La propaganda di Al Qaeda da alcuni mesi ha focalizzato l’attenzione sulla figura di Hamza bin Laden, candidato al vertice della jihad mondiale ed intenzionato a continuare l’opera iniziata dal padre Oussama finalizzata all’annientamento dell’Occidente infedele.
L’erede sarebbe pronto a sostituire il leader Al Baghdadi, dato per morto o per lo meno gravemente compromesso nelle facoltà decisionali, sul trono sanguinoso della jihad, come traspare in maniera nitida dalla retorica utilizzata da Hamza verso il Daesh, tesa a ritrovare l’unità (tawhid), non solo di intenti, con il Califfato.
Il “principe” da tempo lavora nell’ombra per una reunion finalizzata ad esportare la jihad con gli obiettivi primari dell’Occidente ed Israele, tralasciando momentaneamente le mire espansionistiche territoriali in Medio Oriente del Daesh. In questo, Hamza, intende ribadire la strategia iniziale di Al Qaeda che vede la creazione di un Califfato mondiale solo come obiettivo finale, in antitesi con quella dell’Isis, che ha tentato di proporre il Califfato come base di partenza nel tentativo, fallito, di una sua espansione globale. Proprio allo scopo di riportare la guerra in territorio nemico, bin Laden, sin dai messaggi del 2015 ha riproposto ai mujaheddin di concentrarsi su un concetto fondamentale: trasferire il campo di battaglia da Kabul, Baghdad e Gaza a Washington, Londra, Parigi e Tel Aviv. Il 29enne Hamza, sarebbe considerato il personaggio più idoneo a riunire il movimento globale della jihad, anche considerando che il Califfato di Abu Bakr Al Baghdadi si trova sull’orlo del baratro e trincerato sulla linea difensiva per evitare di essere completamente travolto dalle forze della coalizione. Gli estremisti vedrebbero di buon occhio una ricucitura dello strappo tra le due grandi organizzazioni jihadiste sotto l’egida di una figura carismatica come il figlio del leggendario Oussama. A differenza dello Stato islamico, infatti, Al-Qaeda è sicuramente un organizzazione più duratura anche grazie al vecchio ideologo Ayman al-Zawahiri che si propone come mentore del giovane Hamza.
Negli ultimi anni Al Qaeda, sotto la guida dei due leader, ha inteso esportare il suo messaggio jihadista in Africa e nello Yemen, non tralasciando di partecipare attivamente alla guerra siro-irachena con la formazione di Hayat Tahrir al Sham, già Jabhat al Nusra, che oggi può contare su circa 20.000 operativi.
Nello Yemen, Aqap ha portato a termine nel 2016 circa 250 attacchi e, nel 2017 il computo sembra superare quello dell’anno precedente. Nel Maghreb il franchising di Al Qaeda può contare sull’operatività dei mujaheddin di Aqmi, che colpiscono a macchia di leopardo soprattutto nel Sahel e nelle zone interne di Algeria e Tunisia.
Ma le mire espansionistiche di bin Laden, a giudicare dagli audio messaggi trasmessi, sembrano voler riportare gli attacchi sul suolo americano e, più in generale, in Occidente. La retorica utilizzata da Hamza, ha spesso sottolineato la necessità di ritornare a colpire gli americani e gli occidentali accusati di “sottrarre ricchezze dai territori occupati dalle loro truppe d’invasione nei territori storicamente islamici”.
Dopo il successo della scalata al vertice di Al Qaeda è ipotizzabile che Hamza non troverà ostacoli insormontabili nell’ascesa al trono di principe della jihad, anche in considerazione della totale assenza di una degna figura concorrenziale e, soprattutto, dal carisma manifestato dall’erede del “leone della jihad” intenzionato a prolungare il sentiero di sangue tracciato dal padre.