La voglia di gridare “al lupo! Al lupo!” non è mai passata. Secondo il Wwf Italia almeno 300 esemplari di lupo muoiono ogni anno a causa dell’uomo, uno su due per mano dei bracconieri. Per questo motivo la sopravvivenza di una specie, protetta dal 1971, è considerata oggi ancora a rischio. Un emendamento inserito nel decreto Milleproroghe prevede, all’interno del piano di conservazione e gestione dei lupi in Italia, l’abbattimento sistematico del 5% della popolazione della specie. La misura arriva dopo anni di dibattiti dovuti alla denuncia di agricoltori e allevatori, che hanno perso capi di bestiame in seguito ad attacchi di predatori.
Se il cane è il miglior amico dell’uomo, il lupo è sempre stato uno dei suoi nemici, nonostante sia il suo più prezioso antenato. Negli anni ’10 del 1900, il lupo rischia di scomparire dall’Appennino, la popolazione è ridotta a meno di 100 esemplari.
Nel 1971 il decreto Natali interviene con decisione per evitare la scomparsa di questa specie. Nonostante la scarsa presenza numerica, infatti, secondo la testimonianza di Legambiente negli anni ’50 e ’60 i lupi sono continuamente vittime dell’attacco dell’uomo: per colpa di tagliole o fucili vanno incontro a morte certa. Sono i Parchi Nazionali a muovere i primi passi e le prime decise iniziative per proteggere questo animale. Negli anni ’70 il Parco Nazionale d’Abruzzo promuove l’Operazione San Francesco, diffondendo l’immagine di un lupo, insieme a un pellerossa con il titolo: “Con tutti gli esseri, e con tutte le cose, noi saremo fratelli”. Tre anni dopo nasce il primo Centro di Visita dedicato al Lupo appenninico, con annessa Area Faunistica. Un’iniziativa che permette a curiosi e visitatori di vedere da vicino e fotografare, per la prima volta, questo animale. Nessuno fino a quel momento conosceva davvero il lupo, se non attraverso storie e leggende che venivano raccontate su libri e quotidiani locali. Mantello bruno o fulvo che varia a seconda dell’età e delle stagioni. Sfumature più chiare sulla parte mediana della testa, sulle orecchie e sulle zampe. Ma a incantare non è solo l’aspetto.
Il rapporto del branco, la mamma con i cuccioli, i paesaggi desolati percorsi per chilometri sono una novità assoluta nella concezione che l’uomo aveva creato di questa specie. “Abbiamo condannato il lupo non per quello che è, ma per quello che abbiamo deliberatamente ed erroneamente percepito che fosse”. Le parole dell’etologo canadese Farley Mowat denunciano come il rapporto con questa specie sia spesso stato oggetto di fraintendimenti culturali dovuti alle favole. Nell’immaginario comune il lupo è rimasto un pericolo per l’uomo e, anche se non si registrano reali problemi per l’essere umano, il clima di paura intorno alla presenza del lupo è rimasto il mezzo di confronto. Dopo gli anni settanta, il numero degli esemplari di Canis lupus, il lupo italiano, è cresciuto e la specie ha ripopolato le aree protette e le riserve naturali. “Bon nouvelle, le loup revient!”, titola il settimanale francese l’Express nel 1987.
Ma l’emendamento proposto nella Milleproroghe rischia di compromettere il lavoro di decenni, creando un nuovo rischio estinzione per la specie. Certo, oggi la conoscenza che abbiamo di questo animale farebbe pensare a metodi di gestione e conservazione più ortodossi. Nessuno dei disastri paventati da chi temeva la ripopolazione si è di fatto verificato. Gli attacchi lamentati da agricoltori e allevatori, come ribadiscono associazioni animaliste e comitati dei Parchi, sono infatti nella quasi totalità opera di branchi di cani inselvatichiti o randagi. L’unica abitudine a essere rimasta è quella dei bracconieri, che sparano, avvelenano e creano trappole per uccidere i lupi. Il Wwf Italia si costituirà parte civile per chiedere misure più severe per chi non rispetta la legge. D’altra parte, la partecipazione alla battaglia per la sopravvivenza, oltre alle associazioni, ha coinvolto anche un gran numero di cittadini. La petizione del Wwf, #SOSLupo, ha raccolto quasi 200.000 firme. Ci chiediamo ancora oggi se uomo e lupo possano convivere pacificamente, ma la realtà è che potrebbe già essere così, anche se fatichiamo ancora ad accorgercene.