La notizia dell’iniziativa del ministro degli Interni, Matteo Salvini, relativa alla riduzione dei fondi e della capienza del Cara di Mineo, non giunge certo inaspettata. Negli anni precedenti il centro è stato al nell’interesse delle autorità giudiziarie di Catania e Caltagirone, fino a diventare oggetto di una Commissione parlamentare.
La relazione conclusiva della Commissione, linkata nel nostro articolo di ieri, ha fornito un panorama esaustivo sulla gestione del Centro nel quale vengono evidenziate presenze a dir poco inquietanti di soggetti adusi al malaffare a scapito sia degli ospiti del Cara, sia anche lucrando sulla pelle degli addetti al funzionamento della struttura. Vi è un particolare che, però, crediamo assolutamente in modo involontario, è sfuggito a commissari e consulenti impegnati nella redazione del documento finale.
Interrogazioni parlamentari
Ofcs.report, oltretutto senza grandi difficoltà, ha rinvenuto in rete ben quattro interrogazioni parlamentari relative all’istituzione, nel 2009, di Unità di Rapido Intervento della Polizia di Stato, costituita allo scopo di rendere più efficace la gestione delle pratiche burocratiche relative ai flussi migratori in arrivo nel nostro Paese, e del suo successivo immotivato smantellamento. Il rendimento dell’unità dedicata era stato tale da ridurre a 5-6 mesi il tempo di lavorazione delle pratiche concernenti il riconoscimento dell’asilo politico in precedenza lungo anche 18 mesi, ciò a beneficio dei richiedenti e della comunità circostante il Centro. Le interrogazioni parlamentari, presentate dagli onorevoli Paolo Grimoldi, Angelo Tofalo, Nicola Molteni e dall’attuale vice premier Luigi Di Maio, contenevano alcune rivelazioni di un poliziotto, Daniele Contucci, che su numerose testate giornalistiche aveva denunciato le pessime condizioni igieniche nelle quali versavano gli ospiti e i rischi di contaminazione da patologie, scabbia, meningite, febbre emorragica e tubercolosi alle quali erano esposti gli operatori di polizia. Non solo.
Le rivelazioni del poliziotto
L’agente della Polizia di Stato affermava, già dal 2015, in relazione al rischio terrorismo, che l’Italia si trovava particolarmente esposta anche in considerazione delle mancate identificazioni di clandestini sbarcati sulle coste sicule e che, nel solo 2014, su 170.000 soggetti approdati, circa 100.000 avevano fatto perdere le proprie tracce. Il poliziotto, inoltre, rivela che l’unità venne improvvisamente demansionata e di fatto sciolta, pur avendo ricevuto attestazioni di merito da parte delle Autorità e, gli ex componenti del nucleo, vennero destinati ad altri incarichi.
I fatti riferiti nelle dichiarazioni di Contucci, e di cui si è in parte trattato nella relazione finale della Commissione, coincidono con il periodo in cui l’allora capo della Protezione civile e attuale capo della polizia, Franco Gabrielli, in accordo con l’allora ministro degli Interni, Annamaria Cancellieri, stabilirono che, a fronte delle problematiche di sovraffollamento rilevate nel centro di Mineo “ …quando il ministero dell’Interno prende in mano la situazione, si trova questo numero di soggetti che, in una situazione normale avrebbe dovuto ricollocare nei Cara normali, come quelli di Bari e Roma, che erano a loro volta saturi. In quel momento, la cosa migliore secondo un approccio di questo genere era non muovere nulla”. (cfr. pag. 17 relazione della Commissione di inchiesta – NdA ).
Pare, quindi, che l'”ordine di scuderia” fosse quello di mantenere latente la situazione del Cara, pur nella considerazione che la struttura, gli ospiti e gli operatori di polizia rimanessero esposti a rischi non indifferenti sotto i profili della salute e del mantenimento dell’ordine pubblico.
Nel testo della relazione finale della Commissione d’inchiesta, non si trova alcuna traccia di quanto rappresentato nelle interrogazioni parlamentari della quali si è accennato che, inoltre, non vengono neppure citate a tergo del documento. Ripercorrendo le righe dello scritto, il rischio epidemico al quale sono stati esposti gli operatori di polizia e i militari impegnati all’interno della struttura non viene mai citato, come non vi è traccia di audizioni concernenti la problematica della quale sul web si trovano decine di riferimenti provenienti da fonti qualificate.
Il sospetto è che le rivelazioni esternate da Contucci siano emerse nel momento sbagliato quando, come rilevato dalla lettura del documento finale della Commissione d’inchiesta, i vertici istituzionali dell’epoca avevano stabilito che la situazione all’interno del Cara di Mineo dovesse permanere inalterata per “impedimenti dirimenti”. Ignoriamo, al momento, il destino toccato al poliziotto Daniele Contucci, ma la situazione da egli rappresentata, completamente confacente alla realtà dei fatti accertata, non può certo passare sotto silenzio.