Uranio impoverito, torio, metalli pesanti, missili radioattivi. Cosa ci sia dentro e intorno ai poligoni sardi non è dato saperlo. Ma una ricerca di Annibale Biggeri, ricercatore di statistica medica dell’Università di Firenze, ha recentemente riaperto il dibattito sull’inquinamento e i pericoli delle aree militari sarde. La conclusione del ricercatore è che “i poligoni di Quirra e Teulada sono pieni di sostanze tossiche”. Una tesi che ribalterebbe le ricerche effettuate negli ultimi 15 anni dal ministero della Difesa italiano.
Nel cuore dell’Ogliastra sorge, dal 1956, il Poligono di Quirra. L’area militare occupa parte del territorio del comune di Perdasdefogu, tra il Lago Flumendosa e la costa. Ah, la costa. Una delle più belle del pianeta, secondo i viaggiatori di tutto il mondo. Ma la Sardegna paradisiaca di cui si era innamorato De André, cova da anni un male profondo, al quale ancora non è data risposta.
L’unica certezza sono le morti, sempre più numerose. Dato quantomeno singolare in un territorio studiato in tutto il mondo per l’incredibile longevità dei suoi abitanti. Patologie cardiache e tumorali che colpiscono l’apparato digerente, respiratorio e urinario.“Numeri clamorosi” secondo il docente, che ha condotto lo studio, finanziato dall’Ue, su incarico della Procura di Cagliari. A Foxi, area Alfa delle esercitazioni, l’indice di mortalità è doppio rispetto alla media e il rischio di patologie cardiache è tre volte superiore. Inaspettato inoltre il numero di tumori alla vescica nelle donne, 14 casi per una patologia molto rara, così come i casi di malattie respiratorie tra i bambini, 128.
L’indagine epidemiologica condotta dal 2000 al 2013 nei territori di Teulada e Sant’Anna Arresi rivela dati ugualmente preoccupanti.“I tumori maligni sono in eccesso e per gli uomini sono legati al colon retto (18 decessi), laringe (10 decessi), polmone (35 decessi) e prostata”. Gli stessi dati, in controtendenza con le medie nazionali, si riscontrano nelle aree militari e industriali dell’isola: La Maddalena, Portoscuso, Porto Torres, Sarroch.
La tesi dell’inquinamento pericoloso è portata avanti da anni dal deputato di Unidos Mauro Pili, con particolare riferimento al Poligono di Capo Teulada. Battaglia che gli è recentemente valsa anche una denuncia per violazione del segreto d’ufficio e procurato allarme.
Le analisi ufficiali, dai primi anni 2000,hanno infatti sempre negato l’esistenza di pericoli o valori anomali nelle aree circostanti ai poligoni, lasciando aperto l’interrogatorio sulle morti continue.
I nemici hanno cambiato nome negli anni. Prima eral’uranio impoverito, causa ufficiale di 328 morti tra i militari italiani che avevano partecipato a missioni all’estero, nei Balcani o in Iraq. Ma in Sardegna si ammalava anche chi non era mai uscito dall’isola. Così inizia l’accusa verso le miniere di Baccu Locci, comune di Villaputzu, probabile causa della diffusione di metalli pesanti. Proprio dal sindaco del comune arriva nei primi anni 2000, la denuncia di morti sospette nella frazione di Quirra. Il Ministero della Difesa affida all’Università di Siena i rilevamenti ambientali. I valori sembrano tutti regolari, al di fuori proprio dell’area mineraria, ancora ricca di arsenico, residuo delle estrazioni ottocentesche.
Una nuova indagine viene effettuata nel 2011, al termine di una gara bandita dal Ministero della Difesa nel 2007, e i risultati sono ancora una volta negativi. Nessun livello anomalo di metalli pesanti (piombo, cadmio e zinco) nei muscoli e nel fegato del bestiame macellato a Quirra, messo sotto accusa. La“Catena alimentare è sanissima” titola una nota della Regione Sardegna del 09 novembre. Una relazione stilata dai medici veterinari della Asl di Lanusei (Ogliastra) documentava però come il 65% degli allevatori che lavora intorno al poligono di Quirra fosse ammalato di tumore e molti animali nascessero con deformità aberranti.
