Diritto all’infanzia, negato. Diritto allo studio, negato. Benvenuti in Indonesia, dove una donna su quattro viene obbligata a sposarsi prima dei diciotto anni. A questo proposito nei giorni scorsi, dopo un congresso a cui hanno partecipato una grande maggioranza di donne musulmane, è stata emessa a Cirebon, nell’isola di Giava, una fatwa per salvare le spose bambine.
Nonostante la fatwa non abbia grande valore a livello legale, è comunque un passo importante per cercare di ‘attenuare’ questa arcaica usanza, la quale quasi sempre e per ovvie ragioni, finisce sempre con il divorzio.
“Possiamo intraprendere azioni e non aspettare solamente che il governo protegga queste bambine”, ha affermato durante il convegno Ninik Rahayu, l’organizzatrice dell’evento.
La notizia, in questo caso, è che di norma nel paese indonesiano le fatwa non sono emesse da donne, ma come sempre dal Consiglio nazionale degli ulema, un organismo composto quasi interamente da uomini.
Ma la piaga dei ‘matrimoni precoci’ è purtroppo una realtà diffusa in tutto il mondo. Basti pensare che 70.000 ragazze tra i 15 e i 19 anni si sposano e vanno incontro alla morte a causa di complicazioni durante la gravidanza e il parto.
India, Giordania, Eritrea, Niger, Bangladesh, Ghana, sono solo alcuni dei luoghi dove queste donne, ancora bambine, devono rinunciare a quello che è il loro diritto all’infanzia.
In Africa, secondo i dati Unicef, la situazione è fra quelle più drammatiche, si pensa che le spose bambine raddoppieranno entro il 2050.
“Il matrimonio infantile genera norme sociali che sono diventate sempre più difficili da eliminare, norme che minano il valore delle nostre donne – ha dichiarato all’agenzia Dire Welfare, la presidente della Commissione dell’Unione Africana Nkosozana Dlamini Zuma – Attraverso una maggiore sensibilizzazione, combinata a un approccio collaborativo, i disastrosi effetti del matrimonio infantile possono essere eliminati”.
Quando i bambini si sposano la loro prospettiva di una vita in salute, e prosperosa, diminuisce drasticamente e spesso stabilisce un ciclo di povertà intergenerazionale. Le spose bambine hanno meno probabilità di terminare gli studi, sono più a rischio di essere vittime di violenze e di contrarre il virus dell’Hiv. I bambini nati da madri adolescenti corrono un rischio maggiore di morire alla nascita o subito dopo il parto, e di nascere sottopeso. Le spose bambine spesso non hanno le competenze necessarie per trovare un lavoro.
L’Unione Africana, lo scorso anno, ha lanciato in tutto il continente una campagna per porre fine al matrimonio infantile. A questo ha fatto seguito un piano di azione per i governi per ridurre il fenomeno aumentando le registrazioni alla nascita delle bambine e permettendo l’accesso ad un’istruzione di qualità e a servizi di salute riproduttiva. Inoltre è previsto un rafforzamento e la messa in pratica di leggi e politiche che proteggano i diritti delle bambine e delle adolescenti proibendo anche il matrimonio prima dei 18 anni.
Ma la situazione è preoccupante anche in India, il Paese con il più alto numero di spose bambine, con il 47% delle ragazze, più di 24,5 milioni, sposate prima di aver compiuto i 18 anni.
A seguire anche paesi come l’Afghanistan, la Somalia, e lo Yemen dove si sono registrati numerosi casi di spose bambine, che arrivavano ad avere meno di dieci anni.
La povertà generata dalle guerre è la prima causa che va ad alimentare questo fenomeno. Molte famiglie infatti costringono le ragazze a sposarsi in tenera età, nella speranza di aiutarle ad ottenere sostegno e sostentamento che loro non possono più offrirgli.
In India, del resto, così come in Afghanistan, Yemen e Somalia, sono numerosi i casi di spose bambine che hanno meno di 10 anni.
Ma anche le catastrofi naturali incentivano questi matrimoni precoci. Come accade in Bangladesh, dove il 52% delle donne si sposa prima di aver compiuto diciotto anni. E, dato allarmante, il 2% delle spose bambine nel Paese ha meno di 11 anni.
Tutto questo accade ogni giorno, in tutto il mondo, nonostante i matrimoni precoci contravvengono ai principi della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che sanciscono per ogni essere umano sotto i 18 anni la libertà di esprimere la propria opinione (articolo 12) e il diritto a essere protetti da violenze e sfruttamento (articolo 19), e alle disposizioni di altri importanti strumenti del diritto internazionale.