Acchiappi Pikachu e passa la paura o forse la malattia. L’applicazione per smartphone Pokémon Go sembra stia trascinando fuori dalle loro case persone di solito restie a lasciare le mura domestiche. Tra loro anche chi è affetto da disturbo dello spettro autistico. Una patologia molto seria che colpisce in Italia un bambino su 100, compromettendone le capacità di comunicazione e d’interazione sociale.
Dall’Olanda è rimbalzata negli ultimi giorni la notizia degli effetti terapeutici della caccia ai mostriciattoli giapponesi sui pazienti autistici in carico presso un istituto di cura dell’Aja. Un infermiere racconta che un degente, poco incline a mettere piede fuori dalla sua stanza, avrebbe camminato per 33 km nel tentativo di catturare Squirtle e i suoi fratelli. “Gli autistici hanno bisogno di concretezza: più strumenti di astrazione gli metti in mano, più rischiano di fissarsi sulla realtà virtuale”. Ne è convinto Gianluca Nicoletti, giornalista e scrittore che ha rilanciato in rete lo studio proveniente dai Paesi Bassi, nonché padre di un ragazzo autistico: Tommy. Sul loro rapporto Nicoletti si è messo a nudo in un libro che testimonia le difficoltà nell’essere genitore di un figlio che non ti ha mai chiamato “papà” e gli sforzi necessari a proteggerlo dal mondo esterno.
Uno studio pilota o un semplice report, come quello olandese, non bastano dunque a dimostrare gli effetti benefici della pokémon-terapia. “Se non ci sono indicazioni o linee guida internazionali, si tratta solo di un gioco che sottrae il bambino alla vita reale. Qualsiasi studio dev’essere testato in maniera professionale su un numero consistente di pazienti”, spiega il pediatra Giovanni Ghirga, impegnato con l’associazione Medici per l’ambiente negli studi sulle eventuali concause di tipo epidemiologico nei piccoli affetti da autismo. “Questi giochi vanno usati con cautela perché a volte presentano dei suggerimenti subliminali, come l’acquisto di sostanze alcoliche vietate per i minori. Inoltre possono creare ansia e aggressività nel momento in cui il bambino non riesce a raggiungere lo scopo: catturare l’animaletto”. L’American Pediatric Association si è già espressa al riguardo, sconsigliando vivamente alle famiglie l’utilizzo dell’App oltre le due ore al giorno, in un paese dove negli ultimi due anni il disturbo comportamentale ha avuto un boom del 30% nelle diagnosi a livello nazionale.
“La pokémon-terapia è ridicola ma sul fenomeno in sé non faccio parte né degli entusiasti né di quelli che lo disprezzano”, riprende Nicoletti, che è stato uno dei primi ad occuparsi degli effetti di un altro videogioco innovativo, ma con minor riuscita a livello commerciale, Second Life. “Pokémon Go è molto più semplice e immediato anche se a lungo andare lo trovo un po’ noioso – continua il giornalista – però è un’opportunità per sfruttare finalmente quegli strumenti di condivisione di cui abbiamo sempre parlato, come le mappe per la geolocalizzazione e la realtà aumentata”. Servirà a consolidare l’idea che tutto è tracciabile? “Sì, avremo edifici, locali, negozi delle nostre città taggati: un processo inevitabile ma sfruttabile nel ricevere e inviare informazioni all’interno della comunità digitale”. Un’applicazione che sembra destinata a diventare una gallina dalle uova d’oro, ad esempio, in campo turistico al fine di invogliare i clienti all’acquisto di prodotti o nell’accedere ai servizi. “TripAdvisor dovrà per forza dotare i locali di realtà aumentata. Io potrò andare su un posto e vedere al di là di quello che c’è e poi scegliere. Inoltre gli esercizi commerciali faranno a gara per avere nel loro negozio i pokémon più rari”. Giovani e meno giovani la caccia agli animaletti è aperta.