Assalti letali e interventi umanitari: le due facce di una medaglia chiamata Col Moschin.
Fiumi di inchiostro hanno già ampiamente catturato le eroiche gesta degli Arditi del IX Reparto d’Assalto di “ieri” e degli Incursori del 9° Reggimento d’Assalto Col Moschin di “oggi”. Storici, militari e semplici appassionati del pianeta conoscono e apprezzano il valore militare del reparto incursori dell’Esercito Italiano. Poco però è stato scritto sulle attività condotte, dalle varie componenti del Reggimento, a latere o a supporto delle operazioni speciali ad alto rischio condotte nell’anonimato dalla componente operativa del Reggimento. Su queste atipiche attività di tipo “umanitario” – che sono atipiche per tutti i reparti militari, figuriamoci per una unità incursori – vogliamo accendere brevemente i riflettori per comprendere i motivi che spingono le preposte amministrazioni dello Stato a richiedere l’intervento dei nostri combattenti non convenzionali in situazioni diverse dal loro impiego naturale. L’unica ragione d’essere degli incursori è, infatti, l’impiego nei NATO Principal Tasks assegnati alle Forze Speciali 1 o, a livello nazionale, in compiti di contro-terrorismo (CT) o di supporto operativo all’Agenzia Informazioni per la Sicurezza Estera (AISE).
Tuttavia il 9° reggimento Col Moschin è stato più volte chiamato ad operare sul territorio nazionale a supporto delle popolazioni pesantemente colpite da calamità naturali o disastri dovuti all’incuria dell’uomo. Dall’alluvione di Parma, nel 1994, in cui il Reggimento fu richiesto per le peculiari capacità subacquee e l’abilitazione ed expertise nell’impiego degli esplosivi anche sott’acqua, al più recente disastro del ponte Morandi, in cui al 9° venne richiesta la demolizione chirurgica degli stralli di grandi dimensioni con l’uso di micro cariche esplosive (il più grande problema era costituito dai possibili danni collaterali che un’esplosione avrebbe potuto causare in un’area densamente abitata), fino all’alluvione dei giorni nostri che ha pesantemente flagellato l’Emilia-Romagna.
Ma cosa spinge i decision makers nei momenti di crisi alla scelta di un assetto così pregiato come il 9° per dei task non precisamente “speciali”, come nel caso di quest’ultima alluvione?
Innanzitutto l’emergenza e quindi l’importanza del compito. In seguito la prontezza e le capacità uniche. Banalizzando si potrebbe rispondere a questa domanda dicendo che “sono lì”, “sono militari e come tali pronti esecutori di ordini” ed anche che “hanno capacità, procedure, mezzi, equipaggiamenti ed apparecchiature speciali ed uniche nel loro genere”. Ma dietro la banalità di queste immaginarie (ancorché veritiere) risposte, c’è anche molto altro. In primis, come sempre, c’è l’uomo. Non un uomo qualunque. C’è un uomo altamente selezionato, motivatissimo e resistente sotto il profilo psico-fisico 3, con la sua determinazione, la sua pluriennale esperienza nell’impiego di speciali procedure tecnico-tattiche e nell’utilizzo di mezzi/materiali/equipaggiamenti non convenzionali e la sua ostinata determinazione a mantenersi sempre in forma; poi c’è la maniacale cura dell’hardware, sempre efficiente, revisionato, a norma e pronto all’uso…….perché “non si sa mai!”…….c’è la quasi romantica devozione al dovere che inchioda quest’uomo al cellulare per aspettare una chiamata d’emergenza che il più delle volte non arriva. Ma quando arriva, trova sempre risposta!
