Hanno battuto i pugnetti, ovviamente chiusi, sulla scrivania del direttore di Repubblica.
Una ventina di attivisti No Tav, questa mattina, hanno occupato la sede romana del quotidiano rivendicando una “narrazione assente” sugli ultimi scontri accaduti in Val di Susa, a San Didero.
Dove alcuni di loro si sarebbero fatti la bua per il lancio di candelotti di gas lacrimogeno lanciati dai poliziotti, a loro dire “ad altezza d’uomo”.
Denunciando che una delle attiviste della rete, Giovanna, è ancora ricoverata in ospedale dopo i tafferugli, e puntando il dito sul silenzio dei media e sulla parzialità delle notizie.
Così l’incursione mattutina nella sede del giornale diretto da Maurizio Molinari, che ha poi ricevuto tre di loro che gli hanno esposto le ragioni del blitz, elencate peraltro in una lista di quesiti rivolti al governo Draghi consegnata al direttore per essere pubblicata sul quotidiano.
E per finire, come “souvenir”, una manciata di bossoli dei lacrimogeni che gli agenti gli avrebbero sparato contro.
Tanto per non presentarsi a mani vuote.
Peccato abbiano dimenticato di portare anche quei “meravigliosi” chiodi a tre punte che i “simpatici” ragazzotti del movimento No Tav, insieme agli anarchici, posizionano spesso e volentieri sull’asfalto al passaggio dei mezzi delle forze dell’ordine per danneggiarli attentando alla vita dei poliziotti stessi.
Perché se la storia dobbiamo raccontarla, raccontiamola tutta.
E se la polizia talvolta potrebbe essere intervenuta con il pugno duro contro i manifestanti, un motivo ci sarà. O gli agenti devono sempre porgere l’altra guancia?
Come i poliziotti e i carabinieri intervenuti durante il blitz al quotidiano romano che si sarebbero addirittura permessi, udite udite, secondo quanto denunciato dagli attivisti che hanno occupato la sede di Repubblica, di “bloccare compagni e compagne, perché dovevano essere identificati, per oltre un’ora nell’atrio del palazzo”.
E cosa avrebbero dovuto fargli? Un applauso? O ritirarsi in buon ordine al loro passaggio?
Fatemi capire.
Da oltre un anno gli italiani tutti, a giorni alterni, secondo il colore della zona e l’umore dei membri del Cts debbono girare muniti di autocertificazione anche per portare il cane a far pipì.
E non sarebbe lecito chiedere i documenti a chi pretende di entrare a forza in una proprietà privata?
“Le azioni giudiziarie contro il movimento No Tav sono più simili a quelle dei regimi dittatoriali che a quelle di una democrazia”, rivendicano tra le altre cose gli attivisti sugli esiti degli scontri in val di Susa e sulle sentenze.
E interrogano il premier Draghi se intenda proseguire su questa linea.
E per farlo occupano la sede di un giornale pretendendo di non essere identificati dagli agenti che avrebbero dovuto, forse secondo loro, porsi sull’attenti e magari fargli la ola.
Compagne e compagni, provate a farlo in un Paese dove c’è una dittatura, ma una di quelle vere.
In Cina per esempio.
Poi ce lo venite a raccontare.
Se ne uscite vivi.
***Foto Conterbopress