L’antagonismo militante europeo contro Israele.
Il 7 ottobre 2023, nel sud di Israele, è stata perpetrata una strage di civili innocenti da parte dei terroristi di Hamas, appoggiati e sostenuti in toto dal regime iraniano e dai loro proxy, Hezbollah in Libano, gli Houthi nello Yemen e dalla Jihad islamica in Giudea e Samaria. A seguito del tragico evento, la maggior parte dei governi mondiali hanno mostrato solidarietà a Gerusalemme, pur tentando di bloccare sul nascere qualsivoglia reazione da parte di Israele.
Il governo guidato dal leader Benjamin Netanyahu, ha legittimamente deciso di agire di conseguenza alle violenze perpetrate contro i propri cittadini ed al rapimento di centinaia di innocenti con l’obiettivo conclamato dello Stato maggiore israeliano di distruggere Hamas e concludere una volta per tutte la politica terroristica condotta dalla medesima entità nei confronti del legittimo Stato ebraico.
A seguito degli eventi bellici che si sono susseguiti nella Striscia di Gaza, il gruppo terrorista Hezbollah ha inteso condurre una propria campagna contro Israele, con il continuo lancio di missili e razzi dal sud del Libano verso il settentrione del Paese che hanno condotto le autorità a disporre lo sfollamento delle popolazioni locali a scopo preventivo.
Anche in questo caso, la leadership di Gerusalemme ha predisposto piani di azione contro i terroristi sciiti, includendo l’eliminazione dei vertici dell’organizzazione con la nota “operazione Teledrin”.
Dallo Yemen, Abdul Malik Badruldeen, alias Abu Jibril, a capo della fazione degli Houthi, ha dato il via anch’egli al lancio di missili a lunga gittata contro Israele che, seppur innocui, hanno voluto inviare a Gerusalemme un chiaro messaggio: siete circondati.
L’Iran, da parte sua, ovviamente, si è da subito schierato dalla parte propalestinese, aggredendo Israele in due diversi episodi, con una pioggia di missili, con risultati irrisori.
Attualmente Gerusalemme si trova a fronteggiare il nemico dal nord, dal sud e dall’est dello Stato ebraico, con il solo sostegno degli USA.
Questo, in estrema sintesi, il riassunto degli eventi che hanno tristemente caratterizzato il Medio Oriente nell’ultimo anno.
L’Occidente con una politica dimostratasi più che sterile, si è limitato a meri commenti di condanna per le violenze e di solidarietà per le vittime di entrambe gli schieramenti. In particolare l’Unione europea, nella sua “inutilità statuaria”, prevedendo la reazione delle masse di “invasori” permanentemente stanziati nei territori dell’Unione, per lo più schierati con i terroristi propal, si è astenuta dal prendere una posizione consona, pur ritenendo Israele, l’unica propaggine democratica e filo occidentale in tutto il Medio Oriente.
Nello stesso periodo, i Governi europei locali identificabili nei partiti di centro destra, avendo ottenuto un notevole consenso elettorale, hanno cercato di mantenere un atteggiamento di “estraneità” di fronte ad una realtà ormai quotidiana, di un vero e proprio scontro di civiltà in atto.
I partiti di sinistra, sconfitti e, in parte, umiliati dalle consultazioni elettorali, hanno, invece proteso a sostenere la “causa palestinese”, di fatto fomentando i simpatizzanti a scendere nelle piazze per manifestare a sostegno degli “oppressi” e chiedere una cessazione delle ostilità.
Una mossa studiata a tavolino poiché i sinistroidi, a corto di consensi e da sempre favorevoli all’immigrazione di massa, hanno agito di conseguenza all’esigenza di raccogliere consensi dai nuovi arrivati, in prospettiva di un ottenimento della cittadinanza “europea” e, di conseguenza, ad un loro reale consenso in termini di voti.
Un atteggiamento incauto se non deplorevole anche perché i cosiddetti “nuovi arrivati”, la maggior parte dei quali sedicenti, quindi non noti per i loro trascorsi nei paesi di origine, hanno provocato un innalzamento esponenziale della delinquenza comune e, per buona parte, sono stati assoggettati ad un processo di radicalizzazione identitaria ma anche nella versione di appartenenza etnica, ed in quella, ben più rischiosa, dell’islamismo.
Una tragica strategia per le conseguenze patite dagli “indigeni” ormai assoggettati ad una convivenza forzata con le arroganti orde di nuovi arrivati, oltretutto con un’esasperata ed inutile giustificazione dello “stato di diritto” invocato a giustificazione di atti assai distanti dal nostro vivere comune.
