Sulla vicenda dell’arresto della giornalista Cecilia Sala in Iran, la Farnesina (che in un aggiornamento del 3 ottobre 2024 sul sito ‘Viaggiare sicuri’ sconsigliava viaggi a qualsiasi titolo nel Paese a causa del deterioramento del quadro di sicurezza regionale ) per bocca del Ministro Tajani, chiede la massima riservatezza. Tale affermazione presuppone un avvio di trattative con il governo di Teheran per ottenere la liberazione dell’incauta giornalista a fronte di una contropartita. Ma quale?
Un confronto si impone con la vicenda che vide protagonista Ilaria Salis, scarcerata e rimpatriata poiché proposta alla candidatura per un posto al parlamento europeo. In questo caso non si tratta certo di una becera antagonista di estrema sinistra, ma di una reporter in cerca di visibilità, inviata nel paese asiatico per testimoniare, casomai ce ne fosse il bisogno, le condizioni sociali locali.
Ma la domanda anteposta, potrebbe trovare risposta in una sorta di ricatto, occorre dire molto sottile, imposto da Teheran all’Italia per porla in condizioni di condurre il nostro Paese ad una crisi diplomatica con gli USA.
Per meglio comprendere la situazione, occorre ripercorrere la vicenda che ha condotto all’arresto di un imprenditore iraniano con cittadinanza elvetica, con l’accusa di traffico di armi e tecnologie belliche in favore dei Pasdaran, in aperta violazione dell’embargo cui l’Iran è da anni sottoposto e su specifico mandato di arresto internazionale emesso dagli USA.
Il 16 dicembre 2024, le autorità italiane hanno arrestato all’aeroporto di Milano Malpensa Mohammad Abedini, alias Mohammad Abedininajafabadi, un cittadino con doppia nazionalità iraniana e svizzera, su richiesta degli Stati Uniti.
Il soggetto è accusato di aver fornito componenti elettronici per la costruzione di droni da destinare al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC), considerato dagli Stati Uniti un’organizzazione terroristica.
Secondo le accuse, Abedini avrebbe utilizzato una società di comodo in Svizzera, la Illumove SA, per esportare illegalmente tecnologia statunitense in Iran, violando le leggi sulle esportazioni e le sanzioni statunitensi.
Questa tecnologia sarebbe stata impiegata nella produzione di droni Shahed iraniani equipaggiati con il sistema di navigazione Sepehr, prodotto dalla SDRA di Abedini utilizzati in un attacco avvenuto il 28 gennaio 2024 in Giordania, nota come Tower 22, che ha causato la morte di tre militari statunitensi e il ferimento di altri quaranta.
Al momento dell’arresto, Abedini era in transito a Milano proveniente da Istanbul. Durante la perquisizione, le autorità hanno sequestrato componenti elettronici compatibili con i reati contestati, oltre a documentazione bancaria e commerciale. Attualmente è detenuto presso la Casa Circondariale di Busto Arsizio, in attesa delle procedure di estradizione verso gli Stati Uniti.
L’arresto di Abedini ha suscitato proteste da parte del governo iraniano, che ha convocato i rappresentanti diplomatici di Italia e Svizzera a Teheran per esprimere la propria opposizione, definendo le accuse come “infondate” e contrarie alle leggi internazionali.
Abedini è il fondatore e direttore della San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co. (SDRA), un’azienda iraniana che produce sistemi di navigazione utilizzati nei droni militari dell’IRGC. Attraverso la società Illumove SA, avrebbe acquisito componenti elettronici avanzati da aziende statunitensi.
In particolare, SDRA ha sviluppato il Sepehr Navigation System, un sistema di navigazione utilizzato nei droni d’attacco dell’IRGC. In concomitanza con il fermo di Abedini, negli USA è stato arrestato anche Mahdi Mohammad Sadeghi, cittadino con doppia nazionalità statunitense e iraniana residente in Massachusetts. Sadeghi, impiegato presso un’azienda statunitense di microelettronica, che avrebbe collaborato con Abedini per procurare e trasferire illegalmente tecnologia e componenti dagli Stati Uniti all’Iran, destinati all’IRGC.
