“Le pratiche di suicidio assistito non costituiscono una violazione del diritto alla vita quando siano connesse a situazioni oggettivamente valutabili di malattia terminale o gravida di sofferenze o ritenuta intollerabile o indegna dal malato stesso”. A dirlo sono i pm di Milano, Tiziana Siciliano e Sara Arduini, nel dispositivo inviato al Gip in cui hanno chiesto l’archiviazione per Marco Cappato, accusato di aiuto al suicidio di dj Fabo, e che, secondo la Procura, si sarebbe limitato semplicemente al trasporto di una persona che voleva esercitare un proprio diritto.
Richiesta di archiviazione per Cappato
La richiesta, che riaccende il dibattito sul Testamento Biologico, arriva proprio nel giorno in cui il ddl approvato alla Camera lo scorso 20 aprile fa il suo debutto in Commissione Sanità di Palazzo Madama, dove la presidente Emilia Grazia De Biasi ha espresso la volontà di far approvare il testo così com’è arrivato da Montecitorio e portarlo a Palazzo Madama entro giugno.
Ma andiamo con ordine. Lo scorso 27 febbraio il leader dell’associazione Luca Coscioni aveva risposto positivamente alla richiesta di dj Fabo e della compagna Valeria di accompagnarli in Svizzera per potersi sottoporre all’eutanasia. “Fabo è morto alle 11.40: ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo”, scriveva in un tweet pubblicato poco dopo la morte di Fabo. Un’iniziativa che era costata a Cappato l’iscrizione nel registro degli indagati con l’accusa di aiuto al suicidio, ma che non gli aveva impedito di accompagnare in Svizzera insieme a Mina Welby anche altre persone, fra cui Davide Trentini.
“L’azione di disobbedienza civile di Cappato rappresenta un precedente fondamentale”, afferma Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, in quanto la Procura “entra nel merito del concetto di vita dignitosa e di principi costituzionali e internazionali che sono anche fonte principale. Ciò significa che Cappato, con la sua azione, ha aperto le porte non tanto e non solo alla possibilità di aiutare le persone affette da malattie irreversibili a interrompere le proprie sofferenze insopportabili in Svizzera, ma a farlo in Italia. È questo l’obiettivo per il quale ci battiamo da sempre”.
Nella richiesta di archiviazione il caso di dj Fabo viene approfondito sia dal punto di vista penale, nella valutazione di un nesso causale tra la condotta di Cappato e il suicidio assistito di dj Fabo, sia sotto un profilo giurisprudenziale “anche di rango costituzionale e sovranazionale”, citando la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la Corte Costituzionale, la Cassazione sul caso di Eluana Englaro e il gup di Roma sul caso Welby laddove aveva sostenuto che “la condotta di colui che rifiuta una terapia salvavita costituisce esercizio di un diritto soggettivo riconosciutogli in ottemperanza al divieto di trattamenti sanitari coatti, sancito dalla Costituzione”.
Valutazioni che hanno portato alla tesi del bilanciamento del diritto alla vita con il diritto alla dignità umana “che si esercita anche attraverso l’autodeterminazione delle proprie scelte in presenza di determinate e oggettive condizioni, con dolori fisici non controllabili, sofferenze insopportabili e prognosi ineluttabili”.
Una richiesta accolta positivamente da Marco Cappato che sul suo profilo facebook ha scritto: “Bene. In attesa della decisione del Gip, posso confermare che è in corso e continuerà l’azione di aiuto alle persone che vogliono ottenere, in Italia o all’estero, l’interruzione delle proprie sofferenze”. A battere i pugni contro la richiesta dei pm è Raffaele Calabrò, deputato di Alternativa Popolare: “è a dir poco aberrante che i pm milanesi, nella richiesta di archiviazione per Marco Cappato, liquidino il suicidio assistito come agevolazione dell’esercizio del diritto alla dignità. C’è qualcosa che inizia seriamente a scricchiolare se si arriva a considerare il suicidio assistito come gesto nobile. Abbiamo fiducia che il gip respinga la richiesta dei magistrati, tenendo in considerazione che è in dirittura d’arrivo una legge che vieta espressamente il suicidio assistito; che si fermi sul nascere l’errore o meglio l’orrore di far prevalere il diritto all’autodeterminazione, anche andando contro il codice penale e uno stato di diritto che non può essere ridotto a sommatoria di desideri individuali”.
La discussione del ddl in Senato
A palazzo Madama intanto è iniziata la discussione del ddl in commissione sanità. L’intenzione della maggioranza è di arrivare in Aula entro giugno per approvare la legge prima della pausa estiva. A spiegarlo è stata la presidente di commissione e relatrice Emilia Grazia De Biasi: “Trattandosi di una seconda lettura – ha detto – dovremmo fare un numero contenuto di audizioni”. L’intenzione della maggioranza è di non apportare modifiche in Senato al testo di legge sul testamento biologico, approvato alla Camera il 20 aprile scorso. “Ritengo che questo – afferma la Di Biasi – sia un testo equilibrato dove prevale l’interesse generale. È chiaro che se si potesse andare avanti senza modifiche sarebbe meglio, ma rispetto i colleghi e eventuali modifiche saranno esaminate con la dovuta attenzione”.
@PiccininDaniele