Una mezza bocciatura, un mezzo salvataggio. Potremmo riassumere così l’attesissima decisione della Corte Costituzionale sull’Italicum, baluardo indiscusso dei quasi tre anni di renzismo al Governo. La decisione, giunta nel pomeriggio e già incautamente anticipata da numerosi esponenti politici e dei media, ha in realtà spazzato via molte delle previsioni della vigilia. Il primo aspetto che emerge chiaro è il salvataggio di un sistema maggioritario, sia pur limitato alla sola Camera dei Deputati (l’Italicum, in previsione della vittoria del sì al referendum, non contemplava il Senato). Nulla da fare, quindi, per i fan di un ritorno sic et simpliciter al proporzionale anche se, mormorano in Transatlantico, nessuno oggi è in grado, da solo, di raggiungere il 40% e quindi accaparrarsi il premio di maggioranza di 340 seggi: un proporzionale maggioritario, quindi. Ma vi è di più. Altra previsione clamorosamente smentita è quella relativa ai capilista bloccati: pur in odore di bocciatura sin dal varo dell’Italicum, la Corte Costituzionale li ha praticamente fatti salvi con l’eccezione, questa sì clamorosa, rappresentata dalle pluricandidature: il sorteggio del collegio d’elezione farà posto all’arbitrarietà finora imperante.
Da oggi l’Italia ha quindi ben due leggi elettorali, figlie delle decisioni e dei tagli della Corte Costituzionale: un unicum nella storia d’Italia. La prima legge, il Consultellum, in vigore per il solo Senato della Repubblica, è un proporzionale puro, con soglie di sbarramento notevoli mentre il Consultellum 2.0, è un proporzionale a trazione fortemente maggioritario. Entrambe immediatamente applicabili (ma, per legge, non poteva essere altrimenti). Molto difficile, se non impossibile, che da questi due sistemi possa uscir fuori, all’indomani delle elezioni, una maggioranza chiara. Una caratteristica, questa, che fa sponda a chi non disdegnerebbe di andare alle urne con la certezza di poter contrattare al rialzo nelle trattative per la formazione del nuovo Governo.
“La sentenza è il minimo indispensabile”, dice a Ofcs.report l’ex senatore Vincenzo Palumbo, assieme a Felice Besostri e Giuseppe Bozzi, nel pool degli avvocati ricorrenti e che in passato, sempre da ricorrente, aveva promosso dinanzi alla Consulta la bocciatura del Porcellum. “Uno degli aspetti più interessanti – continua Palumbo – è quello rappresentato dal rigetto della questione di inammissibilità paventata dall’Avvocatura dello Stato, posizione fino ad oggi condivisa da parte della dottrina dei costituzionalisti. Ciò apre la strada agli altri ricorsi non giunti ancora all’esame della Corte: è un vero precedente che fa giustizia di tutte le questioni di inammissibilità che l’Avvocatura e parte della dottrina aveva profilato, magari irridendo i ricorrenti”.
Una decisione, quella della Consulta, che sembrerebbe aver accontentato un po’ tutti. Dalla Lega al Movimento Cinque Stelle adesso si chiede a chiara voce il voto subito. “Ora la legge c’è, non ci sono più scuse, andiamo a votare “, scrive Giorgia Meloni. Sulla stessa linea di pensiero anche il leader della Lega, Matteo Salvini, che addirittura suggerisce il 23 aprile come data utile al voto.
“Habemus Legalicum, andiamo al voto subito”, scrive Beppe Grillo nel suo blog e a fargli eco ci sono anche i suoi fedelissimi Di Maio e Di Battista. Una sentenza che fa felice anche l’ex premier Matteo Renzi, lo stesso che aveva proposto e fortemente voluto l’Italicum. Tuttavia, non sarà facile per lui convincere gli stessi renziani a votare subito. E non sarebbe questo l’unico impedimento a votare subito, sembrerebbe più realistico il voto dopo il 15 settembre, giorno in cui si raggiungeranno i termini per il diritto al vitalizio. Ufficialmente non conta, è vero, ma quando si fanno i conti, si gira e rigira più volte.
Ha collaborato Eleonora Spadaro