Le autorità statunitensi hanno avviato le procedure per l’estradizione di Abedini dall’Italia, mentre Sadeghi è attualmente detenuto negli Stati Uniti. Entrambi devono affrontare accuse gravi, tra cui la violazione delle leggi sul controllo delle esportazioni e il sostegno materiale a un’organizzazione terroristica straniera, con pene che possono arrivare all’ergastolo.
Illumove SA è una società svizzera specializzata in soluzioni di navigazione basate sulla fusione dei dati per diverse applicazioni, tra cui l’Internet delle Cose (IoT), la guida autonoma e il telerilevamento. Fondata il 26 settembre 2019, ha sede a Losanna, Svizzera.
SDRA è, inoltre, nota per la progettazione, produzione e fornitura di sistemi di navigazione, automazione e strumentazione, inclusi quelli utilizzati in missili da crociera e balistici, veicoli aerei senza pilota (UAV) e veicoli subacquei e di superficie senza equipaggio.
Il 18 dicembre 2024, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha sanzionato Illumove SA, SDRA e i loro dirigenti, tra cui Abedini alias Abedininajafabadi, per il loro coinvolgimento nella fornitura di componenti critici per la produzione di UAV e missili iraniani. In particolare, SDRA ha venduto oltre mille sistemi di navigazione SEPEHR all’Organizzazione Jihad per l’Autosufficienza della Forza Aerospaziale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC ASF SSJO), responsabile della ricerca e sviluppo di missili balistici e della produzione di UAV della serie Shahed.
In sintesi, Illumove SA è stata identificata come una facciata per le operazioni di SDRA, mirate all’acquisizione di tecnologie occidentali per la produzione di sistemi d’arma iraniani, portando a sanzioni internazionali e procedimenti legali contro i suoi dirigenti.
Stante quanto sopra, la domanda sorge spontanea.
L’Italia, nota a livello globale quale base logistica per traffici connessi con organizzazioni terroristiche mediorientali in grazia del tuttora in vigore “Lodo Moro”, mai tramontato né smentito, anche questa volta pagherà lo scotto per le ‘imprudenze’ di una cittadina italiana ?
Oppure provocheremo un clamoroso incidente diplomatico con gli USA proprio in concomitanza con l’avvento dell’insediamento del neo eletto Presidente Donald Trump, sullo stile dell’ “Affaire Sigonella” del lontano 1985, perdendo così la già rarefatta stima in fatto di politica estera di cui godiamo a livello globale.
O ancora, seguiremo le indicazioni suggerite proprio dalla protagonista della vicenda, sempre che queste valgano solo quando le vite in gioco sono quelle degli altri?
Ma gli States, avendo fiutato ciò che si stava prospettando, proprio da poche ore hanno formalizzato la richiesta di estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi.
Sulla base della documentazione pervenuta dagli Usa sarà compito della Corte d’Appello di Milano valutare se sussistano le condizioni per accogliere la richiesta di Washington. In caso positivo, la decisione finale spetterà comunque al Ministero della Giustizia, che avrà 10 giorni per rendere effettiva l’estradizione.
Nel tardo pomeriggio di ieri, secondo quanto appreso dall’agenzia ANSA, la procura di Milano avrebbe aperto un’indagine conoscitiva sulle modalità con cui è avvenuto l’arresto di Mohammad Abedini Najafabadi. Si tratterebbe di un fascicolo a modello 45, ovvero senza indagati e senza titolo di reato, per accertare le circostanze dell’arresto.
Una tale iniziativa, assai “sospetta”, sarebbe indirizzata a vagliare tre specifici protocolli, ovvero, il rispetto delle procedure internazionali, la verifica dell’aderenza ai protocolli previsti per l’esecuzione di mandati d’arresto internazionali in territorio italiano. La validità del mandato, cioè, l’esame della documentazione fornita dagli Stati Uniti e il suo rispetto delle normative italiane ed europee ed il rispetto dei diritti del detenuto per constatare eventuali irregolarità legate ai diritti garantiti a un cittadino straniero arrestato in Italia, inclusa la comunicazione tempestiva con il suo consolato.
Un escamotage come gli altri…vero?