“La scherma insegna il rispetto per gli altri, conoscenza dell’avversario, capire quali sono i propri limiti e condizionamenti, il rispetto delle regole”. La descrizione ci viene fornita dal Generale di Corpo d’Armata Luigi Francesco De Leverano, Comandante delle Forze Operative Sud, con il quale abbiamo approfondito le peculiarità del progetto “Una stoccata per la vita” il 21 giugno scorso a Bari, presso la Caserma Domenico Picca, sede del Comando Militare Esercito Puglia. L’attività è stata organizzata dal Comando forze Operative Sud in collaborazione con la Conferenza Episcopale Pugliese, l’Università Aldo Moro di Bari, l’ Ufficio Regionale Scolastico Regione Puglia e la Federazione italiana Scherma Puglia. Si è dato così impulso all’attuazione del protocollo di intesa stipulato tra ministero della Difesa ed il Pontificio Consiglio della Cultura, promuovendo lo sport come veicolo di convivenza civile, come già indicato il 17 maggio scorso quando Ofcsreport ha pubblicato un breve resoconto del progetto.
Generale De Leverano, come nasce l’idea di siglare un protocollo di intesa tra il ministero della Difesa e il Vaticano?
“Nasce nel 2014, quando in occasione del centenario del Coni, il Cardinale Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, incontrando il ministro della Difesa, la senatrice Roberta Pinotti, espresse l’ idea di far si che i nostri uomini e le nostre donne in divisa che partecipano ai gruppi sportivi a carattere internazionale dando lustro al tricolore e conseguendo una serie di successi, con medaglie d’oro, di argento e di bronzo, fungessero da testimonial facendo sì che lo sport non fosse solo un valore sportivo in sé ma avesse quella valenza di carattere educativo e formativo che consente di abbattere le barriere sociali, di promuovere la disciplina, il rispetto delle regole e la legalità. Inoltre, data la caratteristica ecumenica e umanitaria del progetto, di essere un mezzo di attenzione verso i giovani, specie coloro che hanno dei disagi, ovvero vivono situazioni a rischio o come pure verso i diversamente abili, per renderli alla stessa stregua degli altri. Così nasce l’intesa che il 29 ottobre 2014 fu suggellata nell’ ambito della Ambasciata Italiana presso la Santa sede in Roma”.
Qual è lo scopo principale a cui ambisce il progetto?
“Più dreniamo giovani tirandoli via dalle strade, dalle eventuali influenze di carattere delinquenziale o dall’uso di un determinato tipo di sostanze poco inclini ad un rispetto sociale e democratico e civile dell’umanità, più li portiamo verso quei valori positivi di cui lo sport è un portatore sano: questo è il successo. Si misurerà sulla base di quanta gente toglieremo dalle strade, la manderemo a scuola abbattendo la dispersione scolastica e miglioreremo il rendimento scolastico. Ho detto già che a Napoli abbiamo registrato in questi ultimi tre mesi dell’anno scolastico, da marzo fino a giugno, un aumento del rendimento scolastico del 20% . C’è stata una partecipazione massiva nei giorni del martedì e giovedì in cui partecipavano tre istituti scolastici napoletani, di cui due dei quartieri a rischio, un aumento delle presenze giornaliere e in parallelo registrando un miglioramento delle attività didattiche degli stessi partecipanti. Queste sono le unità di misura sulle quali stiamo misurando la validità di questo protocollo”.
Con il progetto “Una stoccata per la vita” la scherma diventa un mezzo “nobile” di integrazione e inclusione sociale. Che ne pensa a riguardo?
“La scherma è stata sempre una disciplina affine a noi altri, ricordiamo tutti che nell’ambito delle forze armate parecchi anni fa esisteva la scuola militare di scherma che era ubicata a Roma, dove è attualmente l’aula bunker dei tribunali, in corrispondenza del foro italico. Qui veniva formato non solo il personale istruttore ma anche il personale schermitore. Allora non vi erano le schermitrici per svolgere l’ attività della disciplina sportiva. Qual è il valore della scherma? La scherma insegna il rispetto per gli altri conoscenza dell’ avversario, capire quali sono i propri limiti e condizionamenti, il rispetto delle regole. Lei può immaginare, già il fatto stesso di mettere questi giovani ad arbitrare se stessi ha una grande importanza. L’arbitro è un’assunzione di responsabilità, colui che ad esempio gestisce una partita di calcio, cito un’altra pratica sportiva, ha una responsabilità importante. Il fatto di abituarli dunque ad avere il rispetto delle regole, della legalità (in questo hanno visto le nostre divise come qualcosa di inclusivo, non di barriera attraverso la quale non passare ma interloquire con le nostre istruttrici e istruttori) ha fatto sì che si abbattessero, anche da questo punto di vista, le barriere di cui citavo prima”.