Il destino del Paese sembra essere nelle mani del Partito Democratico. Matteo Renzi si è dimesso da segretario e ora si aspettano le prossime mosse. Il Congresso, velocizzato proprio dalle sue dimissioni, si farà presto e non più tra 6 mesi. La strategia di Renzi, quindi, pare si sia compiuta. Secondo alcune indiscrezioni, anche questo passo indietro dell’ex presidente del Consiglio farebbe parte di un piano: avere la strada spianata per vincere le primarie contro gli altri candidati, scontrandosi con un altro grande del Pd, Michele Emiliano. Insomma, una sorta di rinascita dalle sue stesse ceneri come la fenice. “Ho dato più dimissioni io in pochi mesi che tutti i politici in questi anni”, ha commentato l’ormai ex segretario del Pd alla trasmissione Striscia la Notizia. Ironia a parte, ancora riecheggiano le parole del suo ultimo discorso fatto da presidente del Consiglio nel giorno in cui il risultato sfavorevole del referendum costituzionale lo ha di fatto costretto a fare un passo indietro. L’Italia non era dalla sua parte e le foto di Matteo e Agnese che abbracciati escono dalle stanze di Palazzo Chigi sono l’immagine perfetta di ciò che è accaduto. Ora, però, Renzi si lancia nell’ennesima (spericolata?) impresa.
Formalmente il Pd ancora è un partito unico, ma non unito. Roberto Speranza ed Enrico Rossi sono alla porta pronti a uscire. In molti, interni al partito, non vogliono questa separazione, in primis il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha dichiarato di candidarsi come leader solo se questo evitasse la scissione. D’altronde sono diversi i “piddini” che sostengono la figura di Orlando, da Monica Cirinnà che ha dichiarato: “Con la candidatura di Orlando probabilmente quella falla che si apre con l’uscita di D’Alema, Bersani e Speranza può tranquillamente chiudersi. Con la sua candidatura possono tenersi all’interno dei gruppi parlamentari alcune persone che si sentivano un pò strette nella maggioranza di Renzi”, a Gianni Cuperlo, che non nasconde la sua stima nei confronti del ministro della Giustizia, definendolo un amico. Fino all’ultimo, anche il governatore della Puglia, Michele Emiliano, pensava di andare via dal partito, facendo poi retromarcia.
La tensione è alta, il Partito Democratico che negli ultimi anni ha fatto da capostipite nella politica italiana, in questi giorni rischia di divorziare. Romano Prodi ha parlato di scissione come di un suicidio, Rosy Bindi non vuole nemmeno pensare a questa ipotesi. Un momento di crisi che sembrerebbe mettere a repentaglio la stabilità di un Paese che in autunno ha deciso il No al referendum e che voleva la legge elettorale per l’elezione di un nuovo Governo in brevissimo tempo.
Dall’altro lato c’è l’opposizione che spinge al voto in fretta entro e non oltre questa estate. Da Matteo Salvini a Giorgia Meloni la richiesta è di risolvere al più presto questi problemi interni e di affrettarsi a eleggere un leader e andare così a votare . “Dipendiamo drammaticamente dalle menate del Pd. Speriamo che non durino fino a Ferragosto. E quando sappiamo o supponiamo quando si vota, noi ci muoviamo”, ha detto il leader della Lega Matteo Salvini. Inoltre, in questi giorni è anche nato un nuovo partito, il Movimento Nazionale per la Sovranità, fondato da Francesco Storace e Gianni Alemanno. Quest’ultimo ha dichiarato che “il processo autodistruttivo che sta caratterizzando il Pd è l’indice di caos che regna nel partito. Non è solo un conflitto tra personalismi e ambizioni elettorali, ma tra le due fazioni in lotta c’è un’abissale differenza culturale e politica”.
Con Roberto Speranza e Enrico Rossi fuori sembrerebbe proprio che l’ex premier Matteo Renzi sia sicuro di vincere e di fare il Congresso al più presto, perché prima si fa e prima si vota. D’altronde, i grandi sostenitori del voto sono proprio lui, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Loro, gli unici a non ritenere “irresponsabile”, come invece crede Silvio Berlusconi, il voto in estate. La paura di molti del Partito Democratico, da Enrico Letta a Romano Prodi, è che queste tensioni deludano i cittadini e i loro elettori, aprendo così a una vera e propria “autostrada” alla Lega e al Movimento 5Stelle.