Il caso delle uniformi ai militari in congedo arriva in Senato. Ieri, infatti, è stata presentata un’interrogazione a risposta scritta da parte della senatrice Isabella Rauti e rivolta al ministro della Difesa. L’Unuci, Unione nazionale degli ufficiali in congedo d’Italia, era insorta all’indomani della diffusione da parte dello Stato Maggiore della Difesa, nella persona del suo massimo vertice, il Generale Enzo Vecciarelli, della direttiva “Regolamento per la disciplina delle uniformi (SMD-G-010)”, Edizione 2019, approvata in data 29 aprile 2019 e firmata in data 4 dicembre 2019.
Contro questa nuova regolamentazione, l’Unuci aveva annunciato sin da subito l’intenzione di intraprendere “ogni iniziativa, sia autonomamente, sia in coordinazione con altre Associazioni d’Arma al fine di esercitare le dovute e necessarie pressioni presso il Ministero allo scopo di ottenere modifiche e/o integrazioni migliorative a favore dei nostri iscritti”. Il “casus belli”, in particolare, scaturisce dalla formulazione del capitolo afferente all’uso delle uniformi da parte dei militari in congedo. A tal riguardo, viene ulteriormente evidenziato che la nuova Direttiva riporta come esclusiva motivazione del divieto un generico ma fortemente preclusivo, “al fine di evitare ogni possibile confusione con i militari in servizio”, senza specifica alcuna.
La previsione della precedente direttiva già stabiliva, all’art. 31 ultimo comma, che “ai militari in congedo non in attività di servizio delle Forze di Polizia è precluso l’uso dell’uniforme”. Conseguentemente, non si evince quale possibile “confusione” possa generare un militare in congedo dell’Esercito italiano, della Marina militare o dell’Aeronautica militare che, nel rispetto delle disposizioni di legge, indossando il previsto distintivo che lo qualifica, inquadrato nell’ambito della rappresentanza dell’associazione d’arma cui appartiene e il cui nominativo è stato comunicato agli enti militari responsabili, partecipi ad una cerimonia o ad una manifestazione organizzata da un ente militare. Inoltre, la Direttiva in censura, nell’annullare una tradizione esistente sin dall’unità d’Italia, è considerata idonea a svilire il legittimo orgoglio di quei cittadini che hanno acquisito lo status militare e che indossano, solo in quelle limitate occasioni e nel rispetto delle specifiche disposizioni, l’uniforme militare, ad evidente testimonianza di un attaccamento ai valori che la stessa rappresenta e del giuramento di fedeltà prestato alla Repubblica.
Non vi è dubbio che la Direttiva rischia di indebolire ulteriormente le associazioni combattentistiche e d’arma, che sono la vera catena di congiunzione tra il mondo delle Forze armate e la società civile. Viene dunque chiesto al Ministro se sia o meno a conoscenza dei numerosi profili di criticità e dei rilievi sollevati dalle sezioni associative e d’arma, ed inoltre se non ritenga necessario avviare opportune verifiche in ordine al possibile contrasto tra la direttiva e quanto disposto in materia dal codice dell’ordinamento militare
Infine, si chiede se il Ministro interpellato non consideri necessario, in ogni caso, sollecitare l’amministrazione emanante le nuove disposizioni a fornire maggiori dettagli e delucidazioni in merito ai “particolari casi legati all’espletamento di funzioni/incarichi di interesse della Difesa, espressamente richiamati da specifiche disposizioni”, che la nuova direttiva enuncia senza specificare.
A questo punto, non resta che attendere la risposta del ministro della Difesa.