Nuovo PCI, vecchie BR e antisemitismo come collante per le masse di immigrati.
Fino dalla sua costituzione datata febbraio 1999, la formazione del “Nuovo Partito comunista italiano”, a livello di terminologia utilizzata, appare come una riedizione delle vecchie Brigate rosse, sia per il gergo utilizzato sia per i riferimenti ideologici sia anche per la finalità di un’instaurazione di un “governo di blocco popolare”.
Il copione già scritto e vissuto, ancorché fallito delle citate Brigate rosse, prevedeva la costituzione di un “partito armato” finalizzato a propagandare la rivoluzione allo scopo di abbattere gli ordinamenti politici, economici e sociali dello stato italiano, instaurando uno stato socialista alla stregua della Cina e dell’URSS.
Infatti, ad accomunare gli appartenenti al cosiddetto nucleo storico delle BR era l’ideologia marxista-leninista, nella versione della Terza internazionale, rinvigorita dall’analisi maoista.
Nel 1970, alcuni universitari di Trento e Reggio Emilia decisero, quindi, di porre le basi per la creazione di un’organizzazione clandestina che avesse come base di reclutamento i mondi, non certo affini, del proletariato, rappresentato dalla cd. Classe operaia, e quello degli studenti. In affinità con il modus operandi delle “basi ideologiche e strumentali” delle vecchie BR, le regole stabilite dagli pseudo rivoluzionari della sinistra eversiva sono state alla base di quanto sinora propagandato dal CARC (il Comitato di Appoggio e alla Resistenza per il Comunismo), per l’occasione tramutatosi nel nuovo Partito Comunista Italiano, incorporando alcuni dei membri più anziani, politicamente ideologizzati nel tempo, e reclutando tra gli universitari, alcuni sindacalisti e, soprattutto, creando i presupposti per un coinvolgimento delle masse di immigrati ponendo come trampolino di lancio la teoria del “complotto sionista globale”, la “resistenza palestinese” e l’antisemitismo mascherato da antisionismo.
La “massa di manovra” necessaria idonea ad “alzare il livello dello scontro” contro il “regime totalitario al potere”, tanto per creare un parallelismo tra il gergo tanto caro alle vecchie BR e riproposto dai neo-comunisti rivoluzionari, sebbene con qualche sporadica riproposizione idonea a mantenere un linguaggio “non troppo audace”, dovrebbe essere utilizzata allo scopo di seguire un programma basato su sei essenziali punti chiave quali:
“- Economia e lavoro: promuovere la centralità del conflitto tra capitale e lavoro, con l’obiettivo di unire e organizzare la classe lavoratrice;
– Politica estera: impegno affinché l’Italia ripudi la guerra, promuova la pace e la cooperazione multilaterale tra le nazioni, in particolare nella regione mediterranea;
– Diritti civili e sociali: sostenere le lotte ambientaliste, antirazziste, di genere e per i diritti civili;
– Parità di genere: sostenere la partecipazione delle donne alla vita di partito e nelle istituzioni, garantendo la parità di genere;
– Uscita dalla NATO: proporre l’uscita dell’Italia dalla nato e il ritiro delle truppe italiane da tutte le missioni NATO e ONU;
– Riconoscimento della Palestina: sostenere il pieno riconoscimento dello Stato di Palestina.”
In realtà, gli obiettivi cardine del nuovo PCI, non si distanziano molto dalle attuali realtà partitiche, se non fosse che tali argomentazioni potrebbero essere democraticamente discusse e, semmai, riproposte in altra chiave, nelle opportune sedi parlamentari.
Da qui la domanda che sorge spontanea: qual è la necessità impellente di creare sovrastrutture rappresentative, a livello politico, che vogliano non proporre, ma imporre, la loro ideologia?
Inoltre, a confutazione di quanto fedelmente riportato, liberamente tratto da fonti aperte, occorre ricordare che proprio il partito dei CARC, seppur distinguendosi nettamente dalle BR, nel 1999 fu oggetto di indagini svolte dall’Antiterrorismo sulla base delle quali diversi militanti vennero accusati di avere legami con le “Nuove Brigate Rosse”, successivamente smantellate in toto, ma il processo si concluse con il “non luogo a procedere”.
Da qui, rileggendo i documenti proposti all’epoca dalle BR, comunicati e risoluzioni strategiche, e comparando gli stessi con gli “Avvisi ai naviganti” promulgati dal nuovo PCI, si nota una notevole affinità di linguaggio, pur nella critica che gli aderenti al nuovo PCI rivolgono ai brigatisti colpevoli di non avere concluso il processo di “ricostruire il partito comunista tramite la propaganda armata”, quindi di avere fallito nella conquista del potere e l’instaurare di uno stato realmente socialista.