I vuoti lasciati dalle ricerche sono coperti dalle critiche a chi attacca il territorio e tenta di rovinare l’economia sarda, nonché ai molti, troppi, soldi spesi per queste indagini. Ma le morti non cessano. Francesco Piras, 23 anni, nel suo periodo di leva a Capo Teulada raccoglieva a mani nude i bossoli sulla spiaggia, prima di ammalarsi e accorgersene quando il suo corpo era ormai pieno di metastasi. Stesso destino quello dei fratelli Murgia. Cinque su sei hanno il cancro. L’unico ad essersi salvato è partito anni fa per il Brasile. Nessuno però ha il coraggio di pensare che la colpa venga da chi, nella mente di chi abita quei territori, ha portato ricchezza e lavoro.
Con questa credenza deve combattere Domenico Fiordalisi, procuratore del Tribunale di Lanusei (Ogliastra), tra il 2008 e il 2013. Il magistrato cerca di fare luce su quelle morti sospette, facendo partire la prima inchiesta per danno ambientale all’interno di un poligono militare. L’indagine porta alla luce un’amara verità: nelle ossa dei dodici pastori morto per leucemie, viene riscontrata una quantità elevata di torio radioattivo, sostanza contenuta nei missili Milan, i più utilizzati durante le esercitazioni.Ma nessuna delle famiglie si costituisce parte civile, il processo va avanti e Fiordalisi vienetrasferito.
Queste ed altre storie sono raccontate nel volume “Silenzio di Piombo”, della giornalista Mariangela Maturi (ed. Round Robin), che denunciaespressamente il procedere delle analisi e dei rilevamenti. Ad esempio il fatto che i confronti venissero fatti tra le aree interne al poligono e quelle più prossime, che, con molta probabilità, erano ugualmente contaminate.
Il 5 gennaio 2016 è morto a Quirra un altro pastore, l’ennesimo. Roberto Vacca aveva 46 anni ed è stato stroncato da un tumore al cervello, stesso male che aveva colpito i due fratelli, all’età di 41 e 43 anni. Tutti e tre lavoravano nell’ovile di famiglia.
Il presidente della Regione Pigliaru, in una recente intervista del 4 agosto, ha lamentato l’assenza di monitoraggi ambientali e ha detto basta alle esercitazioni militari. Così aveva parlato anche il 15 ottobre scorso: “Vogliamo un riequilibrio dei vincoli militari attraverso la previsione di una progressiva diminuzione delle aree soggette a vincoli, la graduale dismissione dei poligoni di Capo Frasca e Teulada e la riconversione del poligono interforze di Quirra”.
Esattamente in quei giorni andava il scena sull’isola laTridentJuncture, la più grande esercitazione militare Nato dai tempi della guerra fredda. Missili Milan, Tow e Spike sparati da caccia, elicotteri e mezzi cingolati. La tensione a Capo Teulada è altissima e si scatenano scontritra la polizia e i manifestanti, migliaia di persone, che in modo pacifico si dirigevano verso il poligono. Dimostrazione che in Sardegna aumenta la presa di coscienza verso una verità che è sempre stato scomodo raccontare. Come testimonia la presenza di vari comitati, attivi anche nella causa contro l’esportazione delle bombe prodotte in Sardegna dalla Rmw, a Domusnovas, e destinate a Yemen e Arabia Saudita. Ma anche l’iniziativa lanciata dal principale quotidiano dell’isola, “L’Unione Sarda”, che nel settembre 2014, ha preso una posizione netta sul dibattito, e distribuito insieme al giornale la bandiera “No servitù”.
“Nell’isola si spara quasi l’80 per cento di tutte le bombe che si fanno esplodere in Italia in tempo di pace, sia da parte dell’esercito italiano che da parte dei nostri alleati. L’80 per cento dell’attività di Poligono viene svolta nella nostra Regione, nonostante vi abiti circa il 2,5 per cento della popolazione italiana. Ricordo in particolare i Poligoni di Salto di Quirra, di Capo Teulada, di Capo Frasca e di Capo San Lorenzo”. E’ quanto dichiarò nel 2006 l’ex Presidente della Regione, Renato Soru. Una verità che non ha ancora trovato risposta nelle istituzioni.
Il processo sui veleni di Quirra, portato avanti da Fiordalisi, è rimasto parziale. Il procedimento vedeva indagati 20 militari che hanno guidato il poligono interforze di Perdasdefogu dal 2001 al 2012. La Regione Sardegna si era costituita parte civile nella richiesta di danno ambientale. Richiesta rifiutata dalla Corte Costituzionale lo scorso 19 aprile. Dei venti indagati 12 sono stati prosciolti “perché il fatto non sussiste”, mentre per gli altri otto, rinviati a giudizio, regge la sola accusa di non aver impedito a pastori e bestiame di frequentare le aree in cui si svolgevano i test.