L’iniziativa del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, di riprendere i pattugliamenti congiunti di polizia al confine italo-sloveno volta a contrastare l’immigrazione clandestina e a stroncare il traffico di esseri umani attraverso la pista balcanica è stato positivamente recepito dal suo omologo del governo sloveno, Aleš Hojs. L’intensificazione delle attività transfrontaliere potrebbe essere interpretata come la parte visibile di un lavoro ben più complesso e impegnativo, con il coinvolgimento di diverse realtà.
Il confine nord orientale è notoriamente una zona di transito per reti criminali oltre che per migranti provenienti dall’Asia e Nord Africani. Inoltre, nell’ultimo periodo, il flusso proveniente dalla Rotta balcanica ha subito un’accelerazione, anche a causa delle condizioni metereologiche più favorevoli. Nell’ultimo mese di maggio si sono moltiplicati gli interventi delle forze dell’ordine per arginare il fenomeno in Slovenia sono stati rintracciati 15 migranti. Otto afghani sono stati fermati a Kačiče (nella zona tra Lokev e le grotte di San Canziano ndr), mentre due cittadini iraniani sono stati fermati a Starod (nei pressi del varco del monte Sneznik ndr) e una persona di origine marocchina a Rakitovec, nella Ciceria slovena. Sempre nella giornata di ieri 13 maggio, a Koritnice gli agenti del Dipartimento di polizia di Capodistria hanno arrestato un passeur georgiano di 28 anni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il giorno stesso altri sei migranti fermati in diverse zone a ridosso dei confini tra Croazia ed Italia.
La magnitudine del fenomeno indica quanto sia lucroso il traffico di esseri umani confermando le affermazioni intercettate, nell’ambito dell’inchiesta su “mafia capitale”, di Salvatore Buzzi braccio destro di Massimo Carminati. Lo conferma anche “Elham Nur”, un trafficante di persone intervistato dalla BBC e che afferma di mandare persone in Italia, Francia e Regno Unito con grande successo, grazie a buoni collegamenti con altri criminali e guadagnando 3.500 dollari per ogni migrante che porta in Italia (In particolare il contrabbandiere afferma “Il nostro prezzo è di $ 1.000 dall’Afghanistan alla Turchia”, “Dalla Turchia alla Serbia sono 4.000 dollari; da lì in Italia addebitiamo altri 3.500 dollari. Questo è un totale di $ 8.500. ”
La sua rete utilizza case sicure lungo il percorso, in città come Teheran, Van (in Turchia) e Istanbul, e continua, nella medesima intervista precisando “Non mi assumo alcuna responsabilità per loro se vengono catturati dalla polizia, ma se vengono rapiti da militanti o gruppi armati, paghiamo un riscatto per liberarli”.
I trafficanti di esseri umani si appoggiano alle stesse reti criminali che contrabbandano droga e armi o riciclano denaro; essi sono attratti nei Balcani a causa dei bassi rischi di attraversare i confini o utilizzare aziende e sistemi bancari. Molti degli hot-spot identificati nel rapporto di Global Initiative si trovano principalmente nelle aree di confine, ma il report esamina anche i settori chiave in cui i criminali riciclano proventi generati dai traffici illeciti: le somme di denaro relativamente piccole vengono riciclate in ristoranti, panifici, aziende di catering e altro. Somme più ingenti, invece, fluiscono verso la compravendita di beni immobili, gioco d’azzardo e turismo.
Gli accordi per i “viaggi della speranza” vengono spesso stipulati in Grecia o in Turchia. Più in particolare, i trafficanti utilizzano i contatti nei campi profughi o nelle città (spesso intorno ai porti) dove si riuniscono richiedenti asilo e migranti o i migranti vengono da loro (ad esempio, intorno a una stazione di treni e autobus o a un porto). Un rapporto del ministero dell’Interno albanese, riferisce la BBC, rileva che “reti organizzate di trafficanti, composte da cittadini greci e albanesi, sono spesso coinvolte nell’organizzazione del loro passaggio in Italia o al confine con l’Albania, dietro compenso”.
