Nelle carceri italiane ci sono 1.318 detenuti in più rispetto al 2015, 55mila in tutto. Significa un sovraffollamento del 108% e diritti che non vengono rispettati, come ha sottolineato anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha richiamato il nostro Paese per i trattamenti inumani e degradanti dietro alla sbarre. Persone picchiate, bisogni fatti davanti a tutti, pene lunghissime, nonnismo, zero igiene, come si legge anche nell’ultimo rapporto dell’associazione Antigone. In questo contesto è stata indetta una marcia per la battaglia per una legge sull’amnistia.
“L’obiettivo è quello di arrivare ad esaminare il ddl Manconi”, spiegano il Partito radicale e Unione camere penali, i promotori della marcia che il 6 novembre 2016 parte dal carcere di Rebibbia a Roma. L’ex segretaria del Partito Radicale, Rita Bernardini, sta proseguendo lo sciopero della fame, che ha raggiunto ormai 28 giorni. Un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica, come da tempo faceva anche il leader ‘spirituale’ Marco Pannella, deceduto lo scorso 19 maggio.
Una battaglia iniziata da Pannella che però si trasforma, nel giorno del giubileo dei carcerati, in una manifestazione trasversale a cui partecipano cattolici, associazioni, movimenti, partiti di ogni colore e anche più di 17mila detenuti in modo non violento con uno sciopero della fame. “Chiariamo che per i detenuti- spiega a OFCS Report Rita Bernardini- serve l’indulto mentre l’amnistia ai magistrati, perché sfoltisce i processi. Sì, per i detenuti si spende molto, 3 miliardi. Ma non sono per i detenuti, e noi che entriamo nelle carceri lo sappiamo bene. Abbiamo avuto continui richiami Ue. Siamo l’unico paese oggetto di una condanna pilota per Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha riconosciuto che i nostri trattamenti inumani e degradanti sono strutturali: significa che continuano nel tempo e riguardano la quasi totalità degli istituti”.
Ci sono quattro ddl in attesa di analisi, quello a firma del senatore Manconi ridà in mano al Parlamento la decisione sull’amnistia perché chiede di cambiare il voto con maggioranza dei 2/3 ad oggi sempre irraggiungibile con una maggioranza assoluta, per tornare a decisioni più giuste. L’idea finale che si vuole raggiungere è che non si vada più in carcere inutilmente, che le pene non durino tempi esagerati e lo stesso i processi, che la rieducazione sia il fine ultimo del carcere, con una possibilità di vita anche dopo le sbarre. “Gli articoli 24, 27 e 111 sono articoli trascurati che non piacciono – commenta il segretatario di Unione camere penali, Raffaele Petrucci – vanno più di moda riferimenti populisti. Quando i nostri costituenti pensavano alla pena, si riferivano ad una possibilità di recuperare la vita. Beccaria attualissimo. La rieducazione, oltre ad essere un dovere, permette di abbattere i costi sociali. Il carcere porta ad altro carcere ciclicamente, mentre è stato dimostrato che le esperienze che permettono di riabilitarsi nella società sono quelle con minor costo sociale e che dovremmo favorire”.
Il fatto che l’amnistia in Italia sia vista ancora così male, anche culturalmente, porta a fenomeni grigi, come quello raccontato dal presidente di Unione camere penali, Beniamino Migliucci: “Ci sono dei dati che confermano che nelle indagini si matura gran parte delle prescrizioni, circa il 60%. Non è per incolpare la magistratura, ma gran parte dei procedimenti arrivano alle procure. E questa è una riforma strutturale che chiediamo da tempo, per non arrivare a provvedimenti emergenziali. C’è così un’amnistia strisciante, ci sono delle procure che riescono ad imporsi, altre che invece per mancanza di mezzi o di soldi non riescono allo stesso modo. I pubblici ministeri diventano signori delle prescrizioni e delle amnistie e non dovrebbe essere così. E questo è un fatto assolutamente di ingiustizia. Qualche procedimento va più speditamente degli altri. Queste scelte di valore dovrebbero essere fatte dal Parlamento per l’articolo 32 bis. Dobbiamo ripristinare le legalità, in questo modo forse non servirebbe neanche arrivare a chiedere a gran voce l’amnistia”.
La sfida della marcia è tornare a far parlare del problema del sovraffollamento delle carceri e del richiamo per trattamenti inumani che l’Europa ha fatto al nostro paese e poi ridare un significato diverso alla parola amnistia, non come “liberazione di delinquenti” ma come simbolo di democrazia.