla falsariga degli attentati avvenuti a Parigi e Bruxelles. Notizie provenienti dalle intelligence europee segnalano che alcuni jihadisti avrebbero fatto sosta proprio ad Amsterdam alla fine di settembre di quest’anno, soffermandosi su alcuni obiettivi ritenuti sensibili. Il particolare è stato messo in relazione con i sopralluoghi compiuti da altri soggetti prima degli attacchi poi perpetrati a Barcellona, Londra, Parigi e Bruxelles.
In parallelo, in Kosovo sei persone arrestate nello scorso mese di giugno sono sotto processo con l’accusa di terrorismo internazionale per avere pianificato attacchi contro la Kfor, la forza multinazionale di pace operante nel Paese, e altre azioni in preparazione contro obiettivi in Francia e Belgio, Paesi in cima alla lista di quelli ritenuti più a rischio.
Anche la propaganda web dell’Isis ha ripreso ad affollare la rete con gli ormai soliti, generici quanto minacciosi, inviti a colpire in Europa. Ma proprio nelle ultime ore il network di al Baghdadi ha diffuso un nuovo magazine dall’inquietante titolo “Journal of Youth of the Caliphate”, dedicato alla propaganda tra i giovani, corredato da un riassunto delle ultime azioni terroristiche compiute dal Daesh e dal martellante invito di tornare a colpire.
E non è un caso che la spinta a nuove azioni avvenga proprio in questi giorni in cui i musulmani festeggiano il muharram, il primo mese del nuovo anno secondo il calendario islamico, periodo che, al pari delle altre principali festività, secondo i sostenitori dello jihadismo è ritenuto ideale per compiere azioni di martirio o di combattimento del nemico.
L’autoproclamato Califfo, che secondo alcune fonti si troverebbe in Iran, avrebbe indicato alcuni obiettivi da colpire “per ingenerare nuovamente il terrore tra i miscredenti” e anticipare nei tempi di attuazione la concorrenza di al Qaeda. Sotto la guida spirituale di Ayman al Zawahiri e quella strategica di Hamza bin Laden, il gruppo terroristico ha ritrovato nuovo vigore sotto la spinta delle azioni multiple compiute negli ultimi mesi in Afghanistan che avrebbero favorito un consistente afflusso di volontari nei campi di addestramento del continente asiatico.