Il tintinnio delle manette e poco più lontano il suono delle sirene dei Carabinieri che salgono sul Colle Capitolino, insieme agli uomini della Guardia di Finanza, per accedere agli uffici di Palazzo Senatorio, dove oltre al sindaco di Roma, hanno sede tutti gli uffici del Gabinetto che amministra la Capitale.
Questa mattina i romani si sono svegliati così, con immagini che li riportano bruscamente a quel 2 dicembre del 2014, quando l’inchiesta Mafia Capitale accese un faro sulla corruzione con arresti e perquisizioni che fecero il giro del mondo. A finire in manette oggi è Raffaele Marra, direttore del personale del Comune di Roma, figura di spicco nel cosiddetto “Raggio Magico”, uomo con un passato vicino all’ex sindaco Gianni Alemanno (fu lui a portarlo in Campidoglio affidandogli l’incarico al dipartimento per le politiche della casa), accusato insieme al costruttore e immobiliarista, Sergio Scarpellini, di corruzione nell’ambito dell’inchiesta sulla compravendita delle case Enasarco.
Sulla nomina di Raffaele Marra la “Sindaca” ha più volte messo la faccia, puntando i piedi nonostante molti mal di pancia all’interno del Movimento e la richiesta, neppure troppo segreta, di Beppe Grillo di “farlo fuori” in nome dell’onestà e del taglio netto con il passato. Per chi non conosce bene le dinamiche capitoline l’arresto di Marra, che deve essere confermato dal gip e su cui è doveroso attendere che la magistratura compia tutti gli atti necessari, è un atto gravissimo che lascia un segno nella storia amministrativa di questa città. È sufficiente tornare all’inchiesta ‘Mondo di Mezzo’ per scoprire che in quel caso tra i tanti finiti in manette figuravano soprattutto politici o dirigenti di municipalizzate, non certo uomini di primordine dell’amministrazione.
Raffaele Marra per la Raggi è stato per i primi mesi di consiliatura il vice capo di Gabinetto Vicario, per molti malignamente addirittura un “sindaco ombra”, certamente un factotum che, non a caso, aveva preso postazione nella stanza a fianco del sindaco, al primo piano di Palazzo Senatorio, una finestra dopo il famoso balconcino con affaccio mozzafiato sui Fori. Un rapporto quotidiano con la “sindaca”, specie nei primi giorni durante i quali in Campidoglio la Raggi era alla ricerca di persone di fiducia di cui circondarsi.
Su di lui si sono da subito scagliate le critiche del Movimento e di alcuni deputati e consiglieri comunali, che non hanno ben digerito la nomina del fratello, Renato Marra, al dipartimento del turismo e soprattutto non hanno mai accettato di rivedere nelle stanze del potere uomini vicini alla destra di Alemanno.
Eppure “l’amore a prima vista” tra Virginia Raggi e Marra ha radici lontane e risale agli anni di Ignazio Marino durante i quali è lo stesso Marra a definirsi “lo spermatozoo che ha fecondato il Movimento”. Un’immagine che la deputata Cinque Stelle, Roberta Lombardi, in un recente post su facebook ha rifiutato, definendo Marra “il virus che ha infettato il Movimento”. Parole pesanti, come pesanti sono i faldoni portati via soltanto ieri dagli inquirenti che sono nuovamente saliti in Campidoglio per portare al vaglio della Procura tutte le nomine fatte dall’amministrazione grillina in questi primi sei mesi di mandato.
Per tutti questi motivi gli arresti di stamattina rappresentano un colpo pesante per Virginia Raggi, che solo pochi giorni fa ha incassato le dimissioni dell’altra sua fedelissima, l’assessore all’Ambiente Paola Muraro, che ha rimesso l’incarico in seguito all’avviso di garanzia legato alle vicende dei rifiuti a Roma.
Arresti, avvisi di garanzia, nomine al vaglio della Procura, senza dimenticare le tante critiche mosse contro la Raggi per il cambio di passo annunciato ma non ancora realizzato, con una città nel caos, con l’azienda dei trasporti sull’orlo del default finanziario e la municipalizzata che si occupa dei rifiuti che non riesce a garantire un servizio soddisfacente. La giornata di oggi è certamente un punto politico di non ritorno e per molti una prova di forza tra la sindaca Raggi e il suo gruppo – neppure troppo compatto – di consiglieri comunali e municipali e il duo Grillo-Casaleggio che, in questi mesi in modo forse mai convincente, ha comunque difeso Virginia, spronandola a fare “pulizia” e a rilanciare la Capitale. L’arresto di Marra inevitabilmente apre una crisi in Campidoglio dove da stamattina tutte le opposizioni si sono riunite nel chiedere le dimissioni della “Sindaca”, in nome dell’onestà e della trasparenza e soprattutto visto che su Marra, come sulla Muraro, lei ha più volte messo la faccia garantendo personalmente.
Una situazione esplosiva, specie a pochi giorni dalla netta vittoria nel referendum che ha mandato a casa Matteo Renzi e che il M5S ha tentato in ogni modo di intestarsi. Sulla Capitale, molto più che su Torino, i Pentastellati si giocano tutte le ambizioni di andare al governo del Paese nelle prossime elezioni. Anche per questi i vari big, da Di Maio a Di Battista, oltre che allo stesso Grillo, hanno lavorato in questi mesi per limare le divergenze e spronare la Raggi a cambiare passo. Ora, ad appena sei mesi dalla storica vittoria, per i grillini il primo tagliando è molto amaro e il panettone di Natale lo sarà ancora di più se non si daranno risposte ai tantissimi romani che hanno riposto in loro grande fiducia e aspettativa.
Sullo sfondo, mentre la piazza del Campidoglio si riempie come non mai di telecamere, la città di Roma e i romani che, dopo Mafia Capitale, speravano nel cosiddetto “colpo di spugna” e che rischiano di risvegliarsi ancora una volta disillusi da chi li amministra. Un disincanto che l’Italia non può più permettersi, un disincanto che la storia della nostra Capitale sinceramente non merita di vivere.