Il posto fisso rimane un mito. Saldo al primo posto dei fattori ritenuti centrali nella società italiana. Un popolo legato a determinate certezze, ma altre (più futili) si insuano nella vita del nostro Paese. I social network, ad esempio, sono ritenuti molto importanti, tanto da accaparrarsi il secondo posto nella classifica stilata dal Censis in occasione della presentazione del Rapporto sulla situazione sociale 2017. Ma non solo. Smartphone e selfie entrano a far parte a pieno titolo delle necessità degli italiani alla stregua di una casa di proprietà o la cura del corpo. E così viene fuori un ritratto complesso dell’italiano inebriato dal web e sempre più vittima di false notizie: quasi come una maledizione per aver abbandonato la lettura dei libri e il cinema.
E dunque, spiega il Censis, “Tra i fattori ritenuti centrali nella società di oggi al primo posto si trova ancora il posto fisso con il 38,5% delle opinioni, seguito però dai social network (28,3%), poi dalla casa di proprietà (26,2%) e dallo smartphone (25,7%): le prime quattro posizioni riproducono in mix inestricabile tra valori tradizionali e icone della contemporaneità. Segue l’attenzione alla cura del corpo (22,7%), poi i selfie (18,9%), che vengono prima del possesso di un buon titolo di studio come garanzia per riuscire socialmente (14,4%) e dell’acquisto dell’automobile nuova (10,2%)”. Insomma, una miscela da interpretare in una scala di valori quasi stravolta. In tutto questo si inseriscono altri dati che restituiscono nettamente le modifiche (a volte anche sostanziali) che sono avvenute nella nostra società. Come ad esempio l’utilizzo dei media “decisivi nella formazione del nuovo immaginario collettivo”, si legge nel rapporto, con “la televisione si trova al primo posto con il 28,5% delle risposte, subito dopo internet (26,6%) e i social network (27,1%). Sommando i due dati si arriva complessivamente al 53,7%”. Ma anche questa classifica è possibile rileggerla se si analizzano le fasce d’età.
Il cinema si ferma al 2,1%
“Tra i più giovani – specifica il Censis – internet e i social network si attestano insieme al 56% e nella fascia d’età 30-44 anni addirittura al 66,6%, con la tv relegata al 16,3%. Con l’avanzare dell’età cresce l’influenza esercitata dai media più tradizionali, con la tv al 48,9% nella fascia tra i 65 e gli 80 anni. Scarsa è l’influenza esercitata da tutti gli altri media: il cinema si ferma al 2,1%”. Il grande schermo, dunque, avrebbe perso il suo fascino, relegando la settima arte ad un’attività di nicchia.
Ma se Atene piange, Sparta non ride. Anche la tv, secondo il rapporto Censis, ha subito una flessione nel gradimento degli italiani. “Nel 2017 la tv tradizionale (digitale terrestre) cede qualche telespettatore (il 92,2% di utenza, con una riduzione del 3,3% rispetto al 2016) – dice il Censis – La tv satellitare si è stabilizzata intorno a quote di utenza che si avvicinano alla metà degli italiani (il 43,5% nel 2017), cresce la tv via internet (web tv e smart tv hanno il 26,8% di utenza, +2,4% in un anno) ed è decollata la mobile tv, che ha raddoppiato in un anno i suoi utilizzatori (passati dall’11,2% al 22,1%)”.
Anche la magia della radio tradizionale lascia qualcosa sul terreno (perde 4 punti percentuali di utenza) scendendo al 59,1% di italiani radioascoltatori. La flessione, però, “è compensata dall’ascolto delle trasmissioni radio via internet attraverso il pc (utenza al 18,6%, +4,1% in un anno)”. E anche se l’autoradio rimane sempre lo strumento preferito dagli italiani per ascoltare le trasmissioni che vanno in onda in diretta (utenza al 70,2%), lo smartphone è utilizzato dal 69,6% (la quota era solo del 15% nel 2009).
Cresce internet
Insomma, internet spadroneggia potentemente anche in questo settore. Nonostante la cresita del web abbia rallentato il ritmo, prosegue inesorabile la sua corsa tanto che “nel 2017 ha raggiunto una penetrazione pari al 75,2% degli italiani, con una differenza positiva dell’1,5% rispetto al 2016”. La Rete può tutto, o quasi, e lo dimostra l’utilizzo di piattaforme che diffondono servizi digitali video e audio, come Netflix o Spotify, che rappresentano la grande novità. “Oggi – prosegue il rapporto – l’11,1% degli italiani guarda programmi dalle piattaforme video e il 10,4% ascolta musica da quelle audio”.
I giornali continuano a soffrire
Quelli che perdono inesorabilmente terreno, invece, sono i giornali che “continuano a soffrire per la mancata integrazione nel mondo della comunicazione digitale: oggi solo il 35,8% degli italiani li legge. Per i periodici nell’ultimo anno si è registrata una piccola ripresa, sia dei settimanali (il 31% di utenza, +1,8%), sia dei mensili (il 26,8% di utenza, +2,1%)”. Ma oggi meno della metà della popolazione (il 42,9%) legge libri (nel 2007 il dato si attestava al 59,4%). Il ruolo degli e-book resta poco incisivo (dal 2,9% di utenza nel 2007 al 9,6% nel 2017).
