Oriana Fioccone è una delle centomila “docenti invisibili” che, ogni giorno, tra mille barriere architettoniche tenta di raggiungere la propria scuola per mettersi a lavoro con i ragazzi. La sua disabilità è dovuta a una distrofia muscolare con cui convive dall’età di nove anni. Una malattia che non le ha impedito di realizzarsi, superando l’indifferenza della società e i tanti ostacoli, non solo fisici, che hanno provato a impedirle di realizzare il suo sogno.
“Ho scelto di frequentare il liceo pedagogico, perché era l’unico istituto superiore che nella mia zona fosse accessibile”, spiega Oriana a Ofcs.Report. Appena diplomata alcuni le suggerivano di prendersi la pensione e starsene a casa ma lei ha deciso di provare ad andare avanti negli studi. “Ho scelto di frequentare Lettere moderne a Torino perché era una facoltà che mi permetteva di studiare da casa, senza l’obbligo della frequenza. La prima volta che sono arrivata Palazzo Nuovo, a Torino, nella sede della facoltà di Lettere, mi hanno fatto entrare da una porta secondaria. Per salire ai piani superiori ho dovuto utilizzare un montacarichi semplicemente perché mai nessuna persona in carrozzina era entrata in facoltà e gli ascensori erano così piccoli che non permettevano a una sedia a rotelle di passare”.
Barriere architettoniche che non le hanno impedito di prendersi la laurea con voto 102/110 e di vincere il concorso per insegnare nelle scuole medie nel 1992. Una carriera durata appena 16 anni, costellata di esperienze importanti ma anche tante difficoltà. “Avrei dovuto iniziare la mia carriera in una scuola, ma naturalmente c’era una rampa di scale, quindi, dopo i primi giorni, si è capito che non potevo continuare a essere portata su, di peso, per tutto l’anno, perciò sono stata assegnata a un istituto vicino che, però, era accessibile. Ho iniziato a insegnare storia e geografia in dueprime classi e completavo l’orario facendo sostegno. I primi giorni sono stati difficili, ma poi tutto è filato liscio con l’aiuto dei colleghi e dei collaboratori scolastici”, racconta Oriana.
Una carriera costellata, specie nei primi anni di lavoro, da continui cambi di istituto che avvenivano esclusivamente in base all’accessibilità dei plessi scolastici. “Un’ironia della sorte”, dice oggi Oriana, un’assurda ingiustizia tutta italiana che le Istituzioni faticano ad interrompere, ci sentiamo di aggiungere noi. Un’esperienza positiva, grazie anche a colleghi e dirigenti “comprensivi”, tranne uno, ricorda la professoressa, “un preside che ha voluto che mi sottoponessi a una visita medica per vedere se avevo tutti i certificati di handicap. Quando ha constatato che avevo anche i requisiti burocratici necessari, ha dovuto accettare che io fossi utilizzata per il sostegno, ma ha pensato bene di assegnarmi il ragazzo che aveva maggiori problemi e che, spesso in passato, era anche scappato dall’aula mentre si tenevano le lezioni. Con me, invece, il ragazzo non è mai scappato e seguiva le lezioni”, sottolinea con il giusto orgoglio.
Gli anni dell’insegnamento “sono stati molto soddisfacenti per me, mi sono sentita sempre in tutto e per tutto uguale agli altri docenti, i ragazzi non hanno mai fatto differenze e anche se sono disabile non mi sembra di aver avuto difficoltà con i miei alunni, era sempre uno scambio alla pari, il mio lavoro non era solo insegnare, ma cercare di educare delle persone che stavano crescendo”. Purtroppo con l’avanzare della malattia, i problemi fisici di Oriana sono aumentati, costringendola nel 2008 ad andare in pensione anticipata.
Oggi Oriana ha 53 anni e il suo bilancio di docente è in chiaro scuro. Tra le esperienze più belle c’è proprio l’essere stata diverse volte insegnante di sostegno. “La cosa potrebbe stupire qualcuno: ma come, un’handicappata che fa il sostegno a un altro handicappato! Invece è possibile, io ho problemi fisici, mentre il mio allievo ha difficoltà in campo psicologico, ci completiamo a vicenda: lui mi apre la porta quando dobbiamo passare ed io lo aiuto quando deve studiare oppure risolvere qualche problema”.
Un’esperienza che l’ha aiutata a capire le tante storture del nostro sistema scolastico e non solo. “Molte scuole italiane vengono spesso scambiate per parcheggi a tempo, talvolta indefinito, ma che, spesso, sono le uniche istituzioni destinate a quei ragazzi speciali e troppo indifesi”. In ogni caso, se si ferma a ripensare il lavoro di insegnante “la rabbia, la delusione e la frustrazione sono sentimenti che provo di continuo sia per l’attività svolta ogni giorno, sia per la mia situazione di disabile”. Una frustrazione “sconosciuta” allo Stato, che queste storie finge di non conoscerle oppure non le ha mai volute ascoltare.
@PiccininDaniele