Per la realtà nazionale nordorientale, gli attraversamenti avvengono in prevalenza dalla Croazia, nei pressi di Dragonja, Jelšane, Babno polje e Metlika per poi attraversare la Slovenia e giungere nelle provincie di Gorizia e Trieste. Segnatamente, nel cantone di Una-Sana in Bosnia Erzegovina, i trafficanti si intrufolano nei campi profughi e negoziano i dettagli del tentativo di contrabbando i “riparatori” collegano i migranti con i conducenti di vari veicoli che li guidano dai villaggi alle grandi città, dalle città agli insediamenti vicino ai confini o li prelevano alle frontiere e forniscono documenti falsi.
Successivamente i guardiani fungono da guide, accompagnando per piccoli gruppi di circa cinque migranti per camminare attraverso la foresta verso la Croazia.
Le guardie alle porte organizzano anche il trasporto con traghetti e zattere attraverso i confini blu, come nel caso specifico per attraversare la Sava oppure il passaggio attraverso i tunnel che la polizia ha scoperto (profondi 3-7 metri e lunghi 15-30 metri) sotto un recinto di filo spinato lungo il confine serbo-ungherese vicino a Szeged, Asotalom e Kelebija. Alcuni avvicinamenti vengono fatti a piedi di notte tramite contatti locali o telefonici o via social media. Inoltre, sono predisposti segnali sulla strada (come i barattoli di latta appesi agli alberi, i graffiti sugli edifici). Alcuni usano anche servizi regolari di autobus o treno, ad esempio da Sarajevo a Bihac in Bosnia ed Erzegovina, soggiornando in hotel.
Testimonianze e indagini citano alcuni migranti che affermano che alcuni agenti di polizia e guardie di frontiera partecipano ad attività criminali, nel ruolo di faccendieri. La polizia e i funzionari di frontiera corrotti sono stati arrestati in diverse località; nel novembre 2020, il capo della stazione di frontiera di Zvornik, in Bosnia ed Erzegovina, è stato arrestato per traffico di migranti. Nell’agosto 2020, un agente di polizia di Tirana è stato arrestato a Pogradec, vicino al confine con la Macedonia settentrionale, mentre trasportava con la sua auto due cittadini siriani per 70 euro ciascuno.
La maggior parte dei migranti e dei richiedenti asilo entra nei Balcani occidentali dalla Grecia o intorno a Gevgelija nel nord della Macedonia o vicino a Kakavia e Kapstica in Albania. Una stima approssimativa del mercato del traffico di migranti al confine meridionale dei Balcani occidentali va da 11,8 a 17,7 milioni di euro al confine tra Grecia e Macedonia settentrionale e da 7,5 a 11,5 milioni di euro tra Grecia e Albania. In totale, nel 2020, l’attività di contrabbando di migranti nei principali punti di ingresso dei Balcani occidentali ai confini tra la Grecia e le vicine Macedonia settentrionale e Albania può essere stimata tra 19,5 e 29 milioni di euro
Uno dei più grandi punti caldi è il confine tra Bosnia ed Erzegovina e Croazia, in particolare intorno alla città di Bihać nel Cantone di Una-Sana. In questa zona si è tenuto conto del fatto che nel cantone Una-Sana si sta anche concordando il traffico di migranti attraverso la Croazia verso la Slovenia e l’Italia.
La strada meno trafficata porta a nord, soprattutto attraverso il fiume Gradiška a nord-est di Banja Luka, poi intorno al distretto di Brčko e attraverso il confine con la Croazia. Il professor Eldan Mujanović della Facoltà di Criminologia e Studi sulla sicurezza dell’Università di Sarajevo ha commentato sulla gestione della crisi dei migranti affermando che “I campi per migranti non dovrebbero essere dove sono oggi, ovvero nella parte occidentale della Bosnia-Erzegovina, vicino al confine con l’Unione europea” [n.d.r. nella zona di Bihac]
Questi sono i punti chiave di uscita per i migranti in transito dai Balcani occidentali e gli sforzi per entrare nell’UE. Di conseguenza, il numero totale di persone, costi e rischi è relativamente elevato. Si stima che il mercato in quest’area valga tra i sette e i 10,5 milioni di euro nel 2020.
