Nell’arco di cinque giorni, Roma sarà la méta di due personalità di assoluto rilievo del mondo islamico. Oggi l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al Thani, sarà ospite del presidente Mattarella al Quirinale, visita che aprirà una serie di incontri per la firma di accordi nel campo della sanità, dell’agroalimentare, dello sport e dei giovani e della ricerca. Il viaggio dell’eminente personalità del Golfo Persico non può, comunque, rimanere scevra da alcune riflessioni. Poi sarà la volta di Rashed el Ghannouchi, indiscusso leader di Ennahda, che sabato prossimo parteciperà ad un convegno.
Arabia Saudita, Egitto, Bahrein e Emirati arabi contro il Qatar
L’emirato del Qatar, infatti, risulta coinvolto nel finanziamento al terrorismo di matrice islamista e, come tale, sottoposto ad embargo da parte di Arabia saudita, Egitto, Bahrein e Emirati arabi. La ragione delle misure sanzionatorie da parte dei quattro Paesi della Lega araba, è il risultato del mancato riconoscimento di Doha delle entità di Hamas, Hezbollah e dei Fratelli musulmani quali organizzazioni terroristiche, arrivando ad ospitarne, in diverse occasioni, i leader ed i sostenitori e, in modo assai sottile, di finanziare le medesime organizzazioni destinando cospicui fondi ad Ong ufficialmente impegnate nel sociale.
In un recente passato, anche gli Usa consideravano il Qatar uno stato satellite dei network del terrore, ma i qatarioti hanno voluto dimostrare ampia disponibilità al dialogo ospitando la flotta statunitense nei propri porti e firmando un memorandum d’intesa per la cooperazione tra i due paesi nella guerra al terrorismo.
In Italia, i fondi qatarioti sono generosamente elargiti a numerose associazioni islamiche che, formalmente, li destinano alla costruzione o all’apertura di nuove moschee. In realtà, la mancata tracciabilità di numerose movimentazioni di denaro rende impossibile stabilirne le reali finalità. La Qatar Charity foundation è l’istituto che in più occasioni si è distinto per i movimenti di denaro in favore di ambienti islamisti in Italia più volte posti sotto la lente d’ingrandimento dell’intelligence.
In più di un’occasione alcune fonti hanno sottolineato come una buona parte dei fondi destinati all’apertura di nuovi luoghi di culto, sarebbero stati misteriosamente sottratti e gli emissari qatarioti abbiano successivamente negato l’invio di altri finanziamenti se non dietro garanzie della devoluzione degli stessi alla sola acquisizione di locali per la preghiera.
Chi è Rashed el Ghannouchi
Sabato prossimo, sarà la volta di Rashed el Ghannouchi, indiscusso leader di Ennahda, partito islamista tunisino, in arrivo nella Capitale per un convegno. Fondatore dapprima del Movimento per la tendenza islamica e, successivamente di Ennahda (rinascita), el Ghannouchi ha trascorsi non proprio limpidi.
Passato dalle fila del movimento di predicazione Tabligh, negli anni ’70 abbracciò le teorie fondamentaliste proposte dall’egiziano Sayyed Qutb e dal pakistano Abu a’la Mawdudi, basi della futura dottrina jihadista avocata dapprima da Gulbuddin Hekmatyar, seguito anche da Receyyp Erdogan, e successivamente da Oussama bin Laden e Ayman al Zawahiri.
(da sinistra Rashed el Ghannouchi, Gulbuddin Hekmatyar e Receyyp Erdogan)
Espulso nel 1991 dalla Tunisia dall’allora presidente Zine el Abidine, impegnato a combattere l’islamismo dilagante, el Ghannouchi ottenne asilo politico a Londra, dove rimase fino alla rivoluzione dei gelsomini, quando gli fu consentito il rientro in patria. Nel frattempo, gli esuli di Ennahda nei vari paesi europei, Italia compresa, avevano compiuto un’ampia opera di proselitismo, guidando la trasformazione dell’entità politica, che formalmente rimaneva moderata, in varie ramificazioni incluse in fazioni terroristiche. Inizialmente, il gruppo combattente tunisino poi il Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento e infine Ansar al Sha’aria, si sono “avvalsi” di personaggi di rilievo transfughi proprio del partito fondato da el Ghannouchi.
Le filiere di Ennahda in Italia si sono espanse da Roma dove, verso la fine degli anni ’90, un nutrito gruppo di islamisti sostenitori di el Ghannouchi trovarono ospitalità come “richiedenti asilo politico” manifestando alle autorità le persecuzioni alle quali si dicevano sottoposti in Patria. La presenza di tunisini legati a Ennahda si diffuse a macchia di leopardo con la creazione di centri di preghiera da Varese a Ravenna, da Milano a Napoli. Quegli stessi centri che con l’inizio del nuovo millennio, e l’avvento prima di al Qaeda poi dello Stato islamico, salirono alla ribalta delle cronache poiché, “improvvisamente”, ci si accorse che ospitavano da anni veri e propri terroristi.
È un bene che el Ghannouchi, nelle precedenti visite a Napoli e Roma, abbia voluto esternare la propria presa di distanza dal terrorismo e dalla violenza politica in generale ma dimenticando di disconoscere le sue precedenti posizioni in merito all’uso della lotta armata contro i presunti regimi dispotici politicamente vicini all’Occidente e, soprattutto, contro Israele, nell’irrisolta “questione palestinese”.
Gli islamisti e quell’autorizzazione a mentire
Entrambi i personaggi in arrivo in Italia si prestano ad un lecito inquadramento delle loro personalità in due dottrine simili tra loro, praticate dagli islamisti.: la taqyyia e la tawriya, ovvero, la dissimulazione.
Le due pratiche consentono infatti, di mentire lecitamente, in determinate circostanze, se questo è fatto per il bene dell’Islam, soprattutto in un’ottica di espansionismo religioso o di autodifesa. É bene sottolineare, inoltre, che la menzogna e l’inganno sono estremamente radicate nella cultura islamista più di quanto si potesse pensare in passato. Esempi lampanti sono proprio le richieste di asilo presentate da sedicenti profughi o i giuramenti di pentimento dei terroristi catturati, per arrivare alle dichiarazioni di eminenti personalità dell’Islam quando ostentano la ferma volontà di rispettare leggi e tradizioni dei paesi ospitanti in un ottica di pacifica convivenza.
Tawriya e Taqyyia sono quindi ammissibili se è necessario o servono a un interesse della Sha’aria. E questo interesse va inteso nel senso più ampio, dal potenziamento dell’Islam, alla sottomissione degli infedeli. Gli islamisti, attraverso queste due legittimazioni di un comportamento non consono al vero fedele, ricevono un assegno in bianco per mentire, che risulta senza alcun dubbio di fondamentale importanza dai comportamenti personali, alle riunioni diplomatiche di alto livello o nella firma dei trattati internazionali.