Circa 2000 detenuti di origine maghrebina sono radicalizzati e quindi segnalati per attività legate al terrorismo. Una cifra inquietante se rapportata al totale dei detenuti originari della zona geografica in questione il cui totale ammonta a 5700 unità, su una popolazione carceraria di 19.929 detenuti stranieri in Italia. I dati, aggiornati al 31 maggio di quest’anno, sono stati rivelati da Santi Consolo, direttore del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) durante il suo intervento alla biblioteca del Senato in occasione della conferenza “Terrorismo e antiterrorismo in Italia: conoscere, contrastare, prevenire” .
La dichiarazione di Consolo suona come un ulteriore campanello di allarme anche considerato l’emergente fenomeno dell’opera di indottrinamento carcerario che i sospettati potrebbero porre in essere nei confronti degli altri detenuti. Una tendenza, quella del reclutamento tra le mura carcerarie, già oggetto di analisi e studi di settore, che hanno segnalato il costante ed esponenziale aumento dei casi.
In particolare, il direttore del Dap, ha voluto fornire il suo personale input affinchè, attraverso il rafforzamento della collaborazione con i paesi del Maghreb, i detenuti originari di quella particolare area possano scontare la pena inflitta nei Paesi di origine.
La conferenza, promossa dall’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) e dal Program on Extremism della George Washington University di Washington, ha inoltre consentito di illustrare il rapporto “ Destinazione jihad: i foreign fighter d’Italia“, curato dall’istituto promotore che ha delineato le figure dei jihadisti di estrazione italiana di maggior spessore nel panorama del network del terrorismo di matrice confessionale.