Antimafia e massoneria, il cerchio si è chiuso. La Commissione Antimafia “ordina il sequestro degli elenchi degli iscritti dal 1990 a oggi alle logge di Calabria e Sicilia del Grande Oriente d’Italia, ma anche della Gran Loggia Regolare d’Italia, della Serenissima Gran Loggia d’Italia e della Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori”. A comunicarlo è una nota diramata dalla Commissione. “Il provvedimento è stato assunto in seguito alla mancata consegna degli elenchi più volte richiesti dalla Commissione. Al fine di acquisire la documentazione necessaria, la Commissione ha delegato lo Scico della Guardia di Finanza di Roma a procedere alle perquisizioni delle sedi nazionali delle quattro associazioni”.
Si chiude una querelle andata avanti negli ultimi mesi con il Goi e nelle ultime settimane per quanto riguarda le altre obbedienze. L’organo parlamentare ha acceso un faro sui rapporti tra criminalità organizzata e massoneria, chiamando in audizione i rappresentanti delle principali obbedienze presenti in Italia. Le attività dell’organismo parlamentare sono partite sulla scia delle inchieste giudiziarie, Mammasantissima della procura di Reggio Calabria, e le indagini condotte da Palermo su Matteo Messina Denaro a Castelvetrano, che hanno svelato gli intrecci tra mafia e massoneria all’interno di questi territori.
La Commissione aveva chiesto al Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi, di consegnare gli elenchi dei suoi iscritti, a partire da quelli in Sicilia e in Calabria, entro il 20 gennaio. Per le altre obbedienze ascoltate a Palazzo San Macuto, tra le quali la Gran Loggia Regolare d’Italia mostratasi più disponibile alle richieste della Commissione, il termine per la consegna degli iscritti è scaduto lo scorso 8 febbraio.
Tutti sono stati sentiti dalla Commissione e avrebbero dovuto fornire gli elenchi degli iscritti di tutte le regioni, “dando priorità a quelli della Calabria e della Sicilia”, come aveva spiegato la presidente Bindi. La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie ha la facoltà di procedere alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria, inclusa la possibilità di far scattare i controlli nelle sedi delle obbedienze da parte della Guardia di Finanza: ipotesi che oggi si concretizza.
Il nodo tra mafia e massoneria continua a far discutere anche al di fuori delle attività pertinenti alla Commissione Antimafia. Nei giorni scorsi infatti sono state presentate due proposte di legge per modificare la legge Anselmi sulle associazioni segrete e rendere più stringente la normativa vigente sugli iscritti alle logge massoniche che lavorano nella pubblica amministrazione.
La prima è a firma del deputato Pd, Davide Mattiello, membro della Commissione Antimafia, e prevede che tra le tante, figure del pubblico impiego, come magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, dirigenti della Pa, ufficiali dirigenti delle Forze Armate, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia di Stato non possano partecipare o affiliarsi ad associazioni con un vincolo gerarchico e solidaristico particolarmente forte. “Questo avverrebbe attraverso l’assunzione di forme solenni di vincoli come quelli richiesti dalle logge massoniche o da associazioni similari”, ha spiegato l’onorevole Mattiello durante la presentazione del testo di legge organizzata alla Camera. Nell’ipotesi legislativa lanciata dal parlamentare Pd, chiunque promuove o dirige un’associazione segreta o svolge attività di proselitismo a favore della stessa, sarebbe punito con la reclusione da tre a sette anni.
“La contaminazione tra mafia e massoneria è una costante degli ultimi 40 anni”, ha affermato Claudio Fava, vicepresidente della Commissione Antimafia, durante l’incontro e annunciando un’altra proposta di legge per la revisione della legge Anselmi su cui sta lavorando, basata sul divieti di affiliazione alle logge per i militari e le forze armate e di polizia. “La sinergia della masso-mafia racconta un punto importante di debolezza dello Stato, delle sue funzioni e dei suoi valori, delle garanzie che doveva fornire – ha aggiunto Fava – si sono creati luoghi di compensazione che potevano chiamarsi P2, massoneria o in altro modo”, ha concluso Fava.