a cura di Veronica di Benedetto Montaccini
Diciotto paesi votano a favore dell’uso del glifosato all’interno dell’Unione europea ancora fino al 2022, dopo uno scontro di un anno in Commissione. Il rinnovo passa grazie al voto a sorpresa della Germania, che ha cambiato posizione all’ultimo momento. Italia e Francia dicono no.
Quando la salute e l’ambiente non sono una priorità
“Una brutta pagina a Bruxelles, la proroga per un erbicida sospetto di cancerogenicità significa negare totalmente il principio di precauzione, terremo alta la pressione sia a livello nazionale che internazionale”, afferma la coalizione italiana StopGlifosato.
ll voto sul rinnovo dell’autorizzazione dell’erbicida più diffuso nel mondo, è avvenuto nel cosiddetto “comitato d’appello”, che riunisce i rappresentanti degli Stati membri a livello ministeriale. Si sono espressi a favore 18 paesi (quasi tutti i paesi dell’Est) , 9 contrari (Italia, Francia, Belgio, Grecia, Ungheria, Cipro, Malta, Lussemburgo e Lettonia) e 1 solo astenuto (il Portogallo). Macron ha annunciato che il divieto scatterà entro tre anni in Francia. In Italia, come ha ribadito la Coldiretti, rimane il divieto di uso dell’erbicida in parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, strutture sanitarie e le limitazioni all’utilizzo nei campi.
Determinante è stata la posizione presa dalla Germania che, secondo Maria Grazia Mammuccini, portavoce della coalizione StopGlifosato “lascia pensare al fatto che dopo l’acquisizione di Monsanto da parte della Bayer, il governo di Berlino pensi alla protezione dell’ambiente e della salute in maniera nettamente più tiepida che in passato“. Le 51 associazioni che fanno parte della Coalizione, assieme al grande movimento di cittadini che si sono mobilitati in Italia e in Europa, aveva chiesto lo stop immediato per una sostanza sicuramente dannosa, al di là delle polemiche sulla cancerogenicità. “Le persone che avrebbero dovuto proteggere la salute pubblica hanno tradito la fiducia degli europei ignorando gli avvertimenti della scienza indipendente”, ha detto Franziska Achterberg, direttore delle politiche alimentari di Greenpeace, che considera il risultato di ieri “un regalo alle multinazionali agrochimiche, a scapito di salute e ambiente”.
I Monsanto papers e la pressione delle lobby
Solo un mese fa l’Europarlamento aveva bocciato a larga maggioranza (355 voti favorevoli, 204 contrari e 111 astenuti) la richiesta di prolungare di 10 anni l’autorizzazione del pesticida votando per il divieto immediato di uso domestico e il bando totale entro il 2022. I deputati avevano dichiarato che “i documenti interni della Monsanto – l’azienda proprietaria e produttrice del Roundup, di cui il glifosato è la principale sostanza attiva – che sono stati resi pubblici, hanno fatto sorgere dubbi in merito alla credibilità di alcuni studi utilizzati dall’Ue ai fini della valutazione della sicurezza del glifosato”.
Il pesticida è considerato probabilmente cancerogeno dallo Iarc, l’Istituto di ricerca sul cancro dell’Oms, e non cancerogeno da due agenzie europee (Efsa e Echa). Ma quanto ci può fidare di queste ricerche? I cosiddetti Monsanto papers, un’inchiesta pubblicata da Le Monde quest’anno, hanno svelato le pressioni e le interferenze del gigante statunitense sulle istituzioni di controllo europee. In particolare, la Monsanto versa ufficialmente 400mila euro all’anno alla lobby belga Efsa. E secondo quanto stima il Corporate Europe Observatory si tratta di una cifra ben al di sotto di quella reale.
“Ci pareva sensata la proposta del governo italiano- spiega Maria Grazia Mammuccini- che proponeva un’uscita definitiva entro il 2020. Non è andata così: la proroga non sembra contenere una clausola di cessazione per l’uso del glifosato: in realtà c’è chi spera che l’opinione pubblica dimentichi il glifosato in questi 5 anni. Non sarà così. Già ora l’impegno dei cittadini ha evitato che la proroga fosse addirittura di 10 anni, come proposto dalla Commissione europea. Di fronte alle istituzioni UE si apre anche il problema dell’ICE, l’iniziativa dei cittadini europei contro il glifosato che ha raccolto un milione e 300 mila firme in 4 mesi”.
Quarant’anni di pesticida
Negli anni ’70, la Monsanto entra in possesso dell’invenzione di Henri Martin, pensata per pulire i tubi agricoli: il glifosato. Il suo successo verrà però da un utilizzo completamente diverso, cioè come diserbante. In effetti, il prodotto permette di eliminare tutte le erbe nocive (ma anche quelle non nocive), senza effetti sulle colture successive, basta rispettare il tempo di attesa di una settimana. Il prodotto diventa ancora più efficace se abbinato alle sementi geneticamente modificate (OGM) della stessa marca, resistenti alla sostanza. Ogni anno vengono vendute più di 700mila tonnellate di glifosato nel mondo. La molecola è infatti poco costosa e molto efficace. È per questo che dal 2000, quando l’uso esclusivo del brevetto da parte della Monsanto è scaduto, la sostanza è utilizzata da altre 90 aziende.
Il glifosato si trova oggi in oltre 750 prodotti, ed è attualmente l’erbicida più diffuso al mondo. Nel 2015, tuttavia, un’ombra oscura il successo del glifosato. Il Circ, centro di ricerca sul cancro e agenzia dell’Onu con sede a Lione, segnala il “carattere mutageno, cancerogeno per gli animali e probabilmente anche per l’uomo” della molecola. I ricercatori collegano il linfoma non hodgkin, un raro tumore del sangue, con l’esposizione al glifosato. La letteratura utilizzata all’epoca dal CIRC escludeva gli studi realizzati dalle aziende stesse. A partire da quella data, l’opinione pubblica, allora piuttosto indifferente se non addirittura favorevole al prodotto (grazie alle numerose campagne pubblicitarie realizzate dalla Monsanto), scopre di essere a contatto con una sostanza pericolosa.
Il recente documentario di Marie-Monique Robin, Le Roundup face à ses juges (2017), mostra questi anni di utilizzo smodato. Le protagoniste sono madri come Grataloup, francese, e Maria, argentina, che vivono vicino ai campi, raccontano come i loro bambini siano affetti da malformazioni dell’apparato respiratorio dovute all’utilizzo del Roundup. Un allevatore di maiali tedesco fa il paragone tra i suoi figli e i suoi maiali, nati con deformazioni da madri nutrite con sementi OGM contenenti glifosato. Di storie come queste ne esistono a centinaia e continueranno se le cose non cambiano.
“Il punto messo in discussione dalla raccolta di firme europee è molto chiaro – spiega StopGlifosato – la valutazione scientifica sulla sicurezza dei pesticidi può includere le ricerche promosse dalle aziende produttrici stesse? Bisogna battersi per decidere solo in base agli studi pubblicati su riviste scientifiche con il metodo della peer review e soprattutto studi che siano indipendenti”.