“Il problema del silenzio è evidente e va sconfitto. Laddove si ravvisino casi di omertà nelle scuole, non possono esserci scuse”. A sostenerlo in un’intervista a Ofcs Report è l’avvocato Valeria Zeppilli, legale del Foro di Ascoli Piceno, esperta di diritto del lavoro e collaboratrice del quotidiano giuridico “Il diritto quotidiano – Studiocataldi.it”.
Il 2016 si è chiuso con un saldo in negativo in tema di violenze sui minori nelle scuole. Dall’inchiesta di Ofcs Report è emerso che ci sono centinaia di casi non denunciati e solo uno al mese finisce sulle cronache. Che idee si è fatta?
“Purtroppo le violenze sono sempre illeciti rispetto ai quali le vittime provano timore e vergogna e che più di altri soprusi fanno fatica ad emergere. Se si tratta di minori, poi, la questione si complica ancor di più. Talvolta infatti i bambini le nascondono perché si sentono in difetto e hanno paura di essere sgridati. Altre volte sono i genitori a sottovalutarle. Certo è che la reale portata del problema non è affatto limitata a quello che si conosce”.
Denunce e fascicoli aperti ce ne sono tanti, anche se il ministero della Giustizia non raccoglie questi dati e neppure il Miur ha mai fatto un censimento. Esiste anche una circolare ministeriale che indica ai dirigenti scolastici di sospendere le maestre violente, ma nessuno l’ha mai applicata. Le sembra normale?
“Non sono in grado di dare un giudizio consapevole della questione perché non conosco i dati effettivi. Tuttavia, sono più che certa che attivarsi in un’analisi della casistica sia fondamentale per delineare gli esatti confini della problematica, capire come si estrinseca e quanto sia sviluppata. Tutti elementi prodromici a individuare le modalità migliori per arginare un fenomeno preoccupante e da combattere, evitando inutili strumentalizzazioni oltre che accuse infondate. Bisogna insomma guardare il problema osservando entrambi i lati della medaglia, pur ricordando che la crescita sana ed equilibrata dei fanciulli va tutelata con tutte le forze”.
E’ di aprile scorso la notizia dell’ennesimo “orco” dietro la cattedra. Un’insegnante di sostegno a Roma avrebbe abusato di una bambina di appena 8 anni. Una situazione che non sembra trovare risposte dalle Istituzioni. Possiamo parlare di emergenza?
“Non è necessario parlare di emergenza perché diventi indispensabile prendere i provvedimenti opportuni. Lo è già e lo è da tempo. Le famiglie e tutti i cittadini devono poter vivere nella garanzia che lo Stato li tutela e tutela i loro piccoli all’interno delle strutture ai quali vengono affidati. Non serve allarmismo, ma c’è bisogno di concretezza: le soluzioni vanno cercate, trovate e applicate, nel rispetto dei principi posti dall’ordinamento giuridico”.
La commissione cultura del Senato ha appena bocciato un disegno di legge che prevedeva l’introduzione delle telecamere negli asili nido. Una bocciatura che per le famiglie sa di beffa. Quali sono i pro e i contro alla video sorveglianza nelle scuole?
“I pro sono chiari a tutti: il rafforzamento dei meccanismi di controllo assicura un incremento di tutela dei soggetti deboli, quali sono i bambini, ponendosi come misura di carattere preventivo tesa a evitare che certi fenomeni si ripetano. I contro sono più difficili da comprendere per chi non ha familiarità con le problematiche giuridiche, ma sono comunque delicati. Innanzitutto, le problematiche afferiscono al controllo dei lavoratori, quali sono ovviamente gli insegnanti. In secondo luogo, l’installazione di sistemi di videosorveglianza nelle scuole pone dei problemi di tutela della privacy dei soggetti coinvolti che, tuttavia, non trovano un’adeguata risposta nel codice della privacy e che necessitano di una cooperazione tra diversi organi verso la predisposizione di una disciplina che contemperi nella maniera migliore i diversi interessi in gioco. Il testo del disegno di legge che vuole introdurre la videosorveglianza negli asili, così come nelle strutture per anziani, ora bocciato dalla commissione, mi pare contemperi in modo equilibrato le diverse esigenze, giacché dispone che le immagini possano essere visionate soltanto dopo una segnalazione o una denuncia e solamente dalle autorità. Inoltre prevede che l’installazione dei sistemi di videosorveglianza necessitino del previo assenso dei sindacati e di una serie di tutele ai fini della riservatezza, soprattutto del personale scolastico. Mi auguro che, al di là della bocciatura, si riesca a trovare una soluzione in merito. In ogni caso, l’attenzione del legislatore è alta e prova ne è l’approvazione del ddl sul cyberbullismo”.
Alcuni esperti sostengono che a spingere le maestre a commettere abusi sui minori sia lo stress da lavoro correlato. Non crede che sia opportuno sottoporre gli insegnanti a dei test psico attitudinali ricorrenti?
“A mio avviso sì: è opportuno. La valutazione psico-attitudinale di soggetti che svolgono un ruolo di primo piano nella società, contribuendo in maniera fondamentale alla formazione e alla crescita delle donne e degli uomini di domani, è importante tanto quanto lo è in altri settori in cui viene fatta e in altri in cui a mio avviso andrebbe introdotta. Tuttavia, con importanti tutele anche per gli insegnanti, che hanno bisogno di poter svolgere il loro lavoro serenamente. Altrimenti, tutto finirebbe per trasformarsi in una sorta di cane che si morde la coda”.
Il tema delle violenze sui minori tocca anche il codice penale. Spesso i giudici “declassano” ad abuso di mezzi di correzione il reato di violenza sui minori commesso dalle maestre. Con il risultato che molte di loro non vanno in galera e dopo qualche tempo tornano in classe coi bambini. Non crede che ci sia uno squilibrio da questo punto di vista?
“Le due fattispecie di illecito penale sono contigue ma molto distinte, come distinte sono le conseguenze sanzionatorie che comportano. Qui la magistratura svolge un ruolo delicatissimo e non deve mai dimenticare che l’animus corrigendi non permette di considerare come “semplice” abuso dei mezzi di correzione l’uso sistematico della violenza in danno dei piccoli. Così come non è giusto “declassare” certe condotte, al contempo, non è possibile ricondurle a illeciti più gravi di quelli effettivamente integrati. Spetta sempre al giudice il compito di tracciare il discrimine e la giurisprudenza sull’argomento, sia delle corti di merito che di legittimità, è copiosa”.
A preoccupare è anche il fatto che le famiglie hanno paura di denunciare. E la scuola, quando vengono segnalati episodi di violenza, sembra chiudersi in un silenzio incomprensibile. E gli abusi si consumano molto spesso al sud. Si può parlare di omertà nella scuola?
“Sì, come ho già detto il problema del silenzio è evidente e va sconfitto. Onestamente, non mi risulta vi siano dati che attestano che gli abusi sono commessi maggiormente al Sud, anzi i casi segnalati negli ultimi anni sono localizzati soprattutto al centro-nord del Paese. Ciò che è certo, in mancanza di statistiche ufficiali, è che ancora molto poco si fa per prevenire gli abusi e quanto alle denunce, è vero che le scuole sono in genere i primi interlocutori delle famiglie e laddove si ravvisino casi di omertà, non possono esserci scuse”.
@PiccininDaniele