Il figlio di Gheddafi si candiderà alle prossime elezioni presidenziali che si terranno in Libia, probabilmente a metà dell’anno prossimo. La notizia arriva da Egypt Today che riporta le parole del portavoce della famiglia, Basem Al-Hashimi. Saif al-Islam, dunque, sarebbe pronto a prendere il posto del padre, ucciso nel 2011, appoggiato da tutte le maggiori tribù del Paese. Obiettivo del suo impegno politico quello di “rafforzare la sicurezza e la stabilità coordinandosi con le varie fazioni”. Al-Hashimi, inoltre, ha anche spiegato che Saif ha già pronto il suo programma elettorale, una piattaforma politica che presto sarà nota.
Una notizia che potrebbe creare nuovi scenari in Libia, dove sotto l’egida dell’Onu nel 2015 è stato formato un governo (di unità nazionale) con a capo Fayez al-Sarraj. Nonostante le lunghe trattative con le tribù per avere un esecutivo di largo consenso, Sarraj non è ancora riuscito a stabilizzare il Paese. Ma Saif non intende tenere fuori le Nazioni Unite. Anzi. Il portavoce della famiglia ha sottolineato che il candidato intende includere nella piattaforma procedure che “si augura saranno adottate anche dalle Nazioni Unite, per aiutare il Paese dalla transizione alla stabilità”.
Le minacce di Saif all’Italia
La discesa in politica del figlio del Colonnello, però, potrebbe non essere gradità da più parti. L’Italia, ad esempio, proprio nei mesi scorsi ha ricevuto messaggi di minaccia da Saif che si è scagliato contro il nostro Paese. La scusa è stata la missione navale contro i trafficanti di esseri umani che proprio dall’Italia è partita su richiesta di Sarraj. “La politica italiana verso la Libia si basa sulla colonizzazione e sulla strategia fascista del passato – avrebbe dichiarato, secondo una fonte citata da Libia 24 TV – Gli italiani in Libia ripetono lo scenario della Nato, scatenando l’attacamento dei libici per la loro terra. Con l’invio di navi da guerra violano la sovranità della Libia a causa del comportamento irresponsabile di alcuni funzionari”. Una linea sostenuta dallo stesso generale Khalifa Haftar, che poche ore prima aveva dichiarato di voler bombardare le navi italiane in acque libiche.
Adesso, il rampollo del clan Gheddafi lancia l’ennesimo guanto di sfida e chiede al popolo libico (se la sua candidatura sarà confermata) di diventare il capo di un governo eletto dagli stessi libici. E nel suo progetto, forse, potrebbe esser appoggiato anche dallo stesso Haftar che si dice lo abbia ospitato nei territori da lui controllati.
I risvolti della candidatura di Gheddafi Junior
La candidatura di Saif, dunque, potrebbe aprire una nuova pagina nella crisi libica e nei rapporti con l’Onu e i paesi nordafricani. Sabato, infatti, Egitto, Tunisia e Algeria, si sono riuniti per fare il punto sui due anni di governo Sarraj in Libia. La posizione unanime è stata quella che vede l’intesa come unica via per la stabilizzazione del Paese. Una posizione portata avanti da Ghassam Salamè, inviato speciale dell’Onu nel Paese, ma che non è vista di buon occhio da Haftar. Il generale, da sempre contrario al governo di accordo nazionale, in serata ha ricordato che l’obiettivo di questo governo era “stabilizzare il Paese nei 24 mesi successivi. Ora sono trascorsi due anni dalla firma del documento” quindi “è arrivata la sua fine”. Un modo come un altro per ribadire, ancora una volta, la sua contrarietà all’esecutivo voluto dall’Onu. Una posizione condivisa anche da molti libici che adesso, proprio nella figura di Saif (magari appoggiato dal generale Haftar), potrebbero intravedere la possibilità di riprendere in mano la loro sorte. Soprattutto per quello che riguarda la presenza italiana, chiamata a tentare di gestire la “bomba migranti” che dalla Libia partono verso le nostre coste. Un’arma di ricatto che potrebbe consentire a Saif Gheddafi, se eletto, di dettare nuove regole per la gestione dei flussi.
L’assassinio del sindaco di Misurata
A margine, ma nenache troppo, della discea in politica di Gheddafi Junior, un altro evento rischia di gettare benzina sul fuoco del paese. Ieri sera, infatti, è stato ucciso il sindaco di Misurata, Mohammed Eshtawi, assassinato poco dopo il suo arrivo dalla Turchia. Secondo fonti locali Eshtawi è stato rapito da un gruppo dopo aver lasciato l’aeroporto della città. Il suo corpo è stato ritrovato all’esterno di una clinica privata crivellato da diversi colpi d’arma da fuoco. Sconosciuta, al momento, l’identità dei responsabili. Ma sicuramente il rapimento e la morte dell’uomo, favorevole agli Accordi e alla riconciliazione con le regioni dell’est, fa riflettere. Il Comune di Misurata ha dichiarato tre giorni di lutto.