Generale, nutre dei rimpianti professionali? “No, assolutamente! Sono soddisfatto di quello che ho fatto e avuto nel periodo del cappello Alpino e altrettanto per i 17 anni da 007. Ovviamente non sono molto felice di quello che mi è successo dall’estate del ’90…”. Termina così l’intervista con il Generale Paolo Inzerilli, ex capo di Stato Maggiore del Sismi, consulente della Commissione Mitrokhin e deus ex macchina dell’operazione Gladio, e la cui vicenda viene narrata nel saggio scritto da Mirko Crocoli, “Nome in codice Gladio“, per il momento disponibile direttamente al link della casa editrice, su Amazon e altri principali siti tematici. Il libro è la fedele e incredibile cronistoria dettagliata dell’operazione Gladio, la struttura segreta voluta da Cia e Nato in epoca di guerra fredda. Parte della rete Stay Behind, Gladio fu il nome scelto per quella italiana. Un eccellente saggio composto da antefatti, eventi, scandali, uomini, mezzi, imponente materiale documentale, dati e nomi che lasciano poco spazio all’immaginazione.
“E’ una vicenda, che toccandomi in maniera diretta, andava assolutamente raccontata”. Questa affermazione fa parte della premessa del nuovo libro di Crocoli e che ne anticipa l’ardore e la fierezza della quasi totalità delle sue parole con cui racconta la vicenda Gladio. “Toccandomi in maniera diretta – spiega l’autore intervistato da Ofcs.report – per due motivi ben precisi: il primo è dovuto all’interesse personale che nutro sull’argomento da diversi anni e il secondo, ancor più sentito, è per l’amicizia oramai consolidata con il Comandante Inzerilli. Il lato umano di quest’uomo mi ha colpito, carpito e catturato. Dopo il primo incontro abbiamo trascorso momenti unici, parlato per centinaia di giornate in diverse località del centro Italia e presenziato ad almeno una dozzina di eventi collegati alle mie precedenti pubblicazioni. Andava raccontato il lato giudiziario, il contesto storico, i vari avvenimenti, tutte le sfaccettature dell’organizzazione Gladio (da Inzerilli guidata per 12 anni) ma, soprattutto, andava fatto emergere il lato squisitamente personale di Paolo e non del Generale ed ex Capo di Stato Maggiore del Sismi. Per fare ciò ho dovuto pazientare anni, ma ne è valsa la pena. Un lavoro emotivo e certosino da entrambe le parti, che ci ha uniti verso il progetto comune. ‘Nome in codice Gladio’ è la nostra prima creatura. Dico ‘prima’ perché non abbiamo escluso il volume bis o – nel prossimo futuro – (non tanto lontano) alcune interessantissime integrazioni per una eventuale seconda ristampa”.
Citando sarcasticamente e raccontando la cospirazione all’italiana, l’autore scrive: “Gladio uguale stragi, Gladio uguale bombe, Gladio uguale terrorismo, Gladio addirittura, uguale mafia”. Ma il suo saggio dona piena dignità storica (quella giudiziaria è avvenuta nel 2001) all’organizzazione italiana della rete Stay – Behind. “L’intento – spiega Crocoli – era quello di fare un po’ più di chiarezza su questa vicenda con dati e documenti alla mano. Ci sono sentenze passate in giudicato, ci sono stati processi poi finiti come sappiamo e assoluzioni per i vertici militari (Gen. Inzerilli, Amm. Martini e Cap. di Vascello Invernizzi). Questa storia che per trent’anni sono andati e sono tutt’ora (chi è rimasto di loro) sui carboni ardenti soltanto i militari e i civili gladiatori a me proprio non va giù. Perché la politica (Cossiga a parte) non ha alzato un dito per difenderli?? Perché tutti (o quasi) hanno negato l’esistenza. Perché il classico fuggi fuggi delle più alte cariche dello Stato? Era un ‘patto’ Nato, un accordo tra Paesi dell’Europa occidentale ma l’Italia, come al solito, ha fatto la sua vergognosa figura a livello interno ed estero. Per molti Gladio era quello (come da me “ironicamente” scritto e da lei riproposto) ma, in realtà, è l’esatto opposto, come poi confermato anche dal giudice Guido Salvini alla trasmissione Dixit di Giovanni Minoli, con queste precise parole: ‘Gladio non è le stragi, Gladio non è le bombe, Gladio non è il terrorismo’. Se lo dice un esperto di stragismo come il dottor Salvini non vedo come si possa ancora andare avanti con le teorie, le ipotesi, i sentito dire e le supposizioni. Tra l’altro ci tengo a precisare che, come disse un tal…, ‘la supposizione è la madre di tutte le chiacchiere’”.
