a cura di Valentino di Giacomo
«Idiota, fascista, imbecille». Offese che sui social network sono molto frequenti, meno solito che un linguaggio del genere sia stato adoperato dalla più celebre organizzazione non governativa del mondo: Unicef. Tutto è accaduto in seguito alla mancata approvazione dello ius soli in Senato quando, il 23 dicembre, è mancato il numero legale in Senato per riconoscere la cittadinanza italiana a tutti i bambini nati nel nostro Paese da genitori stranieri. Il giorno successivo l’account Twitter italiano di Unicef ha criticato duramente la posizione assunta dal Parlamento.
Il responsabile della comunicazione dell’agenzia delle Nazioni Unite, Andrea Iacomini, commenta da subito dicendo che si tratta di «una pagina triste della Repubblica». Poi dall’account ufficiale della ong parte la polemica: «Salta la riforma della cittadinanza, migliaia di bambini nati e cresciuti in Italia rimarranno “stranieri” e c’è pure chi brinda con toni da curva». Fioccano le risposte, tra cui quella di un utente, Zoe Keller, che scrive: «E allora? Prenderanno la cittadinanza dei loro genitori, quella che rispecchia la cultura della loro famiglia». La replica dell’Unicef non si fa attendere e decide di stigmatizzare sul profilo dell’utente, dicendo che si tratta «di un altro strenuo eroe dell’italianità che usa un nome straniero e non ci mette la faccia». Ma Keller replica a stretto giro: «E tu sei sicuro che questo non sia il mio cognome, nemmeno materno, idiota». A quel punto ai responsabili social della ong saltano probabilmente i nervi: «Ah – scrivono dall’Unicef – sei di quelli che usano nomi stranieri e biografia in inglese ma non tollerano che ragazzini nati in Italia che parlano italiano siano considerati “itaiani”. Idiota e fascista».
Su questa risposta diversi utenti condannano le parole utilizzate dall’Unicef facendo notare che, così facendo, si attribuisce l’appellativo di idioti e fascisti a tutti coloro che non ritengono lo ius soli una buona legge. «Avete uno scarso senso istituzionale nel modo di rispondere – fa notare un follower – non siete un’organizzazione di dilettanti, mi pare scadiate in risposte da bar sport». C’è poi chi minaccia di non effettuare più donazioni dopo i toni usati sui social dall’agenzia dell’Onu. Dall’account, dopo che la polemica è divampata anche su alcune testate online, riconoscono parzialmente l’errore, ma continuano a contrattaccare. «Un troll – scrive l’Unicef – ha usato l’epiteto “idiota” ripetutamente contro di noi (in realtà ce n’è traccia soltanto una volta n.d.r.) fino a quando, vistoselo restituire, caduta di stile, lo ammettiamo, è corso dal giornalista amico. Stop piagnisteo».
Eppure, fino a qualche mese fa, uno dei gestori dei social di Unicef era assurto persino all’incoronazione venendo definito anche da alcuni quotidiani come «L’eroe dell’internet». Da tempo infatti i social media manager italiani del Fondo dell’Onu per l’Infanzia avevano deciso di replicare duramente alle accuse e alle mistificazioni messe in giro dagli utenti cercando di dare notizie ed effettuando un fact-checking delle tante fake news che circolano online. Una strategia di comunicazione, quella di Unicef, che da mesi non disdegna un linguaggio molto diretto mirato proprio a comunicare con i tanti «haters» presenti sui social. Come quando lo scorso aprile l’agenzia rispose – sempre attraverso Twitter – che i migranti non sono «ragazzi che fanno sega a scuola e vanno in Europa». Un atteggiamento voluto che però, in questo caso, è probabilmente sfuggito di mano ricorrendo ad offese insolite da trovare su account così prestigiosi.