“Abbiamo appreso la notizia dell’ennesima rivolta scoppiata all’interno del Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CpR) di Torino, a distanza di pochi giorni dall’ultima, sempre nello stesso centro, deflagrata il 15 dicembre scorso. Notizia riportata anche dagli organi di stampa. Ciò, rafforza – come se ce ne fosse ancora bisogno – la consapevolezza che in quei ‘luoghi di accoglienza’ serpeggia quotidianamente un’altissima tensione tra gli ospiti, nonostante gli sforzi e le energie profuse dal Paese e dall’Ue in termini di sostegno umanitario. Questa volta, a farne le spese, sulla propria pelle, sono stati due Finanzieri in servizio presso il Centro piemontese”. E’ quanto dichiara in una nota il Sinafi, Sindacato nazionale finanzieri, che “oltre alla nostra vicinanza ai colleghi feriti, rappresentiamo una fortissima preoccupazione, stigmatizzando fermamente l’accaduto, peraltro non dissimile da molti altri casi”.
“Quest’ultimo episodio – si legge in una nota – ci dà lo stimolo e l’occasione per rimarcare, ancora una volta, che occorre, con estrema sollecitudine e coraggio, varare le giuste misure e contromisure a tutela degli operatori, perché quei luoghi di c.d. ‘accoglienza’ possono rivelarsi vere e proprie ‘bombe ad orologeria’, pronte a esplodere senza preavviso: scenari ostili in cui servitori dello Stato, lavoratori, padri e madri di famiglia, fanno di tutto per contenere le spinte violente di persone temporaneamente ricoverate, amplificate, per l’appunto, dalla cognizione del loro probabile rimpatrio all’orizzonte e, quindi, dall’incertezza del proprio futuro. Abbiamo già avuto modo di evidenziare nelle sedi parlamentari la necessità di provvedere a delle improcrastinabili discussioni intorno alla revisione ed implementazione delle regole d’ingaggio ed alla normativa antinfortunistica, affinché si giunga alle opportune integrazioni legislative che contribuirebbero a meglio tutelare i lavoratori del Comparto Sicurezza, attraverso mirate analisi dei rischi (dinamici) e misure di prevenzione dei “particolari” infortuni sul lavoro. In pratica – conclude Sinafi – più efficaci e chiare regole d’ingaggio, migliori D.P.I., formazione e numero di agenti adeguati, apparecchiature di videoregistrazione in dotazione agli operatori e tutele legali. Misure, maggiormente attagliate alle tipiche ed esclusive esigenze delle Forze di polizia che, ovviamente, non possono essere assimilate a quelle dell’impresa concepita dal diritto comune”.