Le recenti dichiarazioni del ministro degli Interni, Marco Minniti, durante la sua audizione al comitato Schengen, hanno tracciato un panorama abbastanza nitido della situazione relativa all’utilizzo dell’immigrazione illegale dal nord Africa per mascherare fughe individuali di foreign fighters verso le coste occidentali.
I numeri riferiti agli sbarchi di migranti, forniti dal Ministro, parlano di 92,5% degli arrivi dalla Libia, l’1,7% dalla Tunisia, l’1,3% dalla Turchia, lo 0,8% dall’Algeria. Ma a preoccupare gli apparati di intelligence sono i numeri che stimano in 25/30mila i seguaci del Califfo che, considerando le cocenti sconfitte subite dall’Isis sul piano militare, cercherebbero vie di fuga in qualunque direzione e con qualunque mezzo e che potrebbero costituire una seria minaccia per l’Occidente, qualora riuscissero ad approdare sulle nostre coste avvalendosi proprio delle rotte utilizzate per i traffici di migranti.
E se di recente i provvedimenti testati in Libia hanno di fatto provocato un calo esponenziale delle partenze da quelle coste, nella vicina Tunisia pare, invece, essersi riaperta una nuova rotta che da Sfax farebbe giungere i migranti alle isole Kerkennah, da dove vengono imbarcati verso l’Italia. E’ di poche ore fa un nuovo sbarco a Sciacca (AG), il sesto in tre settimane, dove hanno preso terra una ventina di tunisini che, rintracciati dalle forze dell’ordine, sono stati condotti alla Questura di Agrigento per le procedure di rimpatrio.
Sempre secondo il ministro degli Interni, “gli arrivi di migranti dalla Tunisia hanno visto una crescita impetuosa, si sono quasi triplicati rispetto allo scorso anno, ma sono comunque numeri non paragonabili a quelli che provengono dalla Libia e che non consentono di parlare di rotte alternative”. Ma di fronte all’apertura delle rotte tunisine è ovvio che le preoccupazioni crescano, anche perché strettamente connesse al sospetto che i jihadisti di ritorno, utilizzando false identità, possano facilmente sfuggire alle maglie dei controlli e ricongiungersi con complici già presenti ed operanti sul territorio.
Senza dimenticare che le cellule già integrate in Italia hanno da tempo instaurato legami con la criminalità comune ed organizzata, per mezzo delle quali fruiscono di agevolazioni soprattutto nel campo della fornitura di documenti falsi e di alloggi di fortuna. Un mercato fiorente è anche quello dei matrimoni, combinati da elementi criminali locali che forniscono donne compiacenti, quasi sempre con un passato di microcriminali, alcool o droga, a immigrati interessati all’ottenimento della cittadinanza. Il matrimonio, anche se non consumato, si risolve in una convivenza limitata agli accertamenti di legge, per poi concludersi, quasi sempre, con la separazione.
L’ipotesi più accreditata è che i migranti tunisini, ma più in generale quelli provenienti dall’area del Maghreb, concordino anticipatamente le modalità di regolarizzazione o di soggiorno con connazionali già radicati sul territorio nazionale e che, all’atto dello sbarco, debbano unicamente seguire le indicazioni fornite per far perdere le proprie tracce o munirsi di falsa documentazione idonea a validare la permanenza in Italia.
L’allarme di Bankitalia
I combattenti di ritorno, però, rappresentano un pericolo anche per il possibile finanziamento al terrorismo. Proprio oggi da Bankitalia è arrivato un documento contenente raccomandazioni rivolte a tutti gli istituti di credito in tema di prevenzione.
“I rischi connessi al flusso di ritorno verso i paesi occidentali di foreign fighters hanno indotto – scrive banca centrale – la Uif (Unità di informazione finanziaria per l’Italia) a diffondere una Comunicazione sulla prevenzione del finanziamento del terrorismo internazionale, che integra quella del 18 aprile 2016. L’obiettivo è sensibilizzare gli operatori sulle anomalie che possono essere indice di finanziamento del terrorismo, nella consapevolezza che la loro individuazione è diventata più complessa, per le diverse modalità delle azioni terroristiche, e richiede un crescente impegno e una elevata attenzione. Gli elementi oggettivi riportati nella Comunicazione – aggiunge la Banca d’Italia – tengono conto delle analisi degli organismi internazionali e vanno valutati alla luce delle informazioni disponibili sul profilo soggettivo del cliente. Le indicazioni fornite devono essere intese come un ulteriore fattore di orientamento e supporto per gli operatori, in particolare per quelli finanziari che risultano maggiormente esposti e che, nel complesso, stanno rispondendo positivamente alle richieste di una maggiore collaborazione per la prevenzione dei rischi collegati al terrorismo”.