Un nuovo folto gruppo di clandestini è sbarcato nella notte tra sabato e domenica sulle coste dell’agrigentino. Gli uomini sarebbero arrivati con un natante iscritto nel registro navale di Monastir, in Tunisia e, dopo aver scalato una collina prospiciente la spiaggia, avrebbero fatto perdere le loro tracce nelle campagne della provincia siciliana.
La rotta navale, che dalle coste della Tunisia conduce alla nostra Penisola, torna quindi alla ribalta. E se lo sbarco di clandestini in Sicilia non rappresenta purtroppo una novità, non lo sono neanche i legami tra le rotte seguite dai trafficanti e l’utilizzo delle stesse da parte di miliziani dell’Isis e della rinata Al Qaeda.
Alcune immagini in nostro possesso, infatti, riprendono una preghiera comunitaria effettuata, non molto tempo fa, da radicali salafiti in una moschea di Sousse, in Tunisia, città portuale non lontana proprio da Monastir, porto di partenza del natante che ha sbarcato il gruppo di uomini sulle nostre coste che non si esclude siano legati proprio al Daesh.
A corroborare l’ipotesi di un rinnovato interesse per il nostro Paese da parte di frange islamiste organizzate, è la stretta connessione esistente tra i gruppi terroristici operanti nella zona tra la Tunisia e la Libia e alcune vecchie conoscenze della giustizia italiana.
Pochi giorni fa, un gruppo di tunisini vicini all’Isis, è salito alla ribalta delle cronache nostrane per essere sfuggito alle maglie della giustizia italiana, per gli ormai abituali disguidi in seno alle Procure, dopo essere stati individuati dall’Antiterrorismo.
Oltre ai verificati contatti con alcuni aderenti all’Isis, due soggetti del gruppo, operante a Torino e provincia, avevano postato sui social network immagini di un comizio tenutosi a Tunisi nel 2012 da Abu Iyad, alias di Seifallah ben Hassine, noto esponente di Ansar al Sharia, dato per morto in Libia nel 2015, durante il quale era stato affiancato da altri due uomini identificati per Mehdi Kammoun e Essid Sami ben Khemaish, questi ultimi scarcerati dall’Italia ed evasi dalle carceri tunisine in occasione del periodo della rivoluzione dei ciclamini.
Tutti, indistintamente, avevano ripreso la loro attività operativa nell’ambito proprio di Ansar al Sharia, organizzazione legata al Daesh e, non escluso, svolta in partecipazione con Jarraya Khalil, alias “il colonnello”, personaggio di assoluto spessore nel panorama dello jihadismo, originario di Sfax, altra città costiera considerata come uno snodo cruciale per il traffico di clandestini verso l’Italia.
E del nutrito gruppo di jihadisti “italiani” faceva parte anche Moez Fezzani, altra primula rossa del terrorismo islamista, sul conto del quale le voci di una cattura avvenuta in Sudan si sono accavallate nell’estate scorsa, ma sulla vicenda gli americani pare abbiano steso un oculato velo di riservatezza.
L’attivismo dimostrato dai jihadisti irriducibili con trascorsi in Italia, conduce a pensare che dietro lo sbarco fantasma di Agrigento, ci possa essere una strategia ben delineata di infiltrazione nella Penisola di nuovi operativi in missione con compiti che possono solo essere ipotizzati.