Mentre dalla Libia risuonano chiari segnali di riapertura di un conflitto mai concluso, l’Italia si trova al centro di una serie di minacce provenienti da più fronti. In primis il rischio della ripresa dei flussi di “migranti”, sottolineato anche dal premier Conte, con l’alto rischio di infiltrazioni terroristiche proprio tra i clandestini. Pericolo direttamente proporzionato alla ripresa dei combattimenti tra le varie fazioni che potrebbero indurre i miliziani dell’Isis ad approfittare della situazione per favorire l’invio di cellule operative in Europa. I segnali in tal senso erano stati anticipati anche nella relazione annuale dei nostri servizi segreti e da numerose indiscrezioni provenienti da fonti del nord Africa e già oggetto di trattazione sulle nostre pagine.
Problemi per la riapertura del Consolato italiano a Bengasi
Da non sottovalutare anche le velate minacce del governo di Tripoli, guidato dal premier al Serraj che, in relazione alla paventata intenzione di riaprire la nostra rappresentanza diplomatica a Bengasi ha dichiarato che tale gesto verrebbe da questi considerato come un atto apertamente ostile al governo legittimato dall’Onu. La sede diplomatica si sarebbe dovuta aprire il 28 aprile, ma la data è stata spostata, ufficialmente per gli scontri che a Tripoli vanno avanti da settimane. L’ambasciata italiana a Tripoli continua a rimanere aperta, ma
Ma anche da parte del generale Haftar, il malcontento si è manifestato nei giorni scorsi per la presenza del nostro contingente militare di circa 400 uomini posti a difesa dell’ospedale di Misurata. Una base disposta in un punto chiave per le mire espansionistiche del governo di Bengasi. L’uomo forte della Cirenaica, però, non è nuovo a minacce e avvertimenti nei confronti dell’Italia. Probabilmente il suo legame con la Francia influenza posizioni e dichiarazioni.
In ultimo, sono arrivate le dichiarazioni di Papa Bergoglio in merito all’apertura di corridoi umanitari in favore dei “profughi” presenti in Libia. Una presa di posizione non certo sorprendente, ma che rappresenta un ulteriore problema e non certo una soluzione per il nostro governo, impegnato a limitare i flussi clandestini e a trovare una posizione chiara e netta sulla crisi libica.
Una situazione in divenire anche per le implicazioni internazionali che l’assunzione di posizione in favore o contro una delle due parti in lotta per il potere in Libia potrebbero comportare.