Le partenze di clandestini dalla Tunisia vanno avanti da anni. Adesso, però, il rischio aumenta. Le preoccupazioni relative alla rotta Sfax – Lampedusa non sono limitate al solo flusso di clandestini in cerca di un’occupazione in Occidente. Infatti, a fronte del doppio indulto concesso dalla giustizia tunisina nei confronti di circa 1600 detenuti per reati comuni, si è assistito ad una crescita esponenziale di sbarchi sulle spiagge dell’isola siciliana di ex galeotti che, stando anche a quanto segnalato di recente dal sindaco di Lampedusa, Totò Martello, hanno di fatto preso possesso di ampie zone della cittadina dove sono stati segnalate molestie, furti e minacce in danno dei locali. Un problema non indifferente se si considera che l’isola siciliana sembra aver esaurito la propria disponibilità all’accoglienza indiscriminata alla quale è stata esposta in modo irresponsabile da diversi anni.
Le partenza dalla Tunisia vanno avanti da anni
Nonostante l’argomento sia finito agli onori della cronaca solo nelle ultime settimane, visto che dalla Libia il flusso si è ridotto, la rotta da Sfax non è nuova per gli addetti ai lavori. Il 29 settembre scorso proprio a Sfax, nel quartiere di Sidi Mansour, la polizia tunisina ha tratto in arresto un boss del traffico di esseri umani diretto verso il nostro Paese. L’uomo era da tempo ricercato poiché a capo di un’organizzazione dedita alla tratta di clandestini sulla rotta Sfax –Lampedusa, utilizzata anche da elementi orbitanti nell’ambito del terrorismo islamista, come già riscontrato nel mese di agosto 2016, quando, nelle isole Kerkennah, in prossimità di Sfax e a soli 120 chilometri da Lampedusa , la Guardia nazionale tunisina fermò 4 persone in procinto di imbarcarsi clandestinamente veso le coste italiane.
Tra gli arrestati, gli agenti riconobbero un ricercato per reati specifici, classificato come pericoloso e armato, in possesso di documenti di identità falsi, oltre a un ex agente delle forze dell’ordine tunisine sul cui capo era pendente un mandato di cattura. Ed ancora, nell’ottobre dello stesso anno, nel golfo di Hammamet, una persona ricercata per terrorismo da quelle autorità è stata fermata a bordo di un barcone insieme ad altri 39, mentre tentava la traversata alla volta di Pantelleria.
Ma non sono questi i primi casi in cui è emerso il dato che le coste tunisine abbiano sostituito, almeno in parte, quelle libiche come punti di partenza delle traversate verso l’Italia. Anche il 6 ottobre scorso le forze di sicurezza tunisine hanno provveduto a bloccare 19 persone mentre si accingevano ad imbarcarsi alla volta di Lampedusa, sequestrando loro ingenti somme di denaro che avrebbero dovuto essere consegnate agli scafisti come corrispettivo per il viaggio.
Tunisi e libici arruolati nelle fila dell’Isis
E la comprensibile inquietudine, non solo dei lampedusani, trova giustificazione anche di fronte al dato relativo all’arruolamento di circa 6.000 tunisini e 3.000 libici nelle file dell’Isis, che non è escluso possano utilizzare il tratto di mare tra Sfax e l’Occidente come un’autostrada della Jihad per ex miliziani in fuga o, addirittura per operativi inviati in missione in Occidente, per far perdere le proprie tracce ed infiltrarsi in Europa sfuggendo a ogni controllo.
Appare plausibile rilevare che le rotte per i traffici illeciti di migranti verso l’Italia, alternative a quella libica, che vanno da quella Algeria-Sardegna a quella Tunisia-Sicilia, rappresentino un’ulteriore pericolosa deriva del fenomeno migratorio anche e soprattutto a beneficio non solo di chi tenta la fortuna in cerca di un futuro migliore, ma anche per chi è pervaso da smanie di conquista.