a cura di Veronica Di Benedetto Montaccini
Metà gennaio, periodo di rientri. Rimbalzano sui social foto di ingorghi e sovraffollamento nei punti di raccolta per la partenza degli autobus che dalle città del sud Italia vanno a Roma, Firenze, Milano. Sono tante, troppe le persone che scelgono di non vivere nel Mezzogiorno.
Non ci sono più nascite
“Il Sud non è più un’area giovane né tanto meno il serbatoio di nascite del resto del Paese e va assumendo tutte le caratteristiche demografiche negative di un’area sviluppata senza peraltro esserlo mai stata”. Comincia così l’ultimo rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno , documento dove sono proprio i dati demografici ad essere allarmanti.
Nel corso degli ultimi quindici anni la popolazione meridionale è cresciuta di 265mila abitanti a fronte dei 3 milioni e 329mila nel Centro-Nord al netto degli stranieri. Però, la popolazione del Sud è diminuita di 393mila unità (mentre è cresciuta di 274mila nel Nord). Una crisi demografica confermata dal dato del 2016, anno in cui si è registrata una diminuzione della popolazione meridionale pari a 62mila unità, come l’anno precedente, in linea con il trend negativo del 2014 (-21mila unità) e del 2013 (-31mila unità). Numeri che fanno vanno insieme alla sostanziale stabilità della popolazione italiana al Nord, a cui ha contribuito l’apporto delle migrazioni dal Sud. Il calo della popolazione e della natalità (nel 2016 -166mila nuovi nati), secondo le previsioni Istat, implicherebbero per il Mezzogiorno, tra il 2016 e il 2065, una perdita di 5,2 milioni di abitanti, contro un calo previsto per lo stesso periodo al Centro-Nord di 1,8 milioni.
A rendere questi dati ancora più drammatici è la costante emorragia di risorse umane, spesso qualificate, che abbandonano il Sud per inserirsi in mercati del lavoro meno asfittici. Sono 1,7 milioni gli emigrati dal Sud negli ultimi 15 anni, con una perdita – al netto dei rientri (1 milione) – di 716mila unità, soprattutto giovani tra i 15 e i 34 anni (72,4%), mentre sono 198mila i laureati che hanno abbandonato il Mezzogiorno, circa 200mila dal Duemila. Perdita che, quantificata in termini economici, ammonta a circa 30 miliardi di euro.
Un trolley sempre pronto
Anche Chiara se ne è andata dalla sua Cosenza. Ogni volta, dopo le vacanze, saluta i suoi genitori, gli ricorda di mandargli i ‘pacchi da giù’, prepara la valigia e torna a Roma, dove insegna italiano in una scuola elementare. “Sono cinque anni che vado via il primo weekend di gennaio dall’autostazione di Cosenza – racconta Chiara a Ofcs.report – c’è sempre casino, ma quest’anno più che mai. C’erano più persone, soprattutto ragazzi tra i 27 e i 30 anni, ma anche famiglie scese per le feste. Sembra un esodo migratorio. Ma con il treno è ancora di più un viaggio della speranza”.
Paesi dell’entroterra o della costa ionica, che sono isolati dalle ferrovie, ma che vengono raggiunti dagli autobus. Il mercato del trasporto su gomma, che copre tratte di media e lunga percorrenza, ha infatti subito, negli ultimi due anni, un’impennata a doppia cifra, come ha stabilito una recente indagine conoscitiva dell’Autorità dei trasporti (Art). Una crescita che risponde ad una forte espansione della domanda (15-18%), concentrata maggiormente, neanche a dirlo, al Sud, dove queste aziende medio-piccole hanno spesso sede. Servizi di pubblica utilità sempre più concentrati nelle mani dei privati, ma economici, laddove il pubblico ha smesso di investire, senza offrire però costi più vantaggiosi.
I migranti del sud
L’utenza principale degli autobus è composta da studenti e insegnanti, soprattutto donne di mezza età, che per essere stabilizzate hanno deciso di mettere in gioco le loro certezze e di andare a prendere il ruolo nelle scuole del Nord, mentre in Calabria si perdono cattedre per il calo della natalità. Milano, Torino, Pisa, Firenze, Bologna, Roma: sono queste le mete più gettonate tra i giovani meridionali al momento della scelta dell’università. “C’è un ritorno all’aspirazione di studiare al Nord da parte dei ragazzi- spiega Chiara- perché essendo difficile trovare lavoro si punta sulla scelta di un ateneo che offra più sbocchi post-laurea. Come la Bocconi, il Politecnico di Torino, le università private a Roma. E’ più alta la probabilità di occupazione post-laurea”.
Quello che manca al Sud è soprattutto il lavoro qualificato. E proprio sugli autobus diretti verso nord che si incontrano i giovani lavoratori e si riconoscono nelle difficoltà comuni. Secondo Chiara “il sentimento che prevale è la rassegnazione, vorremmo restare al sud ma non ci sono le possibilità materiali”.