Smoking nero, pistola d’ordinanza e posizione a garanzia della personalità politica protetta. Sembrava un agente di sicurezza in piena regola ma ha aperto il fuoco alle spalle dell’ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, uccidendolo.
L’uomo grida “Allah è grande” mentre il diplomatico russo è a terra esangue. Passano almeno 40 secondi, a giudicare dal video trasmesso, senza che ci sia alcun intervento della sicurezza nel museo di Ankara dove Karlov apriva una mostra d’arte.
Al salmodiare urlato di Mert Altintas, il poliziotto turco autore dell’omicidio, si alterna un messaggio che invita a non dimenticare Aleppo e la Siria. Contesto strategico in cui i russi sono presenti e attivi, al fianco degli sciiti e del presidente siriano Bashar Al Assad. Proprio nelle ore precedenti si era aperta l’opzione del dialogo per l’evacuazione dei civili dalle aree martoriate dai raid che appoggiavano i lealisti siriani.
Un sentiero, stretto ed irto, si era infatti aperto nella diatriba internazionale sull’evacuazione di Aleppo. Si era trovato l’accordo per la smobilitazione dei quartieri interessati dalle operazioni militari. Ed era una risoluzione Onu, sulla quale si erano perse le speranze nelle ultime ore, fra le potenze occidentali del Consiglio permanente di sicurezza che apriva uno spiraglio.
L’accordo per la presenza degli osservatori ad Aleppo era stato siglato. Si trattava di un testo approvato con emendamenti voluti dai russi, contrari in principio alla presenza di controllori delle operazioni di evacuazione dei quartieri a rischio bombardamento.
Lo scopo era quello “di effettuare un adeguato monitoraggio, diretto e neutro, sulle evacuazioni da Aleppo”.
Nelle ore che hanno preceduto la firma i russi sembravano allontanare l’ipotesi di un accordo. Per Vitaly Churkin, esponente Onu per Vladimir Putin, la proposta francese sarebbe stata “pericolosa e impraticabile”. Condizione, questa, per cui Mosca avrebbe inizialmente posto il veto sulla risoluzione.
A far cambiare idea ai russi sarebbe stata l’introduzione di una postilla che coinvolgeva Damasco. Il controllo degli osservatori sarà operato “in coordinamento con le parti interessate”.
Altre sono le coincidenze in cui arriva la brutale esecuzione dell’ambasciatore Karlov. Oltre ai colloqui per la Siria, in cui Mosca è seduta al tavolo e occupa un ruolo di interlocutore di prim’ordine, acquisirebbero maggior senso le proteste dell’estrema destra turca negli ultimi mesi.
Si erano moltiplicate le manifestazioni di dissenso nei confronti dell’intervento di Putin nelle ambasciate russe e iraniane aventi sede in Turchia. I colloqui di pace vedranno Russia e Iran sedere con i turchi allo stesso tavolo.
Sono poi noti i dissidi aspri fra jihadisti, Al Qaeda e nazionalisti turchi (si pensi ai ribelli turcomanni che trucidarono i piloti dei due jet russi abbattuti al confine turco-siriano) nei confronti dei russi.
Si ricordino poi le tensioni che si crearono fra Ankara e Mosca all’ingresso della Russia in Siria nell’ottobre del 2015. Tensioni che ebbero il culmine con l’abbattimento dei due Mig russi al confine fra Turchia e Siria. Un dissidio che i due leader avevano cercato di sanare, ma che ora rischia di aprirsi facendo esplodere tutte le rivalità strategiche derivanti dal conflitto in Siria.
Il Cremlino, attraverso il suo portavoce, ha detto la sua sull’accaduto di Ankara: si tratta di attentato terroristico. “Qualifichiamo l’accaduto come un attacco terroristico. Siamo in contatto – aggiungono da Mosca – con gli ufficiali turchi e loro ci hanno confermato che sarà eseguita un’indagine dettagliata e multilaterale”.
Ma non è esclusa una ritorsione dei russi in ambito di politica internazionale quando nell’agenda di Sergei Lavrov, il ministro degli esteri russo, compariranno i colloqui con Turchia e Iran sulla situazione in Siria. Incontro che avverrà molto presto.