Molti degli hotspot noti da tempo, che si trovano più spesso nelle aree di confine, sono caratterizzati come poli criminali: diverse attività criminali sono presenti contemporaneamente, come il traffico illegale di droga e il riciclaggio di denaro, con il traffico di migranti. Nel merito, una quantità relativamente piccola di denaro viene riciclata in attività che fanno più contanti, come ristoranti, panetterie, distributori di benzina e compagnie di taxi e somme di denaro maggiori stanno, invece, affluendo nel settore delle costruzioni e nel settore immobiliare, nel gioco d’azzardo e nel turismo.
È sorprendente quanto poco le istituzioni regionali competenti vogliano incidere sul fenomeno; infatti, sebbene questi luoghi siano ben noti, i sequestri di droga e armi sono esigui – con l’eccezione della cannabis – e gli arresti di grandi criminali sono rari, il che suggerisce che esista una rete di connivenze.
Ancora più sorprendente è sapere che nel villaggio di Stijena vicino a Cazin, la costruzione di case erette dai membri della comunità salafita locale sta diventando sempre più frequente e gli abitanti temono che un nuovo Maoča germogli in questo parajamat, scrive “Dnevni Avaz“.
La stessa redazione ha contattato le agenzie di sicurezza e consultato la documentazione riservata della BiH e riferisce che “A Podgredina, ogni fine settimana si tiene la formazione, cioè le conferenze per i membri del movimento wahhabita. Una struttura più grande è stata costruita in quel luogo e una più piccola per il soggiorno. Un numero maggiore di membri di quel movimento può venire al centro allo stesso tempo “, dicono i documenti. Si afferma che il centro è circondato da case wahhabite, e che uno dei leader è un wahhabita che lavora nella capitale austriaca Vienna.”
Quindi, mentre la Podgredina si sta imponendo come una nuova comunità wahhabita, Gornja Maoča non rinuncia alle sue precedenti abitudini e i wahhabiti di quel villaggio hanno detto che avrebbero chiesto a Dragan Mektić, il ministro della sicurezza della BiH, e alle autorità di spiegare, in nome della libertà religiosa, “perché sono radicali ed estremi” e offrire loro prove per queste accuse.
Gli esperti di sicurezza stimano che ci siano 20.000 salafiti in BiH; gli stessi salafiti dicono che ce ne sono 50.000. “La pressione diplomatica sull’Arabia Saudita è urgente per fermare il lavoro missionario delle organizzazioni religiose saudite”, ha detto il portavoce della Comunità islamica Jusic.
All’inizio del 2019, il Servizio per gli stranieri (SPS) a Sarajevo e Bihać ha messo sotto sorveglianza sei “migranti” dall’Afghanistan che “rappresentano una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza in Bosnia-Erzegovina”. Cinque sono legati al terrorismo internazionale e uno è sospettato di tratta di esseri umani e criminalità organizzata. Gli ispettori SPS hanno localizzato le persone menzionate sulla base di misure di controllo rafforzate e cooperazione e scambio di informazioni con agenzie nazionali e internazionali, principalmente attraverso lo scambio di dati biometrici. “Per quanto riguarda le persone menzionate, il SPS, in collaborazione con le agenzie partner, sta conducendo la procedura di conferma dell’identità e di stabilire altri fatti necessari per il loro allontanamento dal territorio della BiH, sulla base di misure di espulsione precedentemente pronunciate. Stiamo ora svolgendo azioni operative per determinare le rotte di movimento delle persone che abbiamo posto sotto sorveglianza, la data del loro ingresso in Bosnia-Erzegovina e i loro punti di contatto in questo paese “, ha affermato il direttore dell’SPS Slobodan Ujić.
Cosi, mentre le autorità bosniache affrontano la minaccia dell’estremismo islamico, l’8 maggio 2021 la polizia croata ha inseguito un furgone bianco con targhe straniere sospettato di trasportare migranti; l’autista inseguito da sette mezzi della polizia ha urtato un veicolo ufficiale per poi fermarsi tra Normanci e Koška. A bordo del veicolo c’erano dieci uomini e un ragazzo.
Se l’assessore regionale alla Sicurezza della regione Friuli Venezia Giulia, Pierpaolo Roberti, ha validi elementi di analisi per affermare che “… l’esistenza di legami tra trafficanti di esseri umani e i terroristi è ormai accertata”, un approccio più proattivo e sistematico all’attività investigative e di intelligence è richiesto per mitigare le operazioni criminali che sempre più sono globalizzate rappresentando una minaccia molto seria per istituzioni e comunità nazionali europee.