“Cidadania” è il nome dell’indagine, svolta dalla Squadra mobile di Teramo, che ha fatto luce su quello che era diventato un vero e proprio business illegale, cioè un sistema ben collaudato finalizzato a far acquisire in tempi brevissimi (di solito ci vogliono diversi mesi, a volta anche anni) e senza i necessari presupposti, la cittadinanza italiana a persone nate in Brasile ma con avi italiani. E’ quanto si legge sul sito della Polizia.
Per il momento gli agenti della questura di Teramo hanno eseguito 10 ordinanze di divieto di dimora in tutta la provincia, emesse dal giudice per le indagini preliminari, per il reato di abuso di ufficio in continuazione e in concorso con pubblici ufficiali dei comuni di Notaresco, Pineto, Roseto degli Abruzzi e Castellalto, nell’ambito delle procedure di rilascio della cittadinanza italiana “iure sanguinis” a favore di cittadini brasiliani che nel loro albero genealogico vantano avi italiani emigrati all’estero.
L’indagine è stata avviata in seguito al grande numero di richieste di passaporto italiano pervenute negli ultimi anni negli uffici della questura di Teramo da parte di neo cittadini italiani di origine brasiliana che avevano acquisito la cittadinanza presso i comuni di Notaresco, Pineto, Roseto degli Abruzzi e Castellalto.
Il sistema sfruttava la connivenza di alcuni pubblici ufficiali dei comuni coinvolti (Ufficiali dello stato civile e agenti della Polizia municipale) che collaboravano con diverse agenzie di disbrigo pratiche, le quali svolgevano il ruolo di intermediari tra i cittadini brasiliani, desiderosi di diventare “velocemente” italiani, e le istituzioni del nostro Paese che avrebbero dovuto avviare l’iter per l’accertamento dei requisiti necessari per il riconoscimento dello status di cittadino, necessario per il successivo ottenimento del passaporto italiano.
Dall’analisi dei documenti è emerso che in molti casi le autorità avevano falsamente attestato che la richiesta di cittadinanza era stata presentata in una data che in realtà è risultata antecedente all’effettivo ingresso nel territorio italiano da parte del richiedente. In particolare veniva falsamente attestata l’abitualità della dimora nel comune da parte del richiedente, condizione imprescindibile per il rilascio della cittadinanza italiana.
Gli aspiranti italiani entravano con un visto turistico e si affidavano all’agenzia di intermediazione che trovava loro un alloggio temporaneo in uno dei comuni sotto il loro controllo, per poi presentare la documentazione finalizzata ad ottenere la residenza in quel comune e, infine, presentare l’istanza di riconoscimento della cittadinanza italiana “iure sanguinis” presso l’ufficio di stato civile del comune stesso. Tutto il pacchetto di servizi prestato dall’agenzia aveva, chiaramente, un costo non indifferente.
Più velocemente si concludeva l’iter per la concessione della cittadinanza, e prima si liberavano gli alloggi dove poter far risiedere i prossimi della lista di attesa, massimizzando così i guadagni dell’organizzazione.
Sergio Foffo