Secondo il suo parere quale fu la principale motivazione del personale coinvolto nella rete a partecipare volontariamente all’organizzazione? “Secondo me – riprende Crocoli – era il senso della Patria, la voglia di mettersi in gioco per il proprio Paese, il desiderio di difendere noi (dietro le linee) da un nemico così potente come era il Patto di Varsavia. Il motto dice: ‘Silendo libertatem servo’ e dunque, in ‘Silenzio hanno servito la libertà’. Ci siamo forse dimenticati in quale contesto il mondo viveva? Guerra fredda, pericolo atomico, olocausto nucleare, terzo conflitto mondiale. Cose serie, ormai svanite nel nulla e che pochi ricordano. Il blocco di Berlino del ’48, i famosi ’13 giorni d’ottobre ‘62′, e gli attriti del 1983 furono situazioni al limite della criticità. Poi, altra cosa che mi fa ridere è quando si parla di Gladio sempre in tono nazi-neofascista. Disinformazione e ignoranza totale. I gladiatori erano tutti apolitici e Inzerilli liberale. Ovvio che non andavano a ‘fare l’amore’ con i sovietici, ma non hanno mai spostato idee ultra conservatrici, populiste o, peggio ancora, neofasciste. Quelli, se mai ci sono stati, erano altri tipi di agenti sotto copertura che “se la sono fatta” con gli estremisti, ma nulla a che vedere con Gladio/Stay Behind. Quanta confusione e quanto ancora inutilmente dibattere su questo storico argomento. Eppure, le dico, ci sono tutt’ora personaggi illustri, molto illustri (senza fare nomi), che gettano fango su questa struttura. Furono degli eroi, traditi dal loro stesso Stato. Secondo il mio modesto parere, fin qui, c’è stata troppa voce all’ignoranza e i famosi due pesi e due misure sono realtà che ha demonizzato tanta bravissima gente. I complottisti, per quanto mi riguarda, potrebbero anche smetterla, la cosa è diventata anche estremamente ridicola. E’ mancato e manca tutt’ora un po’ più di rispetto nei confronti della nostra intelligence, atto dovuto e sacrosanto. E’ morta gente per difendere la nostra Patria”.
Il 3 luglio 2001 la corte di Assise di Roma ha stabilito, in via definitiva, conformemente al giudizio già espresso nella relazione del Comitato Parlamentare per i servizi e informazioni sulla sicurezza e per il Segreto di Stato del 4 marzo del 1992, la piena liceità e legittimità della struttura della rete italiana di Stay-Behind, conosciuta appunto come Gladio, sorta negli anni ’50 e costituita in seno all’Alleanza Atlantica nell’ambito dei servizi di informazione e sicurezza. Ma una sentenza basta a cancellare tutte le persecuzioni mediatiche e giudiziarie che il personale civile e militare in essa inquadrato ha dovuto sopportare? “No, affatto – risponde l’autore – Non è bastata, non basta e non è servita. Ripeto, ancora si va avanti con le supposizioni e già prima le ho detto cosa penso di esse. Il principale processo svoltosi a Rebibbia ha dato una sentenza certa ed inequivocabile e l’accusa non si è appellata. Per la Corte d’Assise di Roma i vertici militari sono stati assolti, per il Copaco e altri organi la Gladio era legittima. Il resto sono meravigliose teorie utili a riempire pagine di giornali e fomentare una certa opinione pubblica ottusa, mal informata e non vedente di fronte a dati di fatto inoppugnabili. Pensi che (e questo la dice lunga), il Generale Paolo Inzerilli, alla veneranda età di 84 anni, solo in questo anno 2017 è stato già sentito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e l’assassinio di Aldo Moro per ben tre volte. Quindi, come vede, quanto mai attuale”.
Generale Inzerilli, cosa “non era” esattamente l’organizzazione Gladio?
“Una organizzazione parapolitica o comunque sponsorizzata dalla politica, che non dipendeva nel modo più assoluto dal Governo in carica”.
Mi fornirebbe una sua definizione di Segreto di Stato?
“È uno scudo di protezione di persone e fatti nell’interesse dello Stato (e sottolineo Stato) e di relazioni internazionali non palesi, sempre nell’interesse superiore del Paese”.
Quali sono state le migliori agenzie di intelligence con le quali ha collaborato e perché differenti rispetto ad altre?
