“C’è una sorta di tabù e paura a parlare di maltrattamenti a scuola e questo anche da parte delle Istituzioni. Ci piacerebbe che il Miur affrontasse questo tema in maniera più organizzata”. A lanciare un appello in difesa dei più piccoli è Elisabetta Scala, vice presidente del Moige (Movimento Italiano Genitori Onlus) in un’intervista a Ofcs Report.
In una recente inchiesta di Ofcs Report è emerso che in Italia si verifica almeno un caso al mese di violenze e maltrattamenti a danno di minori nelle scuole. Quali sono i dati in vostro possesso?
“Come associazione non abbiamo gli strumenti per effettuare monitoraggi, ma riceviamo quotidianamente molte segnalazioni di maltrattamenti nelle scuole, sui quali va certamente fatta una verifica. Ci contattano genitori preoccupati per piccole situazioni di maltrattamenti psicologici, di isolamento dei bambini o di aggressività dell’insegnante che non vanno certo sottovalutate”.
Oltre ai casi che arrivano sulle cronache il vero problema che emerge è la paura delle famiglie di questi bambini a denunciare gli episodi. Cosa si può fare per combattere questa forma di omertà?
“La paura di denunciare è principalmente un tema culturale: la preoccupazione di non parlare perché chissà cosa succede. Purtroppo questo accade perché chi accusa a sua volta viene preso di mira. Anche i dirigenti hanno paura a intervenire perché quando un preside prende un provvedimento contro un proprio docente rischia molto spesso un processo per mobbing”.
Perché allora i dirigenti scolastici vengono lasciati soli?
“C’è una sorta di tabù e paura a parlare di maltrattamenti a scuola e questo anche da parte delle Istituzioni. I presidi hanno paura ad esporsi perché probabilmente sono lasciati molto soli. Ma prendere atto di questi episodi significa anche volerli affrontare. Ci piacerebbe che il Miur affrontasse questo tema in una maniera più organizzata”.
Omertà che spesso viene proprio dal sistema scolastico. Esiste una circolare del ministero che autorizza i dirigenti scolastici a sospendere le maestre violente. Circolare mai applicata. Ci sono responsabilità anche della scuola?
“Non è un problema di chiarezza su come intervenire. Il Preside che denuncia un’insegnante viene immediatamente attaccato e spesso non trova alcun supporto. I dirigenti scolastici finiscono in processi per mobbing, alla fine vengono messi sotto accusa e forse proprio per questo hanno paura di intervenire. Tutto ciò chiaramente non rende tranquille le famiglie”.
E’ di pochi giorni fa la condanna a due mesi di carcere per una maestra che costringeva un bimbo a rimanere legato al passeggino. Un reato che però i giudici hanno derubricato ad abuso di mezzi di correzione, piuttosto che maltrattamento su minori. Non ritiene che servano pene esemplari per chi tocca i bambini?
“Purtroppo non mi stupisce questo declassamento del reato, anche se bisogna sempre valutare caso per caso. Certamente qualunque reato contro i minori andrebbe condannato con pene esemplari”.
Per gli esperti, a rendere “violente” alcune maestre sarebbe lo stress da lavoro correlato. Eppure Ministero e Sindacati hanno più volte declinato la proposta di introdurre visite psicoattitudinali periodiche. Cosa ne pensa?
“Non trovo che ci sia nulla di male a sottoporsi a verifiche periodiche, come avviene già in tante professioni. Ma credo che bisogna fare un passo in avanti e mettere a disposizione degli insegnanti qualcuno a cui potersi rivolgere per situazioni di stress, in modo da affrontarle in maniera corretta. Quello dell’insegnante è tra i mestieri più difficili, ma in Italia è molto trascurato anche da un punto di vista culturale”.
Una delle proposte messe in campo, e bocciata anche qui dal mondo scolastico, è quella della videosorveglianza. Qual’è la posizione del Moige su tale proposta?
“Non voglio pronunciarmi contro i sindacati, ma le posso dire che c’è capitato più volte di sentire che le stesse insegnanti, sul tema della videosorveglianza, sono favorevoli perché lo ritengono uno strumento che le libera da responsabilità. Per quanto riguarda il Moige siamo intervenuti in audizione e abbiamo sottolineato che per noi la telecamera in sé non è la soluzione del problema, ma servono persone attente che controllano e verificano che gli insegnanti siano adeguati, non solo all’inizio della loro carriera, cosa che peraltro già non avviene, ma anche durante gli anni di lavoro, perché possono capitare tante situazioni di stress che rendono il docente non più adeguato per quell’incarico. La telecamera ci deve stare qualora ci fosse una situazione che si suppone a rischio e deve essere utilizzata da persone addette, in grado di fare delle verifiche in tempi brevi. Attualmente per attivare la videosorveglianza servono alcune settimane per l’avvio delle indagini. Questo significa consentire il perpetrare di una situazione di maltrattamento di bambini anche per alcuni mesi”.
Come possono i genitori cogliere i segnali di disagio lanciati dai bambini vittime di maltrattamenti a scuola?
“La violenza ha tante modalità, quella più eclatante è certamente quella fisica, ma non c’è solo quella. Il genitore deve stare attento quando il bambino comincia ad avere una repulsione per la scuola perché significa che c’è qualcosa che lo blocca. Molto spesso quando parliamo di bambini piccoli questo disagio si manifesta anche nel sonno notturno, che può essere disturbato da alcuni incubi. Ma anche nel disegno e nel gioco si possono esprimere situazioni da osservare. Bisogna fare attenzione ai segnali e non sottovalutarli perché tutti questi ambiti rappresentano un disagio del bambino che deve essere identificato, senza allarmarsi”.
@PiccininDaniele