Stavolta, a premere il tasto canc della tastiera è stato il Tribunale di Genova: il niet di Beppe Grillo datato 14 marzo rispetto alla vittoria di Marika Cassimatis alle comunarie di Genova si è infranto in modo clamoroso proprio nel capoluogo ligure, da dove il leader del Movimento 5 stelle, dietro al suo pc, detta minuziosamente la linea nazionale e locale della sua creatura politica.
Le “regole non chiare” e il “dirigismo nella conduzione politica del partito”, caratteristiche uscite allo scoperto e denunciate spesso in episodi analoghi in tutta Italia hanno, stavolta, trovato il sostegno dei magistrati che, aprendo di fatto la strada a un clamoroso precedente, gettano nel caos le prossime consultazioni per scegliere il sindaco di Genova. Nonostante si tratti, infatti, di una pronuncia in via cautelare, vi è il rischio, per il movimento che fa della trasparenza e delle democrazia telematica il proprio mantra, oltre che un baluardo nei confronti dei “caminetti” del Pd e soci, che la via intrapresa dai giudici metta a repentaglio l’equilibrio precario tra i numerosissimi gruppetti che ruotano intorno a Grillo. E, cosa ancor più grave, potrebbe determinare l’impossibilità per il M5S di presentarsi alle prossime comunali di Genova.
Il Tribunale legittima la candidatura della Cassimatis nel M5S
Il Tribunale, infatti, ripristinando la validità dei risultati seguiti alla consultazione online, assegna di fatto alla Cassimatis la legittimità a porsi di fronte all’elettorato quale candidata ufficiale del M5S, pur in presenza di una diversa titolarità del simbolo, che, secondo una abile manovra dello stesso Grillo, appartiene a un’organizzazione distinta dal M5S. Insomma, per ora l’unica arma a disposizione di Grillo, sempre che il responso cautelare venga confermato, sarebbe proprio quella di non concedere il simbolo alla candidata, correndo così il rischio di non presentarsi a Genova: una vera e propria sciagura considerando il valore strategico della città nello storytelling grillino.
Al di là di come evolverà questa vicenda, per la prima volta un giudice ha posto un forte limite alla discrezione di selezione e di votazione nelle procedure telematiche del Movimento 5 stelle, da molti anni ormai oggetto di forti critiche e di accuse di brogli. Non solo. Gli stessi motivi della sospensione della Cassimatis (a quanto pare un like a un post di un altro “eretico, Federico Pizzarotti“) potrebbero, di fatto, indurre Grillo a una maggiore cautela nel prossimo futuro.
Come era facilmente prevedibile, insomma, non basta non chiamarsi partito per sottrarsi alle normali regole di un partito. E soprattutto non basta non fare i gazebo per sottrarsi alle regole che, nei gazebo, determinano spesso la vittoria (o la non vittoria) dei candidati dell’establishment. Una lezione sonora che Grillo, volente o nolente, dovrà imparare. Molto velocemente.