“Nel periodo in cui ho diretto Gladio, le agenzie dei paesi francofoni (Francia, Belgio, Lussemburgo), per la maggior affinità culturale e di storia rispetto ai paesi anglosassoni e nordici. Nel periodo di Ucsi, lo Shin Beth israeliano che non ha mai chiesto nulla in cambio del supporto cognitivo che mi ha fornito appena assunto l’incarico. Come CSM non avevo contatti diretti ma non ho mai avuto problemi con nessuno”.
In un discorso del 21 aprile 1954, pronunciato alla Conferenza parlamentare europea, Alcide De Gasperi pronunciò le seguenti parole: “Ora sarà proprio questa Assemblea che, nel corso dei prossimi dibattiti, si sforzerà di trovare i principi di una sintesi politica, sociale, economica e morale in base alla quale gli Stati sovrani possano decidere di edificare la casa comune”. Sono passati esattamente sessantatre anni. L’Europa purtroppo sta affrontando temi difficilissimi come la minaccia della sicurezza urbana dovuta al terrorismo di matrice islamista e il nodo dell’immigrazione. Che idea si è fatto del nuovo che avanza e quali sfide il Vecchio Continente dovrebbe affrontare subito nell’ambito della raccolta e condivisione delle informazioni?
“Il 21 aprile ha parlato di sintesi politica, sociale, economica e morale per decidere di edificare la casa comune. Nell’estate di quell’anno, poco prima di avere la stelletta di Sottotenente, venne in Accademia a Modena un colonnello a fare una conferenza per illustrare la prossima realizzazione della Ced ( Comunità Europea Difesa ). Di questo intervento ricordo solo il passaggio sul quale il relatore ci comunicava che non avremmo mai avuto i gradi tradizionali per tutte le forze armate della Ced. Non se ne è fatto nulla. L’attuale Unione Europea è un’ unione di bottegai che si occupa di quote latte, curvature delle banane, diametro delle vongole et similia. Il terrorismo in Europa è sempre stato battuto, come lo dimostra la storia. OAS in Francia, IRA in Uk, Eta in Spagna, BR in Italia, RAF in Germania. La premessa è che esista una sinergia perfetta tra intelligence ( ricerca e soprattutto analisi ) e forze di sicurezza e che i responsabili dei due settori si siano formati all’interno di dette istituzioni, in ruoli decisamente operativi e abbiano la capacità per dirigerli. L’ argomento religione non è mai entrato nell’ interesse dell’intelligence dei paesi occidentali, fatto salvo il KGB che considerava la religione un pericolo per uno Stato marxista- lenista. Ma uno degli errori dell’ Occidente è quello di dimenticare la storia. La parola “infedeli” del vocabolario musulmano risale all’epoca delle Crociate ( più o meno mille anni fa) . Qualcuno se ne è mai più preoccupato da allora? Ma c’è di peggio. Mi riferisco alla storia dell’India o meglio del subcontinente indiano. Dominata dal 1784 dall’ Inghilterra tramite la Compagnia delle Indie, diventata colonia inglese nel 1858, divenuta poi Stato indipendente nel 1947. In questi 200 anni non ci sono mai stati problemi di origine religiosa, almeno degni del sostantivo ‘problemi’. L’indipendenza ha portato alla creazione di due Stati, uno di religione Indu ed uno di religione musulmana, incompatibili tra loro ancora oggi e con un travaso di centinaia di famiglie da un paese all’altro a seconda del credo religioso. Intelligence? Nebbia. Torniamo alla storia. La seconda guerra del Golfo è datata 2003. Il primo insediamento del Governo iracheno è datato 2011. Le origini del gruppo Stato islamico dell’Iraq risalgono al periodo 2006-2013. Il Califfato viene proclamato il 29/06/2013 (giorno di San Pietro e Paolo), a seguito dell’occupazione di una parte della Siria e dell’Iraq di un vero e proprio esercito, comparso dal nulla stante, alle intelligence di mezzo mondo. Il suicidio è proibito dalla religione cattolica. Ma un bel ritiro ritiro spirituale, a vita, in qualche eremo in cima ad un bricco non farebbe male”.
Generale, nutre dei rimpianti professionali?
“No, assolutamente! Sono soddisfatto di quello che ho fatto e avuto nel periodo del cappello Alpino e altrettanto per i 17 anni da 007. Ovviamente non sono molto felice di quello che mi è successo dall’estate del ’90 in poi i cui strascichi continuano tutt’oggi”.