Le aziende potranno controllare computer, tablet e cellulari, così come i badge dei lavoratori senza che sia necessario un accordo sindacale o un’autorizzazione del Ministero. Sono le regole dettate dal Jobs Act con le novità tecnologiche introdotte dall’articolo 23 del dlgs.
Per il controllo sugli strumenti di lavoro messi a disposizione dalle imprese e su quelli per la registrazione degli accessi e delle presenze, infatti, basterà informare i lavoratori e rispettarne comunque la privacy. Cambia così, con un altro dei decreti attuativi del Jobs act, la disciplina dei controlli a distanza, che riscrive lo Statuto dei lavoratori del 1970 (dopo articolo 18 e mansioni). Dura la reazione dei sindacati: la Cgil parla di “colpo di mano” e promette “battaglia”, mentre Cisl e Uil si oppongono spiegando che la norma “deve cambiare”.
La novità arriva con uno degli ultimi quattro decreti legislativi – quello sulla razionalizzazione e semplificazione di procedure e adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni sul rapporto di lavoro – che, dopo il primo via libera del Consiglio dei ministri del luglio scorso, è stato assegnato (insieme agli altri tre su cig, Agenzia ispettiva e Agenzia politiche attive) alle commissioni competenti di Camera e Senato (Lavoro e Bilancio) che entro il 16 luglio dovevano esprimere il parere obbligatorio, ma non vincolante. Per poi tornare in Cdm per l’ok definitivo. Novità che riguardano in particolare i dispositivi tecnologici (non presenti negli anni Settanta) ma che comunque danno il via libera ai controlli a distanza su questi strumenti aziendali.
Nello Statuto dei lavoratori “si vieta l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per i controlli a distanza e, per le esigenze organizzative, produttive o di sicurezza del lavoro”, si rimanda in ogni caso a un accordo sindacale aziendale, con le Rsa.
“L’accordo sindacale o l’autorizzazione ministeriale non sono necessari per l’assegnazione ai lavoratori degli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa, pur se dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore”, si legge nella relazione illustrativa che accompagna lo schema di dlgs. Diversa, invece, la previsione per gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali (come si legge nel testo che all’art. 23 riscrive l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori) derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori, che “possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo” sindacale con le Rsu o Rsa. In alternativa, se l’impresa ha più unità produttive in diverse province o regioni, l’accordo si fa con i sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.
In assenza dell’accordo, invece, serve l’autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, nel secondo caso, del ministero del Lavoro. Questa disposizione, come prosegue la nuova norma, tuttavia, “non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”. E i dati raccolti possono essere utilizzati «a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli» sempre “nel rispetto” del Codice sulla privacy.
I sindacati non ci stanno.
“Siamo al colpo di mano», afferma la Cgil. Questa norma “non va bene” e “deve essere cambiata”, afferma il leader della Cisl, Annamaria Furlan. In linea anche la Uil, con il segretario confederale Guglielmo Loy che dichiara: “Agiremo nelle sedi opportune per chiedere il cambiamento di questo provvedimento”. E prosegue: “Non si capisce perché, ancora una volta, la deregolamentazione debba avvenire a vantaggio della sola impresa”. Intanto in questo marasma legislativo, noi che ci occupiamo di tecnologia approfondiamo l’articolo 23 del dlgs che detta, quindi, la nuova disciplina dei controlli a distanza del lavoratore (riscrivendo quanto previsto dall’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori). In pratica le novità riguardano i dispositivi tecnologici (come computer, tablet e telefonini messi a disposizione dei dipendenti dall’azienda) e gli strumenti per misurare accessi e presenze come i badge.
Esigenze organizzative e produttive. Negli altri casi, invece, per installare impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo servono l’accordo sindacale o l’autorizzazione da parte del ministero del Lavoro (per le imprese con più unità dislocate in una o più regioni). Nel dettaglio, l’articolo al primo comma prevede che “gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In mancanza di accordo possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”. Alias il Grande Fratello in azienda.
Il rispetto della privacy. La relazione prosegue: “La disposizione di cui al primo comma non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”. Quindi si precisa che “le informazioni raccolte ai sensi del primo e del secondo comma sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”, (c.d. codice privacy).
Sindacati contrari. “Sui controlli a distanza siamo al colpo di mano”. È questa la posizione della Cgil attraverso le parole della segretaria nazionale Serena Sorrentino, che sottolinea anche che le novità del Jobs act «pongono un punto di arretramento pesante» rispetto allo Statuto dei lavoratori. “Intanto non è mai stato detto che nel decreto semplificazioni sarebbe entrata la norma sul controllo a distanza dei lavoratori – spiega -, dall’altro il modo in cui è formulato e la relazione illustrativa pongono un punto di arretramento pesante rispetto al precedente art 4 legge 300, cioè che non occorrerà più l’autorizzazione sindacale o delle direzioni territoriali del ministero per l’assegnazione ai lavoratori degli strumenti utilizzati dallo stesso lavoratore per la prestazione lavorativa pur se da questi derivi la possibilità di controllarlo”. “Non solo daremo battaglia in Parlamento -, ma anche – verificheremo con il garante della privacy se ciò si può consentire”.
La bocciatura arriva anche dalla Cisl con Annamaria Fulran: “Questo aspetto non va bene. Ci faremo ascoltare anche nelle Commissioni parlamentari. Questa norma deve essere cambiata ed è attraverso la contrattazione sui luoghi di lavoro, la contrattazione innanzitutto di prossimità che si devono gestire questi aspetti così delicati per la vita di un lavoratore e di una lavoratrice, ma anche per l’azienda”.
Allineata anche la Uil: “Non si capisce perché, ancora una volta, la deregolamentazione debba avvenire a vantaggio della sola impresa, lasciando il lavoratore privo di una tutela che solo la contrattazione gli può assicurare – dice il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy -. Agiremo nelle sedi opportune per chiedere il cambiamento di questo provvedimento”.
Nuovi strumenti tecnologici non servano al controllo. Tra le voci contrarie si alza anche quella di Cesare Damiano, presidente della Commissione lavoro della Camera: “Sui controlli a distanza previsti dal Jobs act non bisogna far rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta. La Delega prevede un controllo sugli impianti e non sulle persone. L’uso dei nuovi strumenti tecnologici, come telefonini e tablet, non può contemporaneamente essere strumento di controllo sull’attività dei lavoratori”.
“Buon senso vorrebbe che il governo, com’è avvenuto nel passato, affidasse questa regolazione alla contrattazione delle parti sociali. Soltanto nel caso di non raggiungimento di un’intesa può intervenire la legge. Confidiamo nella capacità di discernimento del ministro Poletti”.