Gli strascichi dell’emergenza rifiuti in Campania inchiodano Palazzo Chigi. A distanza di sette anni dal completamento dei lavori per la costruzione dei siti di stoccaggio, la Presidenza del Consiglio, nella fattispecie il “Dipartimento di Protezione Civile” in solido con “il commissario ad acta di Napoli”, è stata condannata in primo grado al pagamento di 1.163.344,68 euro dal Tribunale di Roma. La decisione è stata presa dal giudice della seconda sezione civile in merito ai crediti che la Pubblica Amministrazione, in questo caso, non avrebbe versato alla Full Service s.c.r.l., addetta al servizio di vigilanza negli anni dell’emergenza.
Dalla sentenza si evince come la società che esigeva il credito fosse “parte di un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (Rti) costituito nell’agosto 2005 per lo svolgimento di servizi di vigilanza relativi agli insediamenti interessati dall’emergenza rifiuti in Campania”. La Full Service avrebbe svolto il “servizio fino al 6/4/2009” senza “essere stata pagata”. Perciò sarebbe stata “creditrice nei confronti dei convenuti della somma di euro 1.352.674,36”.
La Presidenza e la Protezione Civile si sarebbero opposte “eccependo che non vi era alcun rapporto contrattuale fra la struttura emergenziale e Fisia Italiampianti e Fibe S.p.a.”, le società detentrici degli appalti per la costruzione dei siti di stoccaggio rifiuti. Ma non solo. A questa obiezione i condannati in primo grado avrebbero aggiunto, fra le altre opposizioni, l’ “incompetenza per territorio” e “il difetto di giurisdizione”.
La sentenza tuttavia ha dato ragione ai creditori, visto l’“inadempimento da parte dell’amministrazione di una obbligazione pecuniaria nascente da un rapporto obbligatorio”. Risolta anche la questione della giurisdizione, “spettando al Commissario delegato una azione di coordinamento” a differenza delle società di vigilanza alle quali “competono le prestazioni idonee a consentire il regolare svolgimento del servizio”. Per questi, e altri, motivi il giudice, oltre alla cifra di oltre un milione di euro con annessi “interessi legali dal 2009”, ha disposto il pagamento delle spese legali.
La vicenda giudiziaria, come è indicato nelle carte, si riferisce a fatti accaduti a partire da almeno undici anni fa. Fonti riservate vicine ad ambienti coinvolti hanno raccontato come si sarebbero svolte le cose dall’inizio, dalla vittoria dell’appalto per i servizi di vigilanza. Dopo un primo momento in cui iniziano i lavori per i siti di stoccaggio, la missione diventa militare per volere della Presidenza del Consiglio dei Ministri, allora occupata da Silvio Berlusconi. Il suo compimento si avrà nel 2009, quando gli ultimi spazi per la raccolta rifiuti verranno ultimati.
I soldi sarebbero arrivati in parte dalle ditte costruttrici Fisia e Fibe, in parte dalla Protezione Civile (all’epoca sotto il controllo di Guido Bertolaso, poi nominato Sottosegretario all’emergenza rifiuti Regione Campania) e dalle forze armate. Ma il credito non è stato esaurito. L’ammonto della cifra che sarebbe oggi richiesto da chi effettuò i servizi di vigilanza in quei concitati anni supera i 7 milioni di euro se si conta dei procedimenti in corso contro la PA.
L’atmosfera di Palazzo Salerno, centro nevralgico del comando militare a Napoli, sul finire della missione rifiuti in Campania viene raccontata come molto tesa. “C’erano tutti, persino chi aveva fatto le pulizie” racconta una fonte. Tutti a richiedere quanto spettava loro per i servizi effettuati. Ma delle fatture cosa ne è stato? Nessuno lo sa, “magari le hanno bruciate” è il sospetto.
Fatto sta che di questi soldi non vi è traccia, essendo il bilancio di Stato compilato seguendo il criterio di cassa: se si ricevono in mano i soldi vengono annotati, altrimenti no. Tuttavia il rapporto fra PA e vigilanza privata vive periodi tesi anche ora. Ultimo esempio in ordine di tempo la decisione del Tar del Lazio dopo il ricorso inoltrato dalla Securpol per interrompere, causa eccesso di ribasso, il bando per l’assegnazione dei servizi di vigilanza alla Zecca di Stato.
In sintesi: esistono delle tariffe orarie per il servizio di vigilanza. Queste sono stabilite da tabelle ministeriali. Il bando proponeva una base d’asta di 18 euro, a fronte di un minimo tollerato di 22,18. Per il Tar infatti “non pare ragionevole un bando che, già in sede di individuazione della base d’asta, riduca un parametro da valutare ai fini dell’anomalia di circa il 20%”.
Un dato più di tutti indica la sofferenza del settore della vigilanza privata. Nel primo trimestre del 2013 il sindacato di categoria, l’Assiv, ha registrato 29mila ore di cassa integrazione per i lavoratori e il record è stato proprio della Campania. Il rapporto zoppicante con la PA e i ritardi di questa nei pagamenti, il guardare sempre più alla differenziazione del servizio e all’ottimizzare la macchina produttiva sono i motivi di una drastica riduzione del volume d’affari delle agenzie private di sicurezza.
Tutto questo accade quando gli obiettivi sensibili crescono e la sorveglianza contro la minaccia del terrorismo diventa sempre più necessaria.