Stop al modello aziendale di gestione introdotto dal governo Renzi con la “Buona Scuola”, via le classi pollaio, investimenti aumentati del 50% sull’istruzione. È il manifesto politico lanciato dal Movimento Cinque Stelle in vista dell’imminente campagna elettorale. Un programma sulla scuola elaborato e condiviso con i cittadini iscritti al movimento sulla piattaforma Rousseau e presentato giovedì 25 maggio nella Sala Nassiriya del Senato.
“La scuola pubblica statale deve tornare al centro delle politiche del governo, affinché sia davvero gratuita, democratica, aperta, inclusiva e innovativa. Il punto di partenza è alzare la spesa pubblica per l’istruzione passando dal 7,9% di oggi al 10,2% della media europea” si legge nel programma che non specifica in che modo saranno raddoppiati tali fondi. “Bisogna smantellare i danni provocati dalla riforma Gelmini che ha sottratto all’istruzione quasi 9 miliardi di euro e ha drammaticamente impoverito l’offerta formativa”, spiega la deputata grillina Silvia Chimienti. “Sulla scuola con Renzi ha prevalso la distanza fra le scelte politiche e le reali esigenze della scuola. La scuola ha semplicemente rappresentato il suo più grande spot elettorale”. La colpa più grave della “Buona Scuola”, spiega l’esponente Cinque Stelle, è stata quella di “immettere docenti senza un piano didattico complessivo. I professori vengono usati come jolly o per progetti estemporanei, in totale spregio della loro professionalità”.
Le proposte del M5S
Il Movimento Cinque Stelle vuole più risorse per la scuola, da reinvestire con queste finalità: ripristinare il tempo pieno e la compresenza di più docenti in classe, ridurre il numero di alunni per classe, ripristinare le ore tagliate a materie come la geografia, la musica, l’educazione civica e la storia dell’arte e inserirne di nuove come l’educazione alimentare, ambientale e all’affettività. Il Programma tocca anche il tema del finanziamento alle scuole private. Come spiega Gianluca Vacca, membro della commissione cultura della Camera, il M5S “non intende promuovere crociate o approcci ideologici contro le scuole private, ma solo proporre un ragionamento razionale sul tema dei finanziamenti alle scuole. Quelle pubbliche sono sotto finanziate e ormai il contributo volontario è diventato una tassa occulta. In un momento come questo è prioritario il finanziamento alla scuola statale”, afferma Vacca.
“Del resto occorre distinguere il sistema 0-6 anni dalla scuola dell’obbligo. Più del 70% degli alunni delle paritarie va nella scuola 0-6 anni, perché lo Stato non riesce a garantire risposte alle domande delle famiglie ed è chiaro che lì non si può toccare nulla nel breve periodo, anche se occorre aumentare l’offerta pubblica. Sulla scuola dell’obbligo invece il finanziamento deve andare solo alla scuola statale. Nessuno vuole chiudere le scuole private ma dobbiamo contrastare anche il fenomeno dei diplomifici”.
Per Maria Marzana, anche lei membro della delegazione grillina in commissione cultura, “le riforme non hanno neppure risolto il problema dell’inclusione scolastica o della dispersione scolastica oggi al 15%, il 5% in più rispetto agli obiettivi Ue”. La Marzana ha ricordato poi un altro elemento “flop” introdotto dalla riforma Renzi, ovvero il bonus formazione dei docenti, la nota card da 500 euro. “Un’iniziativa che deve essere interrotta trasformando il bonus in una formazione gratuita e retribuita per gli insegnanti”.
Sul fronte dell’innovazione didattica il programma del Movimento prevede “l’utilizzo delle nuove tecnologie e dei libri digitali e gratuiti, il rinnovamento degli ambienti di apprendimento e un tipo di didattica maggiormente esperienziale e a contatto con la realtà”. L’obiettivo è creare équipe formative territoriali composte da specialisti del mondo dell’educazione in grado di supportare i docenti nei processi di innovazione didattica.
Un programma che strizza l’occhio al milione di insegnanti che lavora nella scuola. “A tutto ciò si accompagna, necessariamente, un maggiore riconoscimento della professione docente attraverso un incremento stipendiale che adegui le retribuzioni italiane almeno alla media europea”, si legge nel programma. Per la senatrice Michela Montevecchi, componente della commissione istruzione, altro punto da rimuovere dalla Buona Scuola è “la chiamata diretta che compromette la qualità del sistema e dietro la quale si potrebbero annidare anche meccanismi corruttivi”.
@PiccininDaniele