Tornando a internet, il Censis fa notare che “gli utenti di WhatsApp (il 65,7% degli italiani) coincidono praticamente con le persone che usano lo smartphone, mentre circa la metà degli italiani usa i due social network più popolari: Facebook (56,2%) e YouTube (49,6%). Importante è il passo in avanti compiuto da Instagram, che in due anni ha raddoppiato la sua utenza (nel 2015 era al 9,8% e oggi è al 21%), mentre Twitter resta attestato al 13,6%. Parallelamente alla diffusione su larga scala dei device mobili, insieme all’ampliamento delle attività che si possono svolgere grazie ad app e siti web con un notevole risparmio di tempo e di denaro, negli ultimi anni i comportamenti degli adulti di età compresa tra i 30 e i 44 anni sono diventati sempre più simili a quelli degli under 30”.
Ecco cosa fanno gli italiani sul web
La quota degli italiani utenti di internet che guardano film online aumenta di oltre 4 punti percentuali rispetto al 2015, passando dal 19,5% all’attuale 24%, spingendosi fino al 47,4% nel caso degli under 30. Anche ascoltare la musica attraverso il web è una pratica comune al 39,4% degli utenti (tra gli under 30 si sale al 59,9%). Tra le abitudini che si vanno consolidando ci sono le telefonate attraverso le connessioni web (22,9%). Il 54,2% degli internauti usa la rete per trovare una strada o una località, la ricerca di informazioni su aziende, prodotti e servizi coinvolge il 52,7%. Il 37,7% degli utenti di internet fa e-commerce (7 punti percentuali in più in due anni), il 39,7% l’home banking. Decidere dove passare le vacanze è un’attività realizzata con l’ausilio della rete dal 15,8% degli internauti, il 6,5% in più rispetto a due anni fa. Crescono, anche se in maniera non ancora soddisfacente, gli utenti che hanno sbrigato pratiche con uffici pubblici attraverso un clic: passano dal 12,4% del 2015 all’attuale 14,9%. Prenotare una visita medica usando il web non è ancora invece una prassi abituale: solo l’8% degli utenti di internet lo fa (ma erano appena il 5,1% nel 2015).
Fake news e post-verità
E finalmente siamo arrivati al testo dolente. Anche il rapporto del Censis analizza il tema (spinoso) delle bufale online. “Gli italiani che leggono regolarmente i quotidiani a stampa per informarsi durante la settimana si sono ridotti al 14,2% nel 2017 (e ad appena il 5,6% tra i giovani). Al contrario – si legge – i social network hanno registrato una forte espansione anche come fonti di informazione: Facebook è utilizzato dal 35% degli italiani (e la percentuale sale al 48,8% tra i giovani). In effetti, nel giro di quindici anni le copie di quotidiani vendute giornalmente sono passate da quasi 6 milioni, nel 2000, a meno di 3 milioni, nel 2016, con una perdita di oltre il 50%. Ma i tg restano ancora il mezzo d’informazione più utilizzato dagli italiani (60,6%). Poi ci sono i motori di ricerca su internet, come Google, che vengono utilizzati dal 21,8% della popolazione per informarsi, e YouTube (12,6%). A più della metà degli utenti di internet italiani è capitato di dare credito a notizie false circolate in rete (spesso al 7,4%, qualche volta al 45,3%, per un totale pari al 52,7%). La percentuale scende di poco, anche se rimane sempre al di sopra della metà, per le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i più giovani, che dichiarano di crederci spesso nel 12,3% dei casi. Per tre quarti degli italiani (77,8%) quello delle fake news è un fenomeno pericoloso. Soprattutto le persone più istruite ritengono che le bugie sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e che favoriscono il populismo (69,4%)”.
Tutta colpa della “dieta mediatica”
“La flessione nella lettura dei libri e gli squilibri di una dieta mediatica povera di stampa. I lettori di libri a stampa, che nel 2013 erano il 52,1% della popolazione, sono scesi nel 2017 al 42,9%. Il 9,6% degli italiani legge gli e-book: sono in aumento rispetto al 5,2% del 2013, ma non abbastanza. Nel 2006 ad avere una dieta mediatica povera di stampa era il 33,9% degli italiani, mentre nel 2017 il dato è salito al 55,1%. Ciò significa che si sta perdendo sempre di più la capacità di decodificare un testo scritto che richiede dosi di attenzione prolungata nel tempo, esclusività percettiva, consequenzialità logica. Questo è ancora più evidente se si considera che sono aumentate le persone che usano tutti i media, compreso internet, ad eccezione dei mezzi a stampa, passate in dieci anni dal 5,7% al 34,5% del totale. A sostenere l’editoria in Italia sono soprattutto le donne, in particolare quelle più istruite, con il 61,7% di lettrici diplomate o laureate”.