Potrebbe affondare le proprie radici direttamente nel passato, l’ultimo, eccellente, omicidio avvenuto nei dintorni di Toronto, in Canada. Un passato fatto di morti ammazzati e fiumi di droga, sull’asse che lega la regione dei grandi laghi in Ontario a quella delle vette incontaminate d’Aspromonte, in Calabria. E da quel passato, Angelo “Ang” Musitano, pensava di essersi definitivamente tirato fuori, a dieci anni dalla sua scarcerazione per avere organizzato l’omicidio di Carmen Barillaro, “underboss” del mammasantissima italo canadese Johnny “pops” Papalia, ammazzato a colpi di pistola nel 1997. Musitano era infatti balzato agli onori della cronaca quando, assieme al fratello Pat, era stato accusato di avere organizzato gli omicidi del boss più influente dell’epoca Johnny Papalia e del suo luogotenente Barillaro, entrambi legati a doppio filo al crimine organizzato di origine calabrese (da sempre egemone nella regione dell’Ontario). Durante il processo, le accuse di omicidio di primo grado nei loro confronti furono derubricate, e i due fratelli furono condannati a dieci anni di reclusione. Scontata la pena, Musitano era praticamente scomparso dall’ambiente criminale della città e di lui si erano perse le tracce: almeno fino a mercoledì scorso, quando un sicario armato con una p38 ha atteso il suo ritorno a Hamilton (ricco sobborgo a est di Toronto) e lo ha freddato con diversi colpi nel suo vialetto di casa.
Secondo le prime ricostruzioni, Musitano era stato messo sotto controllo dal suo assassino, che nei giorni precedenti all’agguato sarebbe passato più volte davanti l’abitazione che la vittima divideva con la moglie e con i tre figli, tutti presenti all’interno della villetta con giardino al momento degli spari. Un’operazione veloce quella del killer, che potrebbe avere definitivamente chiuso il cerchio aperto con l’omicidio di Papalia (in questi giorni ricorrono i venti anni dell’agguato, e le ricorrenze, nel mondo al rovescio delle coppole storte, contano eccome) e che arriva a poche settimane da altri due strani omicidi avvenuti nella regione con modalità quasi identiche. Morti ammazzati che potrebbero essere in qualche modo legati alla n’drangheta che opera da padrona da quasi mezzo secolo anche oltre oceano e, in particolare, a quel “Siderno Group” che gestisce affari criminali legati principalmente al narcotraffico tra il nord America, la Calabria e l’Australia.
L’ultimo giorno di marzo era stato Tony “the Large” Sergi, a finire sul selciato: anche in quel caso l’assassino aveva agito nell’ombra, aspettando che la propria vittima facesse ritorno a casa nel cuore della notte, e colpendolo a bruciapelo nel vialetto della sua abitazione a Woodbridge, sobborgo residenziale a nord di Toronto, dove aveva appena parcheggiato. Tony Sergi, criminale di medio rango in Canada e considerato legato al mondo del crimine organizzato era finito in galera negli anni passati per via di un gigantesco traffico illegale di marijuana che lo vedeva coinvolto. Poi, proprio a Hamilton (cittadina teatro dell’agguato a Musitano), Sergi aveva tentato di creare una sorta di cooperativa “legale” di coltivatori di erba: progetto che era finito in tribunale e che era sul punto di naufragare quando un killer lo ha fulminato in una notte di inizio primavera. Poche ore dopo l’omicidio di Sergi, ad una manciata di chilometri di distanza (siamo nel sobborgo di Vaughan), era stato invece il turno Dominic Triumbari, un altro italo canadese fulminato a colpi di pistola esplosi a bruciapelo: teatro dell’agguato, questa volta, il parcheggio davanti all’ingresso del club “Cosenza”. Omicidi mirati, quasi puliti nella loro esecuzione: nessun testimone, nessun sospettato nel mirino degli inquirenti, nessun collegamento diretto. Resta però il timore che dopo l’omicidio del boss Ciccio “the animal” Verduci (giustiziato a pistolettate nell’aprile del 2013) gli equilibri della criminalità organizzata possano continuare ad “assestarsi” a colpi di arma da fuoco.