I vari sedicenti analisti di settore, di politologi, sociologhi e buona parte dei giornalisti e commentatori, non hanno inteso comprendere quanto la realtà occidentale sia lontana anni luce da realtà esogene, soprattutto quelle mediorientali. Il rischio di un asservimento progressivo a tali realtà comporterà conseguenze letali, con nuovi sciami di attacchi terroristici da parte dei vari network jihadisti e all’arrogante imposizione di usi e costumi non certo propri della realtà occidentale.
Israele ha da sempre ben compreso come si debba convivere con la sindrome da accerchiamento ed ha agito di conseguenza ricorrendo, ove necessario anche a mezzi “non ortodossi” che noi ufficialmente rifuggiamo salvo poi utilizzarli per meri fini politici, economici e imprenditoriali.
A fronte di tutto questo, venendo ai giorni nostri, i gravi incidenti che hanno caratterizzato l’ultimo week end provocati da gruppi estremisti illecitamente radunatisi , nonostante i divieti imposti, non esigono di ulteriori espressioni di condanna ne tantomeno di commenti relativi alla malagestione dell’Ordine pubblico.
La mancanza rilevata dalle istituzioni preposte nel non opporsi all’arroganza degli estremisti è pari solo al ruolo di utili idioti dediti al sostegno di presunte cause improponibili e nella loro palesata insistenza nell’opporsi all’ordine costituito.
Ma, in Italia, funziona così. Io vieto una manifestazione, tu la convochi ugualmente e dai luogo a cortei improvvisati, io mi accordo, in nome del quieto vivere, con la controparte per permettere un corteo con percorso limitato. La controparte da luogo alla manifestazione, la dichiara terminata nel luogo prefissato e da li consapevolmente permette ad una parte di partecipanti a dare luogo a scontri e aggressioni contro le Forze dell’ordine. Io fermo e denuncio qualcuno dei responsabili, i giudici, pur condannandoli, li rimettono in libertà, a piede libero, e tutto ricomincia. Breve riassunto di una storia triste.
Ma andiamo oltre, tentando di dare una chiave di lettura in chiave prospettica.
Oltre ai fomentatori politici e quelli d’area oltranzista, esiste una galassia di “mera manovalanza” formata da appartenenti a centri sociali, simpatizzanti occasionali e, soprattutto, membri delle realtà anarchiche.
Questi gruppi, ben distanti dalle “giuste cause” per le quali vengono organizzate le manifestazioni, non perdono l’occasione di parteciparvi allo scopo di riappropriarsi dell’attenzione mediatica necessaria a creare nuove campagne di arruolamento di adepti.
Dietro ai disordini verificatisi negli ultimi giorni, vi è da sottolineare che ormai da decenni, l’anarchismo insurrezionalista, propagandato all’interno delle mura dei circoli e non solo, rappresenta il vero rischio per la sicurezza dello Stato. Questo in concorso con le compagini schierate, all’occorrenza, con la causa “propal”, centri sociali, sindacati, universitari, organizzazioni pseudo umanitarie e, più in generale, a sostegno della causa della contrapposizione al Governo in carica in favore dell’instaurazione di uno “governo socialista di blocco popolare” propagandato da formazioni pseudo-clandestine nostrane che intenterebbero ripercorrere i tracciati già solcati dalle formazioni terroristiche endogene.
Le dinamiche che muovono l’intero schieramento dei contestatori di Israele e, come detto, contro i governi europei, non dovrebbe essere sconosciuto ai responsabili dell’ordine e sicurezza pubblici, ma tentiamo di fornire ugualmente una nostra chiave di lettura alle ragioni, alla composizione ed al modus operandi dei gruppi oltranzisti.
Le teorie a lungo propagandate da ideologi di spessore dell’area anarcoinsurrezionalista, unite alle meticolose istruzioni per la preparazione di ordigni e la conduzione di azioni eversive, facilmente reperibili sul web, hanno creato un consistente bacino di utenza e di appoggio incondizionato alla lotta e non fanno presagire nulla di buono per i prossimi giorni.
Ma vorremmo scendere nel dettaglio per fornire un quadro quanto più esaustivo sul fenomeno.
Per questo occorre proporre una distinzione tra i vari fattori ideologici che guidano le formazioni oltranziste.
Giungiamo quindi a trattare dell’Anarchismo insurrezionalista, così definito poiché consideratosi in lotta permanente contro lo Stato e qualsiasi tentativo/proposta di legiferare e governare in qualsiasi senso.