Il Col Moschin in Emilia Romagna
Ed è così che, nel caso della recente e tragica alluvione, in sole 3 ore da quella chiamata, 43 uomini del 9° con 10 battelli FC 470 Zodiac Milpro con motore da 40 cv completamente sgonfi, disassemblati e appositamente confezionati (per ridurre i volumi e massimizzarne il numero sugli automezzi!), un sufficiente numero di materiali subacquei per interventi di ricerca dispersi recupero salme, caricati su 2 veicoli Iveco ACTL lasciavano la Base Addestramento Incursori (BAI) del 9° Reggimento in direzione Emilia-Romagna. In loco i militari procedevano, in soli 60 minuti (frutto di esperienza e molte, molte ripetizioni!), a rendere pronti all’uso i 10 gommoni e ad iniziare gli interventi di salvataggio secondo le direttive del Centro di Coordinamento e Soccorso (CCS) presieduto dal Prefetto di Ravenna. Presso il citato CCS, un Ufficiale Superiore Incursore d’esperienza (uno di quelli che, da giovane subalterno, ha partecipato in prima persona a diverse azioni dirette ad alto rischio, ivi incluse attività di controterrorismo e di Hostage Release), nel ruolo di coordinatore e Liaison Officer, provvedeva a dirigere l’aliquota del Col Moschin sui siti più difficili da raggiungere.
Altro aspetto peculiare della scelta: per gli Incursori non vi è alcuna differenza tra l’approntare i battelli per un’inserzione clandestina mediante aviolancio in mare da alta quota, per il conseguimento di un obiettivo militare di livello strategico, o confezionare i battelli (allo stesso modo), caricarli su dei camion e prestare soccorso alle popolazioni colpite da un’alluvione! I tempi di risposta (brevissimi e difficilmente replicabili, per meccanismi che non sono rodati da sempre, come invece lo sono al Nono), la dedizione al servizio e l’esperienza messa in campo sono esattamente le stesse! Inoltre, gli uomini del “Col Moschin” non temono l’impiego prolungato senza riposo e sono abituati a lavorare in condizioni di alto stress psico-fisico. Lo fanno da sempre.
Non devono, inoltre, sottostare a norme di “crew rest” (periodo di riposo obbligato) che ne impongono il fermo per il recupero delle capacità psico-fisiche e operative. Assolvono alla missione, qualunque essa sia e indipendentemente dal tempo di ininterrotto impiego richiesto! Successivamente, se ci sarà la possibilità, si riposeranno.
Queste sono, a giudizio dello scrivente, le motivazioni che rendono un assetto così pregiato come il 9° Col Moschin una risorsa irrinunciabile anche in situazioni che poco hanno a che fare con il combattimento ma comunque “ad alto rischio” e che spesso richiedono procedure insolite e poco convenzionali per il salvataggio della popolazione o per il bene pubblico.
Nel caso della recentissima alluvione dell’Emilia-Romagna, l’assetto messo in campo dal 9° Reggimento è costituito da personale, mezzi, equipaggiamenti e materiali tratti dalla Base Addestramento Incursori (BAI), ovvero da quella componente addestrativa e di Combat Support per le operazioni speciali degli Incursori. Una componente unica nel suo genere, che fornisce supporto, logistica e specifiche capacità di comando e controllo, di inserzione e anfibie a quegli uomini “invisibili” che conducono operazioni ad alto rischio in giro per il mondo ed assicurano tutti i giorni dell’anno un dispositivo ad altissima prontezza sia per l’eventuale tutela di interessi nazionali (come, ad esempio, la recente evacuazione connazionali magistralmente portata a termine nel martoriato territorio del Sudan) sia per eventuali esigenze di contro-terrorismo in supporto al ministero dell’ Interno. La Base Addestramento Incursori, infatti, è un’unità pregiatissima ed unica in ambito Forze Speciali della Difesa, contraddistingue il 9° reggimento Col Moschin ed è dotata di materiali, equipaggiamenti, imbarcazioni e apparati allo stato dell’arte oltre ad essere composta da ex uomini “invisibili” e militari altamente specializzati e d’esperienza nelle operazioni in ambiente anfibio.
Di seguito alcuni dati esplicativi degli interventi condotti dall’aliquota del “Col Moschin” impiegata nell’emergenza alluvionale dell’Emilia-Romagna:
⁃ 100 interventi in 96h continuative;
⁃ oltre 1000 persone tratte in salvo, incluse persone inferme, anziani (fino alla veneranda età
di 98 anni!), donne in gravidanza e moltissimi bambini;
⁃ alcuni animali domestici salvati;
⁃ trasporto materiali per messa in sicurezza di infrastrutture strategiche sul territorio.
Oggi il dovere è questo, ma da domani gli uomini della BAI ricominceranno il quotidiano impegno a supporto della componente incursori del reggimento e il velo di discrezione e di riservatezza verrà ricalato sul loro operato.