Si denota, di fatto, un certo allontanamento dalle posizioni delle BR allorquando, storicamente, i brigatisti si trovarono in condizioni di criticità esistenziale avendo fallito i tentativi, fino ad allora pacifici, di creare proselitismo nelle scuole, di avere perduto la battaglia per l’occupazione,e di essere stati isolati nelle realtà del movimento operaio. Solo allora le BR si trovarono sulla soglia di un percorso solitario e senza ritorno. Quello dell’attacco totale allo stato nella sua composizione eterogenea composta da governo e opposizione, sistema e antisistema, partiti di massa e gruppi extraparlamentari.
Da qui il salto verso la lotta armata, passando per la mobilitazione del sottoproletariato e la ricerca di vie di finanziamento anche violente. I loro propositi para-politici sono i medesimi, ma la metodologia subisce una notevole sterzata. La clandestinità diventa totale, l’atto di guerra dichiarato, e a tal punto si apre una discussione tra ideologi e guerriglieri, fra “politici” e “militari”, fino a consumare un netto distacco tra le diverse vedute dell’atto rivoluzionario.
Prende forma il partito combattente, nel quale la Direzione strategica assume il controllo delle forze. Quelle “regolari”, composte dai quadri più maturi di maggiore esperienza che la lotta armata ha prodotto, quelle completamente clandestine nelle quali i militanti hanno tagliato ogni genere di legame con la legalità. Quelle “Irregolari” che rappresentano un carattere strategico, ma i cui militanti vivono nella completa ed essenziale legalità, la loro è una clandestinità di organizzazione ma non personale. Entrambe le componenti godono comunque di parità di diritti e doveri per far vivere la linea politica generale dell’organizzazione. Per tale motivo anche i militanti delle “forze irregolari” possono essere chiamati a fare parte della Direzione strategica.
Le Forze irregolari sono organizzate in cellule di fabbrica e di fronte. L’insieme di cellule costituisce una brigata. Ogni singola cellula deve essere composta da tre unità combattenti e non deve superare le cinque unità ed è rappresentata da un comandante che la collega al livello superiore.
Tanto, in estrema sintesi, ripropone gli obiettivi dell’organizzazione “BR” e la sua composizione.
Ma veniamo ad oggi e ai bellicosi propositi del nuovo PCI.
Trattando di eventi che attualmente ci vedono come protagonisti non belligeranti, la crisi in atto in Medio Oriente, ancora più del conflitto russo-ucraino, rappresenta la tematica più discussa, sia a livello massmediatico che sui vari social media e relative piattaforme di comunicazione.
Il 7 ottobre scorso, come tutti sappiamo, i terroristi di Hamas si sono resi responsabili di un vero e proprio genocidio diretto alla popolazione civile residente nei territori di confine con la Striscia di Gaza.
Il massacro costò la vita di circa 900 persone, per lo più anziani, donne e bambini, mentre altri 250 civili furono soggetti a sequestro.
La legittima reazione di Israele contro le formazioni terroristiche, è stata oggetto, negli ultimi mesi, di una campagna diffamatoria e accusatoria senza precedenti.
In numerosi casi molti interlocutori hanno inteso manifestare un antisionismo di facciata che in realtà cela un sentimento dilagante di antisemitismo o, se vogliamo, semplicemente anti-israeliano.
A questi è bene ricordare che Israele, dal 1948, non si è mai reso responsabile di un’aggressione proditoria contro un altro Paese, ma ha semplicemente risposto ad aggressioni altrui, riuscendo nell’impresa di concludere vittoriosamente tutti i conflitti provocati dall’arroganza dei paesi arabi confinanti.
A fronte di questi indiscutibili eventi, le manifestazioni di piazza si sono sprecate, pur non ottenendo il seguito anelato.
L’eccezione è fornita dalla ricorrenza del massacro del 7 ottobre 2023, una data impressa nelle menti di ognuno di noi, ma anche in quelle “impavide” degli strenui sostenitori di cause perse, sempre schierati dalla parte sbagliata.
Dunque, l’astuzia delle menti non-pensanti, ha inteso convocare alcune manifestazioni contro “il genocidio in corso a Gaza”(…), non per il prossimo 7 ottobre, una data troppo scomoda, ma per il 5 dello stesso mese.
A fronte delle comunicazioni inviate alle diverse Questure, il ministro Piantedosi ha opposto il divieto con la motivazione, più che giustificata, del rischio di turbative dell’ordine pubblico e dell’apologia del terrorismo pro-palestiniano.
I gruppi e gruppuscoli sinistrati, così come quelli legati all’anarchismo insurrezionalista, rispondendo ai rispettivi burattinai, hanno subito fatto fronte comune nel comunicare che “ogni divieto verrà infranto” e le manifestazioni avranno ugualmente luogo.
A tal punto, intendiamo riportare in versione integrale, l’ultimo comunicato apparso sul website del nuovo Pci, allo scopo di evidenziare il pensiero delirante che tale formazione pseudo rivoluzionaria intende propagandare:
“È necessario sfidare, da subito, i divieti minacciati da Piantedosi e richiesti a gran voce dagli agenti dell’Entità sionista!
Utilizzare la denuncia nominativa contenuta nell’Avviso ai Naviganti 145 per mobilitare le masse popolari contro organismi e agenti dell’Entità sionista operanti in Italia!
“Il 7 ottobre 2023 dalla striscia di Gaza la Resistenza palestinese ha mostrato che è possibile colpire lo Stato sionista d’Israele e ha smentito la fama della sua invincibilità con cui la Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA-NATO, sionisti ed europei cerca di soffocare la lotta del popolo palestinese. Per questi motivi dall’8 ottobre 2023 in poi la violenza genocida dello Stato sionista si è palesata ancor più ferocemente di quanto non lo avesse fatto dalla sua autoproclamazione (maggio 1948) ad oggi…
Nessun divieto è accettabile per la manifestazione indetta il 5 ottobre a Roma e vanno violate le restrizioni minacciate dal Ministero dell’Interno qualora fossero confermate!”
“Dobbiamo alzare di tono e di livello la mobilitazione in corso attraverso le forme più disparate di attivismo e solidarietà con il popolo palestinese, usando la lista di agenti dell’Entità sionista e di loro collaboratori che il (n)PCI ha diffuso con l’Avviso ai Naviganti 145 e che è disponibile in versione aggiornata e arricchita grazie alle segnalazioni che abbiamo ricevuto. Dobbiamo mettere in campo tutte le iniziative utili a prevenire i divieti minacciati, per aggirarli o violarli. Di seguito indichiamo le forme di mobilitazione che è possibile mettere in campo: alcune di esse sono già attuate da organismi operai e popolari e si tratta di estenderle; altre non sono ancora attuate principalmente perché implicano la violazione della legalità imposta dalla classe dominante. Messe in sinergia tra loro, le forme di mobilitazione sotto indicate contribuiscono a rafforzare la lotta in solidarietà al popolo palestinese e a rendere ingovernabile il paese ai vertici della Repubblica Pontificia e alle sue autorità.
7) Effettuare attacchi informatici contro i siti, i database e le reti delle aziende, dei media e dei giornalisti che collaborano con lo Stato sionista d’Israele: in Italia esistono centinaia, probabilmente migliaia di persone che hanno le capacità informatiche necessarie a realizzare tali attacchi con le dovute accortezze per non farsi individuare. Facciamo appello agli hacker e a tutti gli esperti informatici perché effettuino attacchi informatici in solidarietà con il popolo palestinese e come forma di boicottaggio concreto delle attività dei sionisti in Italia.
8) Estendere e rafforzare le azioni militanti contro le installazioni militari USA-NATO in Italia, che costituiscono la struttura logistica di buona parte delle operazioni militari della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti a sostegno dello Stato sionista di Israele: spionaggio, trasporto di armamenti, addestramento, ecc.”.
Agli estensori di tale delirante comunicato, occorre ricordare che l’incitamento a violare le Leggi, l’apologia del terrorismo, le minacce, e l’istigazione a delinquere costituiscono reati perseguibili d’ufficio e le manifestazioni non autorizzate non possono avere luogo e, nel caso di aggregazione spontanea, si è assoggettati alla smobilitazione dell’assembramento da parte delle Forze dell’ordine. Non varrà quindi la pena di versare lacrime il giorno dopo, se si intende sfidare l’ordine costituito la reazione dello Stato sarà più che legittima.
Se poi il nuovo PCI rappresenta semplicemente uno specchietto per le allodole atto a mascherare una reale formazione di un’organizzazione rivoluzionaria clandestina, la stessa oggi, nel 2024, non avrebbe alcuna ragione di esistere ed operare se non in concorso con forze esterne che rischiano di minarne le basi ideologiche.
E, un altro suggerimento diretto ad “Ulisse”, il vostro capo-popolo. Potevi anche utilizzare un alias meno noto agli analisti. In questo modo l’intera propagandata clandestinità della vostra formazione non ha ragion d’essere. Ciao Ulisse, salutaci Penelope!