L’Italia di fronte al problema sicurezza, da quella interna agli esteri.
Albert Einstein soleva dire che “se vuoi conoscere una persona non sentire quello che dice ma osserva quello che fa”.
Nel caso specifico il riferimento più che esplicito è relativo a vari rappresentanti di paesi europei, tra cui l’Italia, che pur di guadagnare punti in politica estera ed accaparrarsi accordi economici con un Paese allo stremo, non hanno esitato ad incontrare amabilmente, ma irresponsabilmente, ed a stringere la mano del presidente siriano ad interim Ahmad al Sharaa, ovvero, lo jihadista meglio noto come Abu Muhammad Al Joulani.
Mani sporche di sangue di un soggetto non ambiguo, ma platealmente sostenitore della jihad da esportazione e, soprattutto, primattore della taqqyya, la dissimulazione adottata allo scopo di ingraziarsi il sostegno dell’Occidente.
In questi giorni stiamo assistendo, ovviamente con un’informazione da parte del mainstream ridotta allo scarno, al sistematico massacro di cristiani e alawiti in Siria per mano degli islamisti, nell’imbarazzo dei media occidentali che tentano goffamente di celare quanto sta accadendo. Stupri, intere famiglie giustiziate in strada, video dove si vedono uomini crocifissi vivi e finiti a colpi di mitra. Ma a fronte di ciò, l’Italia e l’Europa non intendono fare retromarcia.
Il massacro di alawiti e cristiani è perpetrato sia da terroristi di Hayat Tahrir al sham, dalle milizie “Hamza e Amsha” foraggiate da Erdogan, e da parte di forze fedeli allo stesso al Joulani, tanto che uno dei membri del gruppo, che si è identificato come Muhammad Abu Obaidah, ha chiaramente stigmatizzato la gravità delle violazioni commesse in questi giorni sulla costa siriana. Il combattente, apparso in un video su X con le lacrime agli occhi, afferma che i militanti “sono andati troppo oltre e invita ogni essere umano dotato di onore e dignità a rifiutare l’uccisione e l’oppressione”. Attribuisce la responsabilità delle violazioni commesse contro i civili alle milizie “Hamza e Amsha” (Divisione del Sultano Suleiman Shah e Divisione Hamza) sostenute dalla Turchia e afferma che l’esercito siriano deve provvedere ad eliminarle.
Poi si rivolge a Joulani e al Comando Militare di HTS: “La nostra religione ci ordina di uccidere civili innocenti nelle loro case? Il Profeta ci ha permesso di trascinarli via dalle loro case e ucciderli a sangue freddo?”.
Ma a fronte di tutto ciò l’Europa volta il capo, concentrata su una problematica vitale come quella della difesa comune contro un nemico che si può paragonare a quello del “deserto dei tartari”, del compianto Dino Buzzati.
Ma tentiamo di esaminare i motivi della volontà di Donald Trump di abbandonare il Vecchio Continente a se stesso. Fondamentalmente sono circa 80 anni che l’Europa intera fruisce di un ombrello protettivo fornito dagli Usa che, se è vero che strategicamente è stato ideato come cuscinetto da eventuali mire espansionistiche dell’ex Urss, è anche vero che è stato interamente finanziato dagli americani e che noi europei non abbiamo mai pensato (Francia e Uk a parte), di munirci di armamenti propri e di un’adeguata forza combattente.
L’Italia, ma non solo, mise in campo, nell’ambito del progetto “Stay behind”, l’organizzazione Gladio, studiata per rispondere ad un’eventuale invasione sovietica ma, negli anni, come sempre succede nel nostro disgraziato Paese, la struttura venne demonizzata, indagata, processata e sciolta. Banda armata, struttura eversiva, violazioni penali e costituzionali, accuse risibili, ma bastevoli a decretare la fine dell’unico reale strumento che avrebbe potuto opporsi, ovviamente, con tempi limitati ed in attesa di consistenti rinforzi, a tentativi di infiltrazione sovietica.
Ergo, il neo presidente Usa ci ha semplicemente posto di fronte alle nostre responsabilità, più che legittime e palesi: difendere i nostri territori in autonomia.
Ma l’Ue, un’unione che non avrebbe mai dovuto avere ragion d’essere, invasa da squilibrati clandestini, con livelli di sicurezza interna da terzo mondo e con una classe politica completamente inadeguata alle emergenze, non ha mai affrontato seriamente le problematiche, per quanto evidenti, che si andavano a presentare, oltretutto in maniera palese e non certo dissimulata.
Problematiche per le quali ci siamo affidati ai sistemi statunitensi, dall’Intelligence ai satelliti, dalle operazioni “undercover” agli attacchi preventivi, utilizzando l’America alla stregua di “sicario”, salvo poi demonizzare l’operato degli Alleati.
Il problema “interno”
L’Europa parla di “EurArm”, un acronimo squillante, quando non siamo in grado di controllare l’imperversare di bande di criminali d’importazione nelle nostre strade, di avere un consono sistema di Intelligence operativa, di affrontare anche con provvedimenti aspri le esigenze di sicurezza della popolazione autoctona e, soprattutto, di porre in essere provvedimenti anche “oscuri”, ma adottati per esigenze di sicurezza nazionale e per la salvaguardia della sicurezza nazionale.
Sopportiamo folle di illetterati e squilibrati che manifestano a favore dei terroristi propal, senza tenere in debito conto che Israele rappresenta l’ultimo baluardo a difesa della democrazia e della sicurezza dell’intero Mediterraneo.
Ci beviamo le storielle delle atrocità a Gaza divulgate ad hoc dai sostenitori della causa con numeri da capogiro non sostenuti da valida dimostrazione, inviamo truppe ai confini che non vedono a 100 metri dalle loro postazioni i tunnel di Hamas o Hezbollah in fase di scavo, accusiamo Israele di colpire le basi Unifil ritrattando il giorno dopo le dichiarazioni accusatorie alla luce delle verità che poco ci mettono a venire a galla.
Insomma, un panorama desolante che il Continente “culla della civiltà” non merita.
In relazione al nostro Paese, è indubbio che occorrono iniziative dure che partano da una completa revisione di una Costituzione inadeguata ai tempi, all’approvazione immediata del ddl sicurezza e quello sulla separazione delle carriere dei magistrati, all’allontanamento di quelle toghe che palesando il diritto al giudizio autonomo, snaturando completamente la realtà quotidiana, sconfinando nell’anarchia allorquando si allontanano dalla linea politica dettata dall’esecutivo, sia essa di destra o di sinistra, ma comunque legittimata dalla volontà popolare.
Ci si preoccupa delle modalità di finanziamento e potenziamento delle Forze dell’ordine così come quello della sanità, ridotta allo sfascio, quando basterebbe bloccare gli aiuti umanitari ai sedicenti clandestini, a Ong corrotte e paesi a rischio terrorismo, provvedere al rimpatrio degli irregolari o al loro trasferimento in Paesi terzi e, soprattutto, riconoscere seriamente il reato di “stato di clandestinità”, punendo le infrazioni non con pene irrisorie, ma con espulsione immediata e inappellabile.
Alternativa a scelta dell’irregolare di turno, potrebbe essere quella della creazione di una legione straniera per circa 10.000 unità. Al termine del servizio obbligatorio con pernottamento obbligatorio in caserma, i militari otterrebbero cittadinanza italiana dopo 7 anni di servizio, sull’esempio di Francia e Spagna.
Ad integrazione di un progetto di riarmo, non si può negare quanto sarebbe indispensabile un ritorno alla leva obbligatoria per ambo i sessi, per un periodo di 18 mesi con richiamo annuale remunerato di 1 mese.
Altresì, l’inserimento del divieto delle “obiezioni di coscienza” per pregiudicati, mentre per gli obiettori incensurati prevedere un servizio civile da svolgersi presso strutture sanitarie.
La priorità è comunque quella di garantire la sicurezza interna prima di rivolgere l’interesse a quella esterna.
In fondo basterebbe utilizzare gli strumenti di legge già peraltro previsti in relazione a posti di blocco, perquisizione di blocchi di edifici (Decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356), totale revisione e conseguente applicazione degli articoli del codice penale relativo alla legittima difesa ed all’uso legittimo delle armi.
Inoltre, considerati i numeri della popolazione carceraria, in parallelo a un consistente aumento degli agenti di Polizia penitenziaria, è auspicabile una ristrutturazione ai fini di riutilizzo delle carceri dell’Asinara ed altre attualmente non utilizzate (ben 40!), che consentirebbe di evitare pene alternative irrisorie e risibili, con l’obbligo di applicazione della pena inflitta in caso di reati in flagranza con impossibilità di ricorso in altri gradi di giudizio.
In relazione alle manifestazioni di piazza, inscenate settimanalmente per prolungare i week end, è bene proporre un distinguo tra corteo legittimo e pacifico e manifestazione violenta e non autorizzata. In tale caso, come previsto dalle già vigenti leggi, si impone il divieto con immediata dispersione degli affollamenti. E, sulla scorta dell’esempio tedesco, la creazione di squadre per l’ordine pubblico di piazza disarmate ma munite di uniformi rinforzate, da impiegare in manifestazioni a rischio.
Ma tutto quanto precede, prevederebbe opposizioni sconsiderate da parte dei buonisti di parte (sempre quella sbagliata) i quali pur di muoversi contro l’ordine e la sicurezza, difenderebbero i Confini con manifestazioni in stile “woke”, protestando contro lo ”Stato di Polizia”, contro la “militarizzazione delle strade”, sino a quando ad essere colpiti non sono loro e non da Putin.