Secondo il pensiero anarchico radicale la democrazia diretta è diversa dalla democrazia parlamentare poiché:
- La democrazia diretta riguarda tanto esprimere idee quanto approvarle. Nella democrazia parlamentare al popolo non viene mai chiesto quali idee abbia: viene solo richiesto alla gente di approvare o disapprovare idee già preparate per loro. In questo senso la democrazia diretta è radicalmente diversa. La democrazia diretta si basa sulla nozione realistica che “il popolo sa come occuparsi al meglio della propria condizione”. Non abbiamo bisogno di specialisti che ci dicano come gestire i nostri luoghi di lavoro o le nostre comunità. Gli anarchici ritengono che siamo capaci di farlo da noi stessi. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno sono le risorse e il diritto di comportarci in questo metodo. La democrazia diretta è il metodo.
- La democrazia diretta si basa sulla delega e non sulla rappresentatività. La differenza cruciale tra delega e rappresentatività è che i delegati sono eletti solo per realizzare specifiche decisioni. I delegati non hanno il diritto di cambiare una decisione presa in precedenza da un’assemblea popolare. I delegati (a differenza dei rappresentanti) possono essere immediatamente revocati e sostituiti se non adempiono alla specifica funzione attribuita loro.
- La democrazia diretta riguarda i luoghi di lavoro quanto la comunità. Nella democrazia parlamentare, il luogo di lavoro è “immune” dalla democrazia (eccetto per i diritti che i lavoratori hanno conquistato tramite i loro sindacati). Nella democrazia diretta il funzionamento di una fabbrica , di uno stabilimento o di un ufficio è gestito attraverso un’assemblea generale di tutti i lavoratori. Quest’assemblea deciderà sulle condizioni di lavoro, eleggerà dirigenti revocabili e organizzerà il lavoro. Eleggerà anche delegati che si coordineranno con gli altri luoghi di lavoro e con la comunità esterna. Le organizzazioni regionali saranno gestite da una federazione dei luoghi di lavoro tramite una struttura per delegati.
Distinguiamo quindi, l’insurrezionalismo genericamente diffuso, un pensiero radicale che sostiene la possibilità di attaccare stato e capitale in ogni momento, al di là di qualsiasi elaborazione strategica o tattica. A differenza di altre tendenze che si sono sviluppate nel corso della storia del pensiero libertario (comunisti, individualisti, antiorganizzatori, educazionisti, sindacalisti, ecc.) che si basavano soprattutto su una diversa concezione politica e organizzativa, l’insurrezionalismo si distingue principalmente per la concezione dei mezzi da usare per l’abbattimento dello Stato.
Mentre buona parte del movimento anarchico ritiene che, nell’attuale fase storica e nei paesi dove esiste un minimo di democrazia formale, non sia conveniente l’utilizzo della rivolta violenta, gli insurrezionalisti sono sostenitori della rivolta quale mezzo di sovversione dell’ordine costituito.
L’insurrezione, a seconda delle finalità che si propone, può essere genericamente così catalogabile:
Propaganda col fatto
Ovvero tutte le azioni dirette attraverso le quali si intendono comunicare idee e pensieri, ma non solo con la parola bensì anche e soprattutto con il “fatto”. Sono così definibili anche tutte quelle azioni dirette volte anche a vendicare un determinato episodio, nella speranza anche di dare inizio a una rivolta di più ampio respiro: un esempio storico è quello di Gaetano Bresci che colpisce a morte il re Umberto I per vendicare la strage dei moti di Milano del 1898 con l’auspicio che da ciò si ingenerasse una rivolta popolare.
Insurrezione reale
Ovvero, quegli atti finalizzati alla liberazione di uno spazio fisico, più o meno ampio, dall’autorità e dalla gerarchia imposta da una classe con potere superiore, per sostituirla immediatamente con una società libertaria e strutturata orizzontalmente: es. Bologna-1874, Banda del Matese – 1877. L’insurrezione è, di fatto, anche un’azione di “propaganda”.
Talvolta le azioni insurrezionali sono svincolate da particolari richieste e non sono inserite nell’ambito di rivendicazioni sociali e\o politiche (quantomeno non è l’obiettivo principale)
Insurrezione informale
Le teorie di Alfredo Maria Bonanno sull’insurrezionalismo informale, basato sulla «gioia armata» e, soprattutto, sui «gruppi d’affinità» – ovvero in pratica “sull’ aggregazione temporanea di singoli soggetti e/o gruppi di affinità, che si riuniscono in occasione di determinate manifestazioni di protesta, con obiettivi limitati nel tempo e diversi da gruppo a gruppo – hanno dato nuova linfa, tanto in Italia quanto all’estero, a questa tendenza dell’anarchismo“.
Parte del movimento anarchico non si riconosce in queste parole, tuttavia molte singole individualità e vari gruppi anarchici ne sono stati chiaramente influenzati. In particolare le azioni della Federazione Anarchica Informale appaiono fortemente legate alle sue teorie.
Il “movimento” insurrezionalista basa le sue proposte operative mediante la formazione di questi raggruppamenti:
Gruppi di affinità: formati da 5-20 persone che operano insieme autonomamente su azioni dirette o altri progetti. Danno la possibilità ai propri partecipanti di intraprendere azioni dirette creative e completa libertà e potere decisionale al gruppo medesimo. Sono decentrati e non gerarchici.
Durante una protesta i partecipanti ricoprono diversi ruoli: medici – osservatori legali – eventuali rapporti con i media – “folletti” per il controllo e il supporto delle azioni – membri “arrestabili” – appoggio in carcere.
Collettivi: gruppi organizzati per realizzare una serie di compiti, raggiungere un obiettivo o portare avanti un progetto permanente. A differenza dei gruppi di affinità, i collettivi, lavorano su progetti a lungo termine o permanenti. Numericamente sono formati da 3 a 200 persone. Il processo decisionale di un collettivo può basarsi sulla democrazia diretta, sul consenso o sulla combinazione di entrambi.
Federazioni e reti: le federazioni sono essenzialmente delle alleanze tra gruppi di affinità e/o organizzazioni autonome. Una federazione anarchica può essere vista come l’organismo decisionale su scala regionale, nazionale o internazionale, secondo i limiti geografici che la federazione si auto-impone; i collettivi o i gruppi di affinità che fanno parte della federazione possono essere visti come alleanze autonome locali. Le federazioni sono organizzazioni formali con statuti, regolamenti e precise formalità di iscrizione.
Le reti sono molto meno formali delle federazioni e di solito per farne parte richiedono solo di essere d’accordo con una serie di principi o di condividere un punto di vista politico generale. A differenza delle federazioni che mettono l’accento più sull’autonomia che sull’organizzazione formale. Questo non implica che le reti anarchiche non siano organizzate o che siano contro l’ organizzazione; dal punto di vista organizzativo permettono ai singoli gruppi di impegnarsi in azioni adatte al contesto della rete stessa soprattutto utilizzandola come forma di solidarietà e aiuto alle necessità del singolo gruppo. Esistono due tipi principali di reti: le reti formali, che hanno un processo decisionale basato su un organismo composto da delegati per prendere le proprie decisioni, e le reti informali, basate su una reale “organizzazione” anarchica del processo decisionale.
I Black Bloc, ovvero, un insieme di anarchici e di gruppi di affinità che si organizzano tra loro per una specifica azione di protesta. Le caratteristiche variano a seconda dell’azione, ma gli obiettivi principali sono di garantire solidarietà di fronte alla repressione poliziesca e di trasmettere una critica anarchica a ciò per cui si protesta in quel determinato giorno . a torto si ritiene che il black bloc sia un organizzazione effettiva, ma in realtà il black bloc è un raggruppamento solo temporaneo di anarchici che rappresentano un singolo spezzone delle marce di protesta, in ciò, molto simile alla tattica della disobbedienza civile. Vi sono varie ragioni per cui alcuni anarchici formano dei black bloc durante le dimostrazioni: tra queste ci sono la solidarietà – un consistente numero di anarchici fornisce copertura contro la repressione della polizia e mette in pratica la solidarietà della classe operaia; la visibilità – il black bloc è come una marcia dell’orgoglio gay; le idee – modo di rappresentare la critica anarchica; il mutuo soccorso e la libera associazione – fornisce un esempio visibile di come i gruppi di affinità possono unirsi in un gruppo più ampio e coordinare obiettivi comuni; l’escalation – è un metodo per innalzare il livello di una protesta così che vada oltre il mero riformismo o gli appelli allo stato perché rimedi alle ingiustizie.
“come tattica di protesta, l’utilità di distruggere la proprietà privata è limitata ma importante. Porta i media sul posto e manda il messaggio che le grandi aziende apparentemente intoccabili,in realtà non lo sono”.
“la gente che partecipa alle manifestazioni, e chi sta a casa davanti alla tv, può vedere che un piccolo sasso, in mano a un individuo motivato, può abbattere un muro simbolico.”
“le tattiche militari durante una dimostrazione attirano l’attenzione dei media”
Le azioni tipiche di un blocco nero sono:
- marciare in blocco allo scopo di creare un forte effetto visivo a sostegno della protesta intrapresa
- cercare lo scontro diretto con le forze dell’ordine
- costruire barricate
- uso sistematico del vandalismo e della distruzione di simboli del capitalismo allo scopo di attirare l’attenzione sui loro obiettivi
- deviare dai percorsi imposti dalle autorità ai cortei autorizzati, distraendo e ingannando le forze dell’ordine circa i propri movimenti
- liberare individui tratti in fermo dalle forze dell’ordine
- aggredire contingenti isolati delle FF.PP. tentando di impadronirsi delle armi in dotazione da utilizzare nei successivi scontri e /o come trofei da esibire
Durante lo svolgimento delle manifestazioni di piazza è stata rilevata una sostanziale differenziazione “operativa” del cd. blocco nero dagli altri partecipanti. Difatti, in numerosi casi, è stata riscontrata una sostanziale spaccatura tra il black Block e le azioni “delocalizzate” realizzate dagli altri manifestanti. Durante una “sfilata”, il blocco nero ebbe modo di radunarsi in vari capannelli onde celare l’azione di “mascheramento”, offuscata dall’uso di fumogeni, effettuata all’interno del corteo con la inconsapevole copertura di manifestanti ignari dell’operazione.
I materiali da utilizzare per gli scontri sono forniti dalle staffette, ovvero, celati in autoveicoli o furgoni regolarmente posteggiati, con largo anticipo, nelle vie limitrofe rispetto all’itinerario del corteo.
Di non minor rilievo evidenziare il ruolo ricoperto da soggetti di sesso femminile evidenziatesi sia per il lancio di oggetti, sia per la copertura fornita ad altri elementi, di sesso opposto, fruitori della copertura data dal fermo delle ragazze e seguito dalla solita “pantomima” e dai tentativi di fuga messi in atto dalle medesime.
La tattica del black bloc, risulta di notevole spessore se relazionata ai momenti in cui viene posto in atto il cordone “sanitario” creato ai lati del blocco: viene improvvisata una cortina di fumo adoperando fumogeni colorati e torce, innalzando striscioni e coprendo, di fatto, il mascheramento dei manifestanti e la distribuzione di armi improprie idonee agli scontri.
E’ da sottolineare che gli scontri con le Forze di Polizia vengono, ovviamente, coordinati tramite comunicazioni effettuate con telefoni cellulari e chat appositamente precostituite con le quali, tenendo conto delle mosse dei reparti di ordine pubblico, si improvvisano nuove azioni diversive a mezzo di barricate o roghi.
Il black bloc, in molteplici occasioni, mise in atto la tattica del “distaccamento mediatico” in parte occultato dietro a striscione di protesta predisposti e riportanti l’obiettivo della protesta, un’esposizione alla quale seguono lanci di oggetti contro gli altri manifestanti, slogans e palese esibizione delle “mascherature” in tute nere, maschere antigas e bastoni per dare rilievo mediatico all’azione.
E’notevole rilevare che nessuno dei soggetti precedentemente “armatisi” di bastoni, manici di piccone e quant’altro, sia mai arrivato a contatto diretto con le FF.PP. appiedate, ma, viene rilevata l’intenzione di “isolare” i blindati e/o i mezzi da O.P.
Tutti i protagonisti coinvolti negli scontri sono ricorsi al lancio di pietre, sampietrini, gas urticanti, estintori, bombe carta e, in almeno un caso documentato, di lancio di sassi mediante una improvvisata catapulta formata da elastici.
Attualmente si è rilevata un’alleanza di fatto tra gruppi anarchici di Italia (Milano, Torino, Roma), Francia (Tolone, Bordeaux, Parigi), Grecia (Atene) e Germania (Berlino Dusseldorf) che potrebbero proporsi, nel loro insieme, per i prossimi appuntamenti di piazza.
Il quadro fornito pone in evidenza come il protrarsi delle proteste anti-israeliane dalle caratteristiche proprie del vero e proprio antisemitismo possa sfociare in atti di insurrezione armata da parte di realtà antagoniste e/o antisistema.
Il trait d’union Palestina-Israele-Usa-imperialismo-capitalismo, è comune a tutte le realtà sopracitate e qualsiasi motivazione trascendente da cronache quotidiane, può condurre alla convocazione di manifestazioni, cortei, azioni delocalizzate e, per quanto attiene ai citati gruppi della sinistra extraparlamentare, già oggetto di escusso, a indurre a ritentare la via, tristemente nota, della lotta armata.