“Oggi gli episodi di maltrattamenti sugli alunni balzano più spesso all’attenzione dell’opinione pubblica perché c’è una diversa sensibilità della società nei riguardi dei diritti dell’infanzia, al punto che non troviamo più un solo adulto disposto a tollerare nemmeno la semplice pacca sul culetto, se pur inflitta a scopo educativo”. A sostenerlo è Paolino Marotta, presidente dell’Andis (Associazione nazionale dirigenti scolastici) in un’intervista ad Ofcs Report.
Il 2017 si è aperto con diversi casi di violenze nelle scuole italiane commessi da docenti. Solo a Roma si registrano tre episodi nell’ultimo mese. Non possiamo parlare di emergenza ma è certamente una situazione grave che il Miur non sembra voler affrontare. Che idea si è fatto?
“Oggi gli episodi di maltrattamenti sugli alunni balzano più spesso all’attenzione dell’opinione pubblica perché c’è una diversa sensibilità della società nei riguardi dei diritti dell’infanzia, al punto che non troviamo più un solo adulto disposto a tollerare nemmeno la semplice “pacca sul culetto”, se pur inflitta a scopo educativo. Credo però che, trattandosi di casi isolati, non sia corretto proiettare ombre di sospetto sull’intera categoria degli insegnanti (750.000 unità a fronte di una popolazione scolastica di circa 8 milioni di alunni). Riguardo all’azione di controllo e di repressione da parte del Miur, occorre chiarire che in caso di violenze e maltrattamenti sui minori ha il dovere di intervenire, per gli aspetti penali, l’Autorità Giudiziaria, ai sensi degli artucoli 571 e 572 del Codice Penale (abuso dei mezzi di correzione e maltrattamenti ndr). Invece per gli aspetti disciplinari deve interveniree il Dirigente scolastico o l’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari presso l’Ufficio Scolastico Regionale. Il Ministero dell’Istruzione interviene talvolta ex post, disponendo visite ispettive tese ad accertare eventuali responsabilità del dirigente o del personale scolastico”.
Dall’inchiesta di Ofcs Report emerge una sorta di “omertà” delle famiglie, ma anche degli stessi insegnanti che hanno paura di denunciare episodi gravi che vedono vittime i più piccoli. E’ possibile non accorgersi che accanto c’è un collega che maltratta i bambini?
“Sappiamo tutti che alcuni docenti usano alzare la voce oltre misura, o utilizzano nei riguardi di alcuni alunni un linguaggio a volte offensivo, che ricorrono ad appellativi umilianti. Non è detto che siano gli stessi docenti a far uso anche di castighi vessatori, percosse, delitti di violenza privata. Non credo in ogni caso che i segni di gravi episodi di violenza non giungano in qualche modo alle famiglie, come pure non riesco a immaginare che chi lavora nell’aula vicina o chi condivide lo stesso corridoio o settore della scuola possa non accorgersi di niente. Tuttavia questi comportamenti restano spesso circoscritti alla dinamica della classe, senza che alcuno si prenda la briga di denunciare simili infrazioni all’Autorità giudiziaria o quanto meno di segnalarle al dirigente. Penso, invece, che chiunque (docente, bidello, genitore) venga a conoscenza di condotte così gravi dovrebbe avvertire il dovere morale e professionale di informarne il dirigente scolastico per l’avvio delle indagini del caso e l’eventuale apertura del procedimento disciplinare. Ovviamente il dirigente che nutra qualche sospetto o abbia ricevuto qualche segnalazione sul comportamento illecito di un docente, allo scopo di inibire o far cessare tali condotte, potrebbe pubblicizzare gli strumenti e i canali di comunicazione che mette a disposizione delle famiglie e del personale della scuola per denunciare (anche in via riservata) notizie di violenze sugli alunni”.
Può spiegare quali sono i meccanismi e gli strumenti che scattano quando un dirigente scolastico viene messo a conoscenza di episodi di maltrattamenti nel suo istituto?
“Quando un dirigente scolastico ha notizia di condotte violente – sofferenze fisiche e psicologiche, umiliazioni o abusi di mezzi di educazione – perpetrate da un docente a danno di uno o più alunni, ha l’obbligo di denunciare immediatamente i fatti all’Autorità Giudiziaria, in quanto potrebbero integrare i reati penali di “abuso di mezzi di correzione” o di “maltrattamenti”. Trattandosi di comportamenti censurabili contestualmente sotto l’aspetto disciplinare, il dirigente scolastico ha anche il dovere di contestare per iscritto l’addebito al dipendente e di convocarlo, con un preavviso di almeno dieci giorni, per il contraddittorio a sua difesa. Per le infrazioni di maggiore gravità, che prevedano la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione superiore a dieci giorni, il dirigente scolastico deve trasmettere gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (U.P.D.) funzionante presso l’Usr (Ufficio scolastico regionale ndr), che ha la responsabilità dell’eventuale ulteriore attività istruttoria e della conclusione del procedimento”.
La circolare ministeriale numero 88 dell’8 novembre 2010 è quella che detta le linee di condotta per il personale scolastico. In che misura e in che modo sono state applicate in questi anni sanzioni agli insegnanti?
“Il decreto legislativo 150/2009 ha ridisegnato il procedimento disciplinare dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, prevedendo tra l’altro nuove fattispecie di reati. Con la Circolare 88/2010 il Miur ha dato indicazioni e istruzioni ai dirigenti scolastici per l’applicazione al personale della scuola delle norme in materia disciplinare introdotte dal citato decreto legislativo numero 150. La normativa è tuttora in vigore e viene regolarmente osservata dai dirigenti scolastici, in quanto configura specifiche responsabilità dirigenziali. Non conosco i dati delle infrazioni sottoposte finora a procedimento disciplinare, né il numero e la tipologia delle sanzioni irrogate al personale della scuola in dipendenza di comportamenti molto gravi”.
Spesso però i dirigenti scolastici lasciano che la magistratura compia il proprio corso, senza intervenire con sospensioni che potrebbero essere comminate anche in via cautelativa. È così?
“Il procedimento disciplinare che ho richiamato sopra non è affidato alla discrezionalità dei singoli, impone modalità che vanno osservate rigorosamente, pena la chiamata in causa del dirigente per responsabilità dirigenziale. La sospensione cautelare richiamata dalla circolare ministeriale numero 88/2010 si può irrogare legittimamente solo a condizione che la gravità dell’infrazione commessa sia tale da giustificare astrattamente e con valutazione ex ante il licenziamento del dipendente. Inoltre occorre che ci sia contestualmente un procedimento penale pendente e che sia particolarmente complesso l’accertamento del fatto addebitato al dipendente”.
La scorsa settimana il Parlamento ha definitivamente bocciato la proposta di installare telecamere di sorveglianze nelle scuole. Una buona notizia per i docenti che non volevano il “Grande Fratello”, forse un pò meno per le famiglie. Lei cosa ne pensa?
“Decisioni così importanti, che incidono sui principi costituzionali della libertà individuale e della libertà di insegnamento, non possono essere assunte sull’onda dell’emozione. È pur vero che nessun’altra categoria di lavoratori pubblici o privati accetterebbe di buon grado di lavorare sotto il controllo delle telecamere della videosorveglianza, non capisco perché dovrebbero accettarlo i docenti. I casi di comportamenti illeciti esistono in tutti i settori lavorativi, ma il nostro sistema giuridico ha tutti gli strumenti per intervenire su chi delinque. L’importante è che la scuola sappia percepirsi e attrezzarsi come comunità educante, che abbia al suo interno una diffusa cultura organizzativa e chiara consapevolezza della sua mission, che sappia esprimere in ogni circostanza la capacità di assolvere i doveri di istruzione e di educazione che la Costituzione e le leggi dello Stato assegnano a una istituzione scolastica”.
Alcuni esperti sostengono che uno dei motivi che fa “perdere la testa” alle maestre è l’età avanzata e il cosiddetto stress da lavoro correlato. Non sarebbe opportuno prevedere, come molti chiedono, delle visite psicoattitudinali periodiche?
“Non credo che l’equilibrio psicologico o la salute mentale dei docenti abbia a che fare con l’età anagrafica. Qualcuno potrebbe sostenere il contrario. Certo è che in alcune professioni, come quella dell’insegnante, oggi è presente un più alto livello di stress da lavoro correlato. Alla base dei comportamenti aggressivi o delle manifestazioni di disagio psichico di alcuni insegnanti ci sono sicuramente fattori personali, che esplodono in presenza di comportamenti irritanti di alcuni alunni, o di una particolare problematicità del contesto, o di gravi criticità intrafamiliari. Sarebbe interessante sperimentare il ricorso a servizi di aiuto psicologico agli insegnanti, che non assumano però il valore di controllo sull’integrità psico-fisica del docente da parte del datore di lavoro”.
Su telecamere e visite di controllo i professori sono compatti nel dire “no”. Cosa propongono invece i Dirigente Scolastici per rendere più trasparente e sicura la scuola?
“Credo che il migliore sistema di prevenzione del fenomeno delle violenze sui minori sia una buona integrazione tra scuola, famiglie e territorio e un forte e concreto investimento sulla formazione dei docenti, in termini di affinamento delle competenze psico-pedagogiche, come pure delle conoscenze giuridiche connesse al compito di educatore”.
@PiccininDaniele