“Abbiamo una cosa per lei, da parte di tutti noi”. Ogni ambiente umano va vissuto almeno una volta per essere compreso. Quello militare, con le sue tradizioni e le sue sfaccettature, merita maggiore attenzione e un coinvolgimento professionale più ampio. Ecco allora che, in una calda settimana di giugno, ti ritrovi in Friuli a Casarsa della Delizia, provincia di Pordenone, lungo la pista di un aeroporto intitolato a “Francesco Baracca”, asso della caccia italiana. Niente aerei di linea nè Eurofighter pronti a decollare su allarme e elicotteri, tanti elicotteri e di ogni tipo: dagli A-129 “Mangusta” (per operazioni di supporto e attacco), ai multiruolo NH-90 (un pezzo di storia dell’aviazione), fino all’AB-205 “Huey”, reso celebre dalla filmografia sulla Guerra del Vietnam. Il presente, ricevuto dalle mani del maggiore pilota Corba, è una pregevole tavola con gli “eroi” dell’Aves disegnati dall’artista Giorgio Ciancia: AB-205 e A-129 Mangusta, accompagnati da una dedica del colonnello Stefano Angioni, comandante del 5° Rigel. Arte che segna l’epilogo di una due giorni intensa vissuta insieme alle unità che hanno preso parte all’Aeromobile Permanent Training I 2017.
La maxi esercitazione, in due settimane ha coinvolto 18 elicotteri e circa 600 soldati di vari reparti per “testare e validare le attuali tecniche, tattiche e procedure operative per la pianificazione e la condotta di diverse missioni aeromobili focalizzate principalmente all’impiego congiunto e sincronizzato di capacità operative espresse dalla sinergia tra assetti del 66° Reggimento Fanteria Aeromobile “Trieste” e gli elicotteri multiruolo NH-90 e da esplorazione e scorta A-129 Mangusta del 7° Reggimento AVES “Vega” e del 5° Reggimento AVES “Rigel”, come viene spiegato.
In volo, cinture strette in vita, spalla a spalla con un plotone pronto a entrare in azione, percorriamo in pochi minuti i 40 chilometri che separano Casarsa dal poligono di Osoppo. Siamo nella pancia di un Chinook CH-47, eli-trasporto tattico che ha scritto pagine gloriose nella storia dell’aviazione militare, rivelandosi macchina vitale per operazioni di ogni sorta: dalle giungle del sud-est asiatico, alle sabbie irachene fino all’Afghanistan. Un volo a bassa quota che, tuttavia, non impedisce all’occhio di godere dello spettacolo del grande fiume che scorre alcune centinaia di metri più in basso, in molti tratti ridotto a un rigagnolo dal forte caldo. Poi l’atterraggio in una radura, l’erba che si abbassa spinta in giù dalla potenza dei rotori e i soldati che corrono verso arbusti che fungono da riparo.
Il plotone avanza fino a un un blindato che, secondo lo schema del war game, è stato centrato da un colpo di RPG. Colpi di fucileria: è il contatto con le “forze ostili”, un nemico che non ha nome, né un paese d’origine. Perché i contesti nei quali le unità possono essere dispiegate sono molteplici, dalle emergenze internazionali a quelle circoscritte al territorio patrio. Termine generico per indicare l’avversario quindi, ma idee ben chiare sul da farsi: perimetro di sicurezza, tentativo di aprire le porte del veicolo, richiesta di soccorso. Nel cielo si muovono e danno copertura i Mangusta, mentre due NH-90 raggiungono il meeting point con la truppa: nessuno, dagli equipaggi ai comandanti di plotone, ha ricevuto dettagli sullo scenario di intervento, poiché per essere realistica l’esercitazione necessita che chi opera sappia gestire la situazione grazie alle competenze acquisite e all’addestramento ricevuto.
Tutto va per il meglio: il “ferito” è recuperato e trasportato alla base, dove staff di reparti diversi si coordinano per fornire il supporto alle operazioni. Fra loro, militari armati di Ipad dalla cover corazzata e con montata Safe Strike, app che ha dell’incredibile: “L’applicazione tattica militare per JTACs (Joint Terminal Attack Controller, ndr), osservatori a termine e operatori laser. Sul vostro smartphone o tablet” si legge sul sito di Rebel Alliance, l’azienda toscana che l’ha programmata. Ipad e app: strumenti semplici, d’uso comune. Ma in questo caso si rivelano anche essere piattaforme indispensabili per il coordinamento con le forze in campo. Strano vero? Ti aspetteresti di trovare chissà quale mega apparecchiature fra le tende comando e, invece, c’è quello che anche chiunque potrebbe avere nella sacca.
Una formazione hi tech, sotto l’egida attenta di ufficiali che sembrano manager aziendali ,come il comandante della Brigata Aerea “Friuli” Salvatore Annigliato, il quale, malgrado i tanti impegni, tiene a conoscere il giornalista che sta visitando la base: “I tempi che ho sono strettissimi ma, se ne ho occasione, non manco di scambiare due parole coi miei ragazzi. E’ quello che gli inglesi chiamano elevator speech, il discorso dell’ascensore: una manciata di secondi insieme e la capacità di uno di essere sintetico e dell’altro di cogliere il senso delle sue parole. Sono due settimane che ci addestriamo, con ritmi serrati e sotto stress. Uomini e donne che comando sono stanchi, vero, ma si sono comportati egregiamente: in fondo, il nostro compito è quello di educarli, intervenendo quando c’è qualcosa da correggere ma senza umiliare nessuno. E loro, sono stati davvero bravi!”. Professionalità condita da un’umanità che fa apparire Annigliato molto lontano dall’iconografia bellica sulla quale Hollywood ha costruito parte della sua fortuna: non un eccentrico e autoritario generale alla Patton e alla Mc Arthur, dunque, ma una persona in apparenza semplice, discreta e di basso profilo, capace poi di coinvolgerti e motivarti con parole ben indirizzate e con il sorriso stampato in faccia.
Il mondo del soldato Sì, perché per vivere e per capire il mondo militare si deve per prima cosa imparare a confrontarsi con il professionista della Difesa, cercando di cogliere gli elementi più importanti e significativi di quel processo di trasformazione che, nel corso di 20 anni, ha investito le Forze Armate spingendole a evolversi dalla coscrizione alla ferma volontaria. Lo studio e la preparazione di quadri e truppa, l’inclinazione a seguire e a non perdere mai di vista l’evoluzione continua della Societ. E ancora, un’autorevolezza che si costruisce più con l’esempio, con il lavoro, con la dedizione e con la preparazione che non con ordini gridati e punizioni paventate per ottenere obbedienza. Sono queste le fondamenta del mondo militare moderno.
I due giorni di APT sono stati, quindi, un’opportunità importante sia per descrivere il lavoro, duro e impegnativo, dei nostri soldati, sia per avvicinarsi un pò di più a una parte d’Italia che non si conosce ancora bene. E poi ci sono le riflessioni che vengono annotate in un taccuino appoggiato al muro colorato dell’asilo della caserma: “Il Rigel fu il primo reggimento in Italia ad avere un luogo per i figli del personale qui in servizio. L’asilo, nato nel 2008, dispone di circa 49 posti destinati anche ai militari di altri reparti e, in accordo col Comune di Casarsa, ad alcuni civili”, spiega il maggiore Corba, mentre una soldatessa varca l’uscio con il bimbo in braccio. Un’attenzione ai temi del sociale che non ci si aspetta di trovare fra le mura di una caserma. L’iniziativa garantisce equilibrio e serenità a chi ha figli e lavora.
Perchè non è stata mai pubblicizzata? Discrezione, potrebbero rispondere loro. Disattenzione dei media, viene da pensare ricordando quante volte gli organi di informazione tendano più ad evidenziare i difetti del comparto difesa, che non i suoi meriti. Asilo in testa.