Operazione della Digos torinese nei confronti dei responsabili degli scontri avvenuti nel capoluogo piemontese nel settembre 2017 in occasione del summit G7 alla reggia di Venaria. Sono 52 gli indagati, tra questi 17 sono stati sottoposti a misure cautelari, 7 agli arresti domiciliari, 10 all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Tutti appartengono a realtà antagoniste di Torino, Firenze, Roma, Venezia, Bari e Modena. Ai soggetti coinvolti e identificati, tra i quali vari leader dei centri sociali e dell’autonomia, sono stati contestati i reati di violenza aggravata, resistenza a pubblico ufficiale e utilizzo di materiali esplodenti.
Identificati i responsabili degli scontri al G7
L’indagine, denominata “inform auna”, è stata condotta dalla Digos torinese sotto la direzione della locale Procura, ha portato all’identificazione dei responsabili degli scontri che si verificarono, in particolare, nella serata del 29 settembre in via Po, a Torino, quando furono lanciati grossi petardi e fuochi artificiali ad altezza d’uomo contro lo schieramento delle forze dell’ordine. Il giorno dopo si sono ripetuti a Venaria, dove anche una giornalista venne colpita al volto da una bottiglia perdendo due denti.
I centri sociali coinvolti negli scontri al G7
Nel mirino della Digos, oltre al centro sociale Askatasuna del capoluogo sabaudo già alla ribalta delle cronache per analoghi episodi di violenza durante manifestazioni di piazza e nell’ambito delle proteste contro il Tav, anche “Sapienza clandestina” di Roma, “Centri sociali del nord ovest” di Venezia, “Ex caserma liberata” di Bari , “Spazio Guernica” di Modena” e “Autonomia diffusa” di Firenze. Gli accertamenti della Digos e l’identificazione dei responsabili sono state rese possibili grazie all’analisi dei video ripresi da personale della Polizia scientifica e dagli operatori televisivi di varie reti nazionali. Proprio il centro Askatasuna, secondo gli investigatori, assunse la regia delle violente proteste che iniziarono nella mattinata del 29 settembre scorso, quando un estemporaneo corteo del movimento studentesco composto da 500 persone tentava ripetutamente di sfondare i cordoni di polizia formati per impedire l’accesso a piazza Carlina dove erano ospitati, in un hotel, i partecipanti al summit, venendo respinti dagli agenti.
Il medesimo copione si ripeteva nella serata dello stesso giorno. In via Po, i partecipanti ad un altro corteo non autorizzato trovarono la strada sbarrata da un cordone di polizia e iniziarono a lanciare petardi, fuochi artificiali e pezzi di arredo urbano contro le Forze dell’ordine, rovesciando cassonetti per la raccolta rifiuti e dandoli alle fiamme. Nella giornata conclusiva del G/7, il 30 settembre, l’ennesimo corteo raggiungeva piazza Vittorio Veneto a Venaria, a poca distanza dalla Reggia, dove si stava concludendo il meeting. Giunti nei pressi dello sbarramento delle forze dell’ordine, posto a protezione della sede del summit, circa duecento attivisti tentavano di “sfondare” anche con il lancio di razzi, bombe carta e fuochi d’artificio e utilizzando carrelli per la spesa contro gli agenti di polizia.
Salvini: “E’ finita la pacchia”
“Grazie a Forze dell’Ordine e inquirenti – ha detto il ministro dell’Interno Matteo Salvini – In Italia è ovviamente garantita la libertà di manifestare ma non c’è tolleranza per i violenti soprattutto se aggrediscono donne e uomini in divisa. Anche per gli estremisti rossi, troppo spesso coccolati da certa sinistra, è